Ricordo perfettamente quando Veronica doveva partire per Toronto. Era preoccupata, un po' triste per questioni che avevano poco a vedere con la partenza, forse - se avesse potuto scegliere - non sarebbe neppure partita. E io, oltre a cercare di convincerla che le All Star non erano calzature adeguate per un inverno canadese, continuavo a dirle che il Canada le avrebbe preso il cuore, che niente sarebbe più stato lo stesso. Ecco, oggi torna Vero e mi dimostra che avevo ragione. Adoro avere ragione. Buona lettura a voi e grazie a Vero per questi piccoli pezzi di sè che ci regala ogni volta.
A Toronto, in Church Street, a una manciata di minuti di cammino dalla stazione degli autobus in Bay Street c’è un ostello. Un ostello dove tornavo ogni volta che avevo bisogno di rivedere la grande città e di respirare l’atmosfera cosmopolita e magica di un posto che come spesso mi capita, traspira benevolenza per chi l’ama.
Ecco, non è un mistero che io mi sia follemente innamorata di Toronto e credo che molti da qualche mese a questa parte mi stiano odiando perché la maggior parte dei miei discorsi cominciano con: “in Canada…”
Io so che Cinzia mi capisce e mi perdonerà per questo mio incontrollabile amore. Dicevamo, l’ostello di cui è famoso per dare il domicilio a uno dei pub piu’ multiculturali del quartiere, The Cavern dove non solo si mangia e si beve alquanto bene ma si puo’ anche assistere a delle live performance di gruppi musicali locali.
La prima volta che mi sedetti sui banchi di legno dei tavoli di The Cavern ero in compagnia di tre francesi, un’americana e due quebecois. Al gruppo poco dopo si aggiunse un ragazzo Canadese, lui tornava a Toronto ogni due settimane un po’ per lavoro un po’ per far visita ad amici e parenti.
Il ragazzo Canadese mi si siede affianco e mi chiede se conosco Umberto Eco. Che probabilità aveva Veronica di incontrare qualcuno che le chiedesse di Umberto Eco?
Si, certo che lo conosco.
Ma lo sai che lui è molto amato qui a Toronto.
Oh, davvero.
Si, ha dato delle lectures alla Toronto University e una delle sue biblioteche è stata d’ispirazione per Il nome della Rosa.
Mentre si parlava di Umberto Eco passando poi per Calvino e Gabriele D’Annunzio, il tavolo si era svuotato. I francesi erano andati via, l’americana aveva un aereo da prendere il giorno dopo, io e il Canadese rimanemmo soli al tavolo con una Steam Whistle ciascuno.
Il gruppo, nel frattempo, stava suonando una cover dei Pixies. Ascoltando le prime note non ho potuto trattenere l’esclamazione:
Oh, I love this song!
E... finisce qui?!!?? No, volevo il continuo!!! Comunque anche a me da un po' di tempo sta prendendo questa fissa per il Canada... chissà che non si concretizzi prima o poi!!!
RispondiEliminaAhahah il resto è una bella storia con finale malinconico :)
EliminaPer me il Canada è sempre un si!