martedì 11 novembre 2014

Tea for Two

It's Tea for Two time, dudes. Buona lettura. 


Non vorrei che questa questa rubrica prendesse una sentimentale e preoccupante piega nostalgica, ma l’altro giorno mi è successa una cosa che vi devo assolutamente raccontare.
Sono uscita di casa e in strada c’era una coppia di ragazzi che parlava. Lui sul motorino e lei accanto, sul marciapiede. Che c’è di strano? Niente.
Ma lui aveva il motorino ACCESO.
Oltre ad aver riconosciuto subito l’inconfondibile rumore da motore truccato, avvicinandomi ho sentito anche QUEL profumo.
La miscela.
Un tuffo al cuore. 
Se io non avessi mai sentito l’odore della miscela non potrei dire di avere veramente vissuto.
Perché quell’odore è quello dell’adolescenza, delle estati trascorse nel Paesino dove ciondolavo felice dal mattino alla sera insieme ai miei amici, libera di potermi muovere come volevo, tanto più di un tot non ci si poteva allontanare e con niente, o quasi, ci si poteva divertire.
L’odore della miscela mi ha riportato lì, in un secondo.


La panchina della piazza è l’unico punto all’ombra in questo luglio bollente in cui si sentono solo i grilli, almeno fino a che non iniziano ad arrivare alla spicciolata le Vespe (truccate), un Fifty e un altro paio di cinquantini che vogliono sembrare già moto “da grandi”. Tutti egualmente rumorosissimi.
L’odore della miscela è potentissimo, l’unico in grado di coprire quello dell’adolescenza.
Ci ritroviamo tutti lì sulla panchina, a fare che cosa me lo chiedo ancora oggi.
Ma stiamo bene. Ridiamo, parliamo, qualcuno fuma (di nascosto), qualcun altro dà il via a un fuoco incrociato di gavettoni “e vaffanculo che mi ero appena acceso la sigaretta” grida uno mentre l’altro ride strizzandosi la maglietta e non ha ancora finito di strizzarla che gli arriva un altro gavettone nella schiena e giù a ridere a crepapelle mentre l’altro “oh se mi bagnate lo stereo vi ammazzo, ci ho pure messo le pile nuove” “e allora metti un po’ qualcosa di bello” perché lui era quello che ci portava sempre le novità. E mentre io e un altro ci avviciniamo allo stereo ad ascoltare, silenziosi seri e assorti come intorno a un tesoro appena trovato sulla panchina, quello accende e ci dice: “si chiamano CCCP. sono pazzeschi”.

Ed è vero. Sono pazzeschi. Ovviamente vogliamo sentire a ripetizione quella di “spermi spermi spermi spermi indifferenti” perché a quell’età lì non sai ancora bene di cosa si stia parlando, almeno non io, ma i maschi evidentemente qualche idea in solitaria se la sono già fatta e questa cosa li fa ghignare parecchio.
Intanto arriva anche quello che mi piace. E io gli piaccio di conseguenza, anche perché femmine qui siamo poche e io comunque non sono proprio da buttare via.
Con una scusa finisce sempre che ci troviamo vicini sulla panchina e lui è più grande di me ma io so come fargli girare le palle perché mi basta scherzare un po’ di più con qualcun altro e via, vedo subito che si ingelosisce. Così iniziamo a strattonarci, facendo finta di fare la lotta almeno poi lui ha la scusa di abbracciarmi quando io faccio finta di incazzarmi.

Nel frattempo vediamo arrivare uno della banda a piedi. Noi, sbalorditi. “A piedi?! Ma sei fuori? Si è rotta la Vespa?” “No, non si è rotta la Vespa. Ma mia madre mi ha beccato a fumare e allora mi ha detto che oggi, se volevo uscire, dovevo farlo a piedi. Oh dammi una sigaretta va, che mia madre oltre alla Vespa mi ha sequestrato pure quelle”.
Intanto i CCCP continuano a girare e con loro l’odore di miscela e il profumo di quei pomeriggi che mi piombano addosso tutti insieme di colpo, mentre ferma sotto casa, più di vent’anni dopo, mi blocco ad annusare l’aria.

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