Il Tea for Two di oggi è il post che avrei sempre voluto saper scrivere, un post da blog serio, di quelli che ti ispirano a vivere la giornata in maniera migliore. E che ti insegnano qualcosa di nuovo. Ecco, io questo non sono capace di farlo, ma per fortuna ho Daria, che mi regala pezzi come questo. Buona lettura.
[E non scordate la playlist del Tea for Two, che trovate qui]
[E non scordate la playlist del Tea for Two, che trovate qui]
Ho trascorso il 25 aprile nel migliore dei modi.
Non lo avrei detto visto che influenza e pioggia mi hanno fatto saltare il programma di pedalare coi pedali nuovi su dalle colline. Invece, tu guarda.
Ho trascorso una giornata intera con Mr. Dylan e ne sono uscita con una gran voglia di riprendere l’acustica e l’armonica a bocca.
Mi sono guardata tutto No Direction Home, il film documentario di Scorsese su Bob Dylan, dagli esordi fino all’incidente in moto del ‘66.
Non sono qui per raccontarvi il film, ve lo consiglio anche se non siete fan di Dylan.
Non sono nemmeno qui per sgomitolare frasi sul perché Robert Zimmerman è diventato Bob Dylan. Non c’è bisogno di tante parole, credo che per capirlo vi sia sufficiente prendere un testo di Dylan, far partire il pezzo e provare a cantarci sopra. Faticoso eh?
Perché lui non solo scriveva testi della madonna ma li cantava in un modo così strambo che sembrava quasi non ci fosse una metrica e se c’era, la prendeva, la masticava e la sputava fuori stravolta. Ma vedete? Sto già sgomitolando frasi e non mi va.
Prendete uno dei suoi pezzi più famosi, Like a Rolling Stone.
Quante volte lo avete sentito? Migliaia.
Vi sembra di averlo in mente, perché quell’aria vi è girata in testa mille volte, ma provate a cantarlo e inizierete a inciampare e quando finalmente riuscirete a imprimervelo in testa vi mancheranno la rabbia, la pena e l’incazzatura che ci metteva Dylan.
Ecco, questo è Bob Dylan.
Sapete di cosa parla Like a Rolling Stone? Di una tipa che se la tirava di brutto, aveva soldi, faceva la bella vita, aveva studiato nelle scuole più prestigiose, prendeva per il culo quelli che arrancavano, andava a cavallo, vestiva in maniera figa ma un bel giorno cade in disgrazia ed ecco perché Dylan le grida How does it feel?
Sembra quasi che glielo urli in faccia How does it feel? Eh?! Di’ un po’, come ci si sente? To be without a home, like a complete unknown. Dillo, dai, dillo come ci si sente a non avere una casa, a essere dei perfetti sconosciuti, dillo come ci si sente a essere like a rolling stone.
Quando Dylan uscì con questo pezzo stava cambiando genere, si stava allontanando dal folk per avvicinarsi al rock e a suoni più elettrici.
Ovunque andasse, lo fischiavano. Giuro. Immaginate il pubblico che fischia Dylan di brutto e che gli urla “Giuda” “Traditore” “Falso” “Ipocrita”. I giornali lo massacravano, la critica riportava i resoconti dei suoi concerti dicendo che la gente se ne andava, perché si sentiva tradita. Solo perché si stava allontanando dal folk. Ma Like a Rolling Stone era schizzato secondo in classifica e al primo posto c’era Help! Vi rendete conto?!
Perché lui in fondo se ne fotteva dei fischi, affrontava tutto con ironia e andava avanti per la sua. Che vi piaccia o meno Dylan, quello di quegli anni è stato una forza della natura e Highway 61 Revisited è il suo disco più bello insieme a Blonde on Blonde e tutti e due rientrano tra i dischi più belli di tutti i tempi.
Ma io ero partita dal 25 aprile. Poi sono finita a parlare di Dylan.
E sapete qual è il filo che mi ha condotto da uno all’altro?
Questa foto di Woody Guthrie.
Buona Liberazione a tutti. Che sia una liberazione vera. E se vi arrivano dei fischi, fottetevene. Andate avanti per la vostra. Parola di Bob.