Ero in spiaggia, annebbiata dal caldo e stavo sfogliando distrattamente uno degli ultimi numeri di Vanity Fair. Comincio a leggere un articolo riguardante una biblioteca, senza neppure dare un'occhiata a chi l'avesse scritto. Dopo i primi paragrafi, mi interrompo e mi dico: "porca miseria, ma questo articolo è scritto benissimo! Ma chi è che scrive così meravigliosamente bene?". Vado a cercare il nome dell'autore: Alessandro Baricco. Ah, ecco. Ehm. Eccerto. Quasi sono arrossita da sola tra me e me.
Baricco è una delle persone che mi provocano sentimenti ambivalenti, ho adorato alcuni suoi libri (Seta), altri li avrei tirati contro il muro (Oceano Mare), se la tira in maniera impressionante, ma mi ipnotizza ogni volta che comincia a parlare. L'articolo in questione, che sicuramente molti di voi avranno letto, parla della Sassoon Library, biblioteca nel cuore di Mumbai, luogo che sogno di visitare da tempo. Baricco racconta della sua visita alla biblioteca, dove si ferma per un po' a leggere e studiare, si guarda intorno e poi scrive questa cosa che vi riporto sotto. Mi ha colpito talmente tanto che l'ho ricopiata parola per parola, come facevo da adolescente con le citazioni nel diario di scuola, e l'ho fatto intenzionalmente, per godermela ancora un po'. Volete mettere il piacere di riscrivere queste cose, invece di un freddo copia e incolla? Comunque, se vi va leggetelo, se non lo avete ancora fatto, e ditemi cosa ne pensate.
"...ho iniziato a notare come la gente, lì, con grande pazienza e cura, posi sui propri fogli, appunti, fotocopie, per non farli volar via, degli oggetti ordinari, ma pesanti, oggetti della vita quotidiana, il telefonino, l'orologio da polso, il casco, e lì mi sono ricordato che è quanto facciamo, sempre, noi tutti, ogni giorno. Voglio dire che si hanno visioni, desideri, follie, o anche solo illusioni, magari progetti, e tutto sommato quel che facciamo mentre li studiamo, o li compiliamo, o li scriviamo nella nostra fantasia, è tenerli fermi con la vita ordinaria - i doveri, i compiti, le responsabilità, il casco - e tutto questo perché il ventilatore della sorte non li faccia volare via. Non si deve credere che ci si riempia la vita di cose da fare, anche noiose, molto responsabili, per sostituirle ai sogni: le si usa per tenere fermi i sogni, così non volano via. Se avete vent'anni, non potete capire: è una tecnica sofisticatissima di sopravvivenza che si impara con l'esperienza. Non c'entra neanche con il fatto di realizzarli, i sogni: c'entra con l'averli. ll che, si sappia, è l'unica cosa davvero autentica, e importante: realizzarli, poi, è una specie di corollario non sempre così elegante."
Quanta profondità quanta saggezza! Questo articolo mi era sfuggito, non a te, grazie.
RispondiEliminaCiao!Anche io avrei voluto tanto conservare quell'articolo,ma purtroppo è sparito il numero che lo conteneva da casa mia. Girando nella rete ho trovato un unico possibilità di recuperarlo:qui. Posso dunque chiedere un enorme favore? C'è la possibilità che io possa averne una scannerizzazione o una trascrizione al mio indirizzo mail? Sarebbe uno splendido rimedio per un grosso guaio.
RispondiEliminaSe è una cosa fattibile la mia mail è seisogliolesiamesi@yahoo.it.
Mi dispiace ma non l'ho conservato! Posso provare a recuperarlo, però. Ti faccio sapere.
EliminaCiao
Cinzia