mercoledì 28 maggio 2014

Mi piace quando Vero preme play: Jeff Buckley

Sarà la primavera, ma qui a casa di Cindy siamo tutte prese dal romanticismo. Io che ripenso alla mia adolescenza, Daria che realizza il sogno di una vita e oggi Vero che ci racconta di come ci si possa innamorare alla follia di un cantante e sentirlo vicino come e più di una persona in carne ed ossa. 

Maggio per me è il mese della Jeffite. Abbiamo tutti un amore tossico nei confronti di personaggi ormai scomparsi, come Ian Curtis, Johnny Cash, Joe Strummer, Joey Ramone –perché no -.

La mia Jeffite è una malattia (terribilmente virale) struggente e piacevole, malinconica e passionale che nasce dall’amore viscerale che la mia persona nutre nei confronti di Jeff Buckley.

Jeff Buckley, vorrei non dovervelo neanche ricordare, è stato un cantautore – nonché il mio primissimo amore - americano, classe 1966, scomparso nel 1997.


Il suo cognome è legato alla leggendaria figura di Tim Buckley, autore americano e padre biologico di Jeff, che si aggiunge alla lista degli artisti maledetti la cui morte è avvenuta alla tenera età di 27 anni (“Song to the Siren” anybody?).

Potete capire allora il perché io mi sia innamorata di lui, artista dal capello selvaggio, voce calda, figlio d’arte di cotanto padre, animo sensibile immortale.

Io lo amo, preparatevi perché lo ripeterò ad libitum in questo mio post.

Perché Maggio è il mese della Jeffite? Era il 29 Maggio 1997 quando Jeff si allontanò nuotando nel Wolf River, un affluente del Mississipi, sulle note di una delle più note canzoni dei Led Zeppelin’ “Whola Lotta Love” senza più tornare a riva. Molti pensano ad un suicidio, io penso semplicemente ad una nuotata dopo una feconda giornata di lavoro.

La prima volta che ho ascoltato I know we could be happy (if we wanted to) ero una persona innamorata e subito dopo ho pensato che nessun’altro avrebbe mai potuto esprimere meglio  il concetto del “Oh God I love you!”.  Il tema ricorrente nelle canzoni di Jeff è – che ve lo dico a fare - l’amore: “You  left some stars in my belly…” (Jewel Box), “It’s never over, my kingdom for a kiss upon your shoulder” (Lover, you shold’ve come over); Love let me sleep tonight on your couch (So Real).


Lui ha sempre avuto la capacità di mettere le parole più struggenti e colme di un amore verbalmente incontrollabile in un’ armonia di lettere e sospiri. 

La canzone di cui vi parlo è inserita nel cd Sketches for my sweetheart the drunk che originalmente era stato pensato da Jeff come My sweetheart the drunk, gli “sketches” sono arrivati nel momento in cui colui che aveva registrato quelle “bozze” non è più stato materialmente in grado di rifinire il lavoro.

Quello che è contenuto in quel cd postumo sono delle finestre di poesia da dosare con parsimonia perché un tale carico di pathos potrebbe provocare un’esplosione incontrollabile di sensi. Io lo amo, ve l’ho detto. Non vi parlo di Grace su cui personalità decisamente migliori di me e con una capacità di linguaggio meno influenzata dall’amore cieco, si sono dedicate.


Raccontarvi di Jeff è come aprirvi una finestra sulla vita che tengo nascosta per me, di quando sono triste e una delle sue canzoni mi fa tornare il sorriso, di quando ho bisogno di compagnia e nei suoi monologhi cantati ritrovo un amico.

Jeff non l’ho mai cantato per nessuno né ho mai fatto lo sforzo di ascoltarlo in compagnia, Jeff è da ascolto in solitudine –per soffrire meglio- anche se per te, Cinzia, ho fatto un’eccezione.

Penso sia ora del play.

4 commenti:

  1. Uno dei personaggi più intensi della musica americana...La prima volta che ho ascoltato Grace quasi ne venivo sopraffatta, tanta era l'intensità delle emozioni cantate!

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  2. Un grande interprete che, confesso, non ho mai approfondito.

    Moz-

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  3. e' da un po' che non ascolto Grace, devo recuperare...

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  4. Devo assolutamente riascoltare hallelujah e dire sì allo struggimento

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