mercoledì 17 febbraio 2016

Tea for Two

Il bello del Tea for Two è che ti arriva quando meno te l'aspetti, come una telefonata o una lettera da un amico lontano che ti manca tanto, quelle cose che quasi non esistono più e che sono sicura Daria ami tanto. Buona lettura e grazie Daria! 


Chi mi conosce bene sa che per me Lorenzo Jovanotti è un amico. Sapete che Lorenzo mi parla anche nel sonno? Sì, mi è anche capitato che mi desse dei consigli a cui lì per lì non ho badato ma poi cazzo se aveva ragione.

Sarà una questione di energia, non lo so. 

Sarà che pure lui finisce spesso quello che dice aggiungendo “non lo so”. Perché come me non lo sa davvero. 
Fatto sta che ho letto Gratitude. TUTTODUNFIATO. Tra le tante cose che mi hanno colpito e che ho riconosciuto c’era questa:

“ho sentito di appartenere alla schiera di esseri umani che stanno lì dove si scatena la danza, dove la parola è prima di tutto suono, dove la gente si raduna per guardare se stessa in uno specchio che riflette la parte viva, quella che rigenera e cura e lascia indietro la zavorra, i pensieri che ostacolano il fluire della vita. Mi rendo conto che questa cosa può far incazzare qualcuno, specialmente quelli che vivono e si nutrono sempre e solo di commenti. Sono i “commentatori”, e con i social network questa è un po’ l’epoca segnata dal loro dilagare, di quelli che non vivono ma guardano vivere, quelli che non producono esperienza ma commentano le esperienze altrui. Niente da ridire, ma a riguardo mi viene sempre in mente un verso di una canzone di Ferretti e CSI: “Comodo ma come dire poca soddisfazione”. Quelli che hanno sempre un’opinione su tutto.
Io che non ho un’opinione su quasi nulla posso capire il loro disappunto nel vedere una storia come questa, ma è proprio questo ciò che cerco, la distanza dalle opinioni, dal commento a un commento. Cerco l’esperienza e cerco la poesia delle cose ma non sono interessato al giudizio e nemmeno alla ragione, è la vita che mi attrae e non la sua correttezza o la sua giustificazione, che tra l’altro non c’è.”


Io, che spesso cado vittima della mia stessa paura di non essere all’altezza o di quel senso di inadeguatezza che poi se ti guardi intorno e annusi tutta la spocchia e la fuffa che c’è là fuori ti rendi conto di quanto sia sempre e solo tu il peggior nemico di te stesso, rischio e ho rischiato più volte di farmi intimorire dai commentatori o di invidiare quelli con le verità sempre al loro posto o di farmi affascinare dai duri e puri che fuori da quelle linee non ci andrebbero mai e poi mai.

Ma la consapevolezza di cui parlava Cinzia in quel quel suo bel post, da qualche tempo ha toccato pure me. E quella consapevolezza è cugina della Libertà di dire e fare e provare a fare quello che ti fa stare bene.

Dio solo sa quanto ho pianto ascoltando i Bedhead, ma sostanzialmente sono una presa bene, una persona positiva, cerco sempre di guardare il bicchiere mezzo pieno e quindi amo immensamente le cose leggere, perché leggerezza non è mica sinonimo di vacuità, di superficialità, di stupidità. 

La leggerezza è la prima delle lezioni americane di Calvino: “la mia operazione è stata il più delle volte una sottrazione di peso; ho cercato di togliere peso ora alle figure umane, ora ai corpi celesti, ora alle città; soprattutto ho cercato di togliere peso alla struttura del racconto e al linguaggio.”

Bene, io cerco di fare con la vita quello che Calvino fa con il linguaggio: togliere pesantezza, mettere le ali e cercare di guardare le cose dall’alto o da lontano, perché spesso, troppo concentrati sul nostro lavoro come se fosse l’unico al mondo o sulle cose-da-fare della quotidianità, ci dimentichiamo che lo spazio intorno a noi è immenso. 

Ed è tutto da esplorare.


2 commenti:

  1. L'ultima parte del post è PERFETTA. la foto, dopo quelle parole, è proprio un tuffo al cuore.
    Em

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  2. ma grazie! la faccia splendida di calvino affacciata alla finestra è stato un tuffo al cuore anche per me, appena l'ho vista.

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