lunedì 18 gennaio 2016

Vivian Maier. Una fotografa ritrovata.


Alla fine l'ho trovata, Vivian Maier. In una grigia giornata di pioggia milanese, sicuramente adatta alle sue fotografie. Ma alla fine, come spesso succede negli amori a distanza, vedersi non è stato esattamente come l'immaginare di farlo. La colpa non è stata di Vivian, ovviamente. E' solo che la mostra è organizzata in una serie di sale piuttosto piccole, nelle quali si era assiepata davvero troppa gente. Se a ciò si aggiunge il fatto che le luci si riflettevano nei vetri delle foto e cercare l'angolazione giusta per vedere una foto in mezzo alla gente non è il massimo, ecco l'incontro non è stato proprio come lo desideravo. 

Insomma, Vivian era lì e mi parlava ma io ero distratta. Distratta da quello che fotografava la moglie davanti a una delle fotografie, dicendole "un po' più a destra, un po' più a sinistra", da quella che si faceva i selfie, da un'altra che fotografava ogni singola immagine o da quello che, Rolleflex al collo, girava per la mostra parlando di Vivian come fosse suo fratello. Che io odi la folla ormai è chiaro, ma quel che più odio è chi fa qualcosa solo per testimoniare di averlo fatto. 

Ma vivo nel 2015, se dovessi evitare tutte le occasioni in cui le persone sono in un luogo solo per dire di esserci stati, beh, finirei sicuramente per stare chiusa in casa sul divano a guardare Pretty in pink per la centesima volta. Quindi ho scacciato l'insofferenza, recuperato le forze e mi son concentrata su quello che vedevo, cercando di tenere lontano il disturbo di fondo. E Vivian era sempre lì, paziente come sicuramente non sarebbe stata di persona, ad aspettare. 



Quello che mi aveva colpito di Vivian Maier, la prima volta in cui ne avevo sentito parlare, era la sua storia, ossia quella dell'anonima bambinaia che nella sua vita aveva scattato migliaia e migliaia di (meravigliose) foto, scoperte per caso qualche anno dopo la sua morte. Ma solo vedendo il documentario Finding Vivian Maier, ho capito quanto questa storia fosse preziosa, quanto ricchezza ci possa essere nella vita di persone normali e quanta meraviglia possa regalare la determinazione. 

La determinazione di cui parlo è quella di John Maalouf che, impegnato nella stesura di un libro di storia, acquista scatole di vecchi rullini a un'asta. Comincia a guardarli e a scansionarli e si rende conto di essere davanti a delle foto di grandissimo valore, realizzate da una sconosciuta Vivian Maier. Avendo acquistato, insieme alle foto, un'infinità di effetti personali della donna, comincia a ricostruirne la vita. Rintraccia le persone che erano state i suoi datori di lavoro, mette insieme i pezzi della sua vita, cercando di capire chi fosse l'autrice di tanta meraviglia

E la sua determinazione ci ha regalato migliaia di foto di grande bellezza, che mi lasciano però alcuni grandi quesiti. Perché Vivian Maier non ne hai mai stampata nemmeno una? Perché scattare migliaia, centinaia di migliaia di foto senza avere la curiosità di vederle per bene, senza la voglia di sceglierne alcune da conservare? C'era una forma di sottile follia nella sua tendenza all'accumulo compulsivo e alla documentazione ossessiva di ogni singolo attimo della sua vita?



Foto dopo foto, le domande continuavano a ronzarmi in testa. Se Vivian avesse mai avuto l'occasione di organizzare una sua mostra, quali scatti avrebbe scelto? Avremmo mai visto le stesse immagini? Chissà quali erano le sue preferite? Magari non avrà neppure visto alcuni dei negativi dei suoi scatti, persi nelle migliaia di cose che possedeva. 

E ancora: avrà mai frequentato una scuola di fotografia? Chissà. Perché certamente, se non lo ha fatto, le sue foto sono l'ennesima dimostrazione del fatto che il talento è davvero tutto, in fotografia e in mille altri campi. Perché, per quanto mi abbiano emozionato meno delle immagini di altri fotografi, le sue immagini lasciano a bocca aperta per la perfezione della composizione e per l'incredibile capacità di cogliere l'attimo. 

Alla fine, insieme all'ammirazione per tutto il suo immenso talento, m'è rimasto dentro un sentimento di profonda gratitudine per una persona come John Maloof, che si è appassionato a una storia, ci si è buttato a capofitto, ha speso soldi e tempo per inseguire un sogno, regalandoci tutta questa bellezza. Sono quelle storie che ti fanno fare pace con tutto il brutto che c'è nell'umanità. 

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