Bentornata, Daria.
Si fa un gran parlare di Frida Kahlo, in questo periodo, e della mostra a lei dedicata a Genova.
Donna tosta e sofferente, come la città che la ospita e a cui non possiamo non pensare in un momento per lei così atroce.
Ma, onde evitare di cadere nella retorica o nelle polemiche, che ritengo giusto e rispettoso lasciare ai zenesi, non parlerò della Superba. E’ talmente grosso e tremendo e ingiusto tutto ciò che sta attraversando da farmi sembrare inopportuno qualsiasi commento.
Per cui, partendo da Frida Kahlo e da quello che rappresenta per i suoi innamorati, vorrei parlare di un’altra gran donna che ho nel cuore e per la quale ho sempre nutrito un amore viscerale e spontaneo (che invece non mi è mai esploso per Frida Kahlo, della quale devo dire so molto poco).
Ne voglio parlare perché all’ennesima frase su Frida Kahlo del tipo “la trasposizione della vita nell’arte”, oltre a venirmi il prurito (che credo sarebbe venuto anche a Frida Kahlo), ho ripensato alla vita di questo miracolo della natura che si chiama Edith Piaf.
Il film a lei dedicato è uno di quelli che guarderei mille volte. Ed è uno di quelli che mi fanno sempre piangere. Di commozione, di emozione per quella voce incredibile, per quel modo di stare sul palco e muovere le mani, per la sua irriverenza, la sua disobbedienza, la sua sregolatezza, il suo restare a testa alta fino alla fine, quel suo “non rimpiangere nulla” che cantava con tanto orgoglio sfidando il palcoscenico anche quando le proibivano di cantare.
Lei, con quel suo vestitino scuro e castigato, cantando praticamente immobile su un palco semibuio, faceva spettacolo con la sua stessa voce. “Solo” con quella.
“Voglio far piangere la gente anche quando non capisce le mie parole”, diceva.
Con me ci sei riuscita, Edith Piaf.
E La Foule è uno dei miei pezzi preferiti perché mi strugge, mi stropiccia l’anima fino a farmi venire il nodo in gola e al contempo, sulla scia del ritornello, mi diverte e mi fa venire voglia di essere sfacciata e impertinente. Mi genera una moltitudine di stati d’animo molto diversi tra loro e tutto questo solamente con l’incanto della sua voce.
In questo anniversario del 10 ottobre, non voglio parlare del suo dolore, delle difficoltà della sua vita.
A me piace sorridere pensando a Edith Piaf, ricordandola sfrontata e irriverente come solo lei poteva permettersi di essere.
Come nella scena del film in cui il medico, visitandola, le dice:
“Dovreste annullare questo concerto, Signora Piaf. State giocando con la vostra vita”.
E lei beffarda: “E allora? Bisogna pur giocare con qualcosa”.
quanto mi accoccolo io nel tuo blog non hai idea. Voglia di autunno, divano, copertine, infusi vari e tante chiacchiere! :-)
RispondiEliminaEm
Che piacere leggere questo commento, è proprio la sensazione che vorrei trasmettere con questo blog. Che bello! Grazie.
EliminaLa casa di Cindy è un posto davvero magico, non ce n'è. :)
Eliminaverissimo! :-)
EliminaEm
Ho visto il film senza sapere della vita travagliata che ha avuto; e ho pianto come una fontana alla fine. Ma che voce ragazzi!
RispondiEliminaEcco, mi sa che devo recuperare. Non l'ho visto, mannaggia!
EliminaMeno male!!! non sono l'unica ad aver pianto alla fine!!! e ogni volta è così... è inutile fingere di essere duri :D
EliminaIo ricordo di aver scoperto la storia di Edith Piaf che ero in quinta elementare/prima media leggendo un fotoromanzo a puntate nella rivista che comprava sempre mia madre... Mi è sempre rimasta in mente, prima o poi riuscirò a vedere anche il film!
RispondiEliminaLa canzone che mi piace di più (ma conosco solo le più famose) è Rien de rien -sempre che questo sia il titolo giusto, ma sicuramente mi avete capito.. ;-)