Non ci crederete (quasi non ci credo neppure io), ma sto continuando a seguire il corso sullo Storytelling. Devo dire che è diventato meno interessante perché sta approfondendo tematiche che a me non appassionano molto (i videogiochi, Dio se c'è qualcosa che mi annoia al mondo sono proprio loro). Ho comunque intenzione di arrivare fino alla fine, ecco magari saltellando qua e là. Come vi ho detto, le ultime due lezioni erano incentrate sui videogames e non credo di aver appreso molto, anzi mi sa che ho usato un po' troppo la funzione skip. Ma vabbè, non è questo il bello dei corsi online? Se ne può fruire come meglio si crede, no? E anche inventarsi dei compiti completamente diversi da quelli assegnati (no, beh, immaginare una storia per un videogioco? Io? No way, baby).
Così ho deciso che, avendo dichiarato che più delle storie amo i personaggi e le ambientazioni e avendo già parlato del mio personaggio preferito, non potevo proprio fare a meno di parlarvi dell'ambientazione che amo di più. Anche qui, easy as a breeze, la scelta è caduta sulla New York di You've got mail. Lo so, ognuno ha i propri riferimenti e i miei sono tutto tranne che intellettuali. Sono pop dentro, è più forte di me. Mi sono chiesta se non fosse molto più figo parlarvi della Parigi di Fiesta oppure della cupa Detroit di Middlesex, ma non sarei stata sincera. E un post ha senso solo se si è sinceri. Quindi New York sia (tra l'altro ne avevo già parlato anche in un post per Zelda was a writer, lo scorso anno. Credo che la mia passione rasenti l'ossessione, ehm).
Comunque, dicevamo, la New York di You've got mail, protagonista del film al pari di Tom Hanks e Meg Ryan. Il film inizia con la telecamera che corre lungo le vie di New York per fermarsi davanti alla casa della protagonista, entra dalla finestra e inquadra un soggiorno, una scrivania e una libreria bianca piena di libri. Credete che esista un altro motivo per cui in casa mia c'è una libreria bianca alta fino al soffitto? No, appunto. L'ho vista lì, me ne sono innamorata e l'ho fatta mia. Con l'unica differenza che la mia è una Billy e non una vecchia libreria shabby chic, ma non stiamo troppo a insistere su dettagli, dai. A casa della protagonista c'è anche una meravigliosa cucina e giuro che per anni ho avuto un tavolo molto simile (in condizioni migliori, tra l'altro) abbandonato solo perché davvero troppo poco pratico, mannaggia.
Ma non c'è solo la casa della protagonista, ovviamente. Fuori da quella casa c'è New York, diamine! Si tratta della New York dell'Upper West Side, ricca e intellettuale, dove le persone fanno la spesa nei supermercati bio e organizzano party invitando scrittori e artisti. Su, confessate, non vi piacerebbe vivere in un posto così? Io, non mi vergogno a dirlo, sì. E poi su, dai, la protagonista del film ha una libreria e io cosa ho sognato di fare per anni? La libraia! Beh, se proprio vogliamo essere sinceri, devo confessare che lo sogno ancora adesso, ma per il momento è un desiderio più irrealizzabile di quello di diventare Beyoncé. La voglia di fare la libraia non mi è nata grazie a questo film, ma il desiderio di avere una libreria identica a quella del film, quello sì (che poi non è mica di grande auspicio, perché fallisce ed è costretta a chiudere).
Ed è proprio grazie a questo film che ho conosciuto Starbucks, un piccolo angolo di paradiso a noi purtroppo negato, piccoli provinciali del mondo. Un posto dove puoi stare ore, su poltrone comode, bevendo un caffè e facendoti i fatti tuoi. Senza che nessuno venga a romperti le scatole. Con musica in sottofondo, la connessione wifi e la gente che non urla. A New York c'è un posto così a ogni angolo, ha un senso non amarla?
E poi si tratta della New York che si veste a festa in autunno, scegliendo i colori migliori per gli alberi di Central Park e degli altri giardini della città. Del resto, lo dice anche Tom Hanks: "Don't you just love New York in the fall? Makes me wanna buy school supplies. I would send you a bouquet of newly sharpened pencils if I knew your name and address". La New York delle panchine al parco, delle lucine colorate appese tutto l'anno e dei negozietti vecchio stile. La perfezione, insomma. Che vi devo dire, me la tiro da rocker incazzata con il mondo, ma in fondo sono una gran romanticona.
Non avrei saputo dirlo meglio. Condivido ogni parola. :-)
RispondiEliminaEm
:-)
EliminaBeh. Mi ritrovo in tutto e per tutto in ogni frase, ogni sogno (libreria per bambini, quartiere in cui vivere, desiderio di avere Starbucks in Italia ecc...). Mi ricordo molti post-mesi fa di aver letto di questo corso di storytelling che avevi iniziato a seguire no? E' passato diverso tempo..videogiochi a parte (oddio..) dev'essere appassionante!
RispondiEliminaMa sì, devo dirti che l'ho fatto un po' a modo mio, però è stato davvero ispirante!
EliminaBaci
Cinzia