martedì 23 giugno 2015

Subsonica

Ci sono concerti, a una certa età, che diventano una sorta di viaggio a ritroso nella propria vita. E' quello che mi è successo, qualche domenica fa, con i Subsonica. Del resto, li ascolto da più di quindici anni, un po' di compagnia ce la siamo fatta, in tutto questo tempo. 

Come tutte le cose che un po' ti cambiano la vita (sì, perché la musica cambia la vita, chi non lo crede non è mio amico), ricordo esattamente quando ho sentito per la prima volta una loro canzone. Era il 1999 ed io andavo ancora molto spesso a Milano, per via di quell'incubo della mia vita chiamato tesi di laurea. Ogni volta che andavo in città, da provinciale quale sono, aggiungevo al viaggio e alla sosta in università un bel giro in centro, a vedere i negozi. Tappa fissa era la Mondadori in Duomo, nel cui reparto sotterraneo c'erano delle colonnine dove si potevano ascoltare le ultime uscite (amici milanesi, aiutatemi, era la Mondadori, vero?). Ricordo di essere stata colpita dalla copertina del disco, in esposizione, di essermi messa le cuffie e di aver scelto una canzone a caso, attratta dal titolo, Il cielo su Torino. Bum. Farfalle nello stomaco. Amore al primo ascolto. 


Mi ero innamorata della voce del cantante, con quell'accento inconfondibile, innamorandomi - come capita sempre - anche un po' di lui. E poi c'era quella sensazione bellissima di stare ascoltando qualcosa di veramente nuovo, almeno per me. Ricordo di aver ascoltato l'intero album, in piedi in mezzo al negozio, senza trovare una sola canzone che non mi piacesse. Non ricordo se mi fossi comperata il disco subito, so per certo di essere tornata a casa dal mio fidanzato di allora portando con me la favolosa notizia di quella scoperta meravigliosa (non è una cosa bellissima poter dire a qualcuno: "ehi, ho scoperto un gruppo fighissimo, ti piacerà sicuramente?). 


Da lì è stato amore vero, intenso e totale per alcuni anni. Microchip Emozionale l'ho letteralmente consumato, mi son persino guardata tutto il Festival di Sanremo, nel 2000, per sentirli cantare (che poi si può sempre andare a Sanremo da veri fighi, come hanno fatto loro). Ricordo il primo concerto che ho sentito, al Nuvolari Libera Tribù di Cuneo, insieme a una manciata di persone felicissime e adoranti. Poi c'è stato Amorematico (che contiene una delle mie canzoni preferite in assoluto, Sole silenzioso), caduto in un periodo nuovo della mia vita. Lasciato il fidanzato, vivevo da sola e Amorematico faceva da colonna sonora in auto dei miei ritorni dalla discoteca. E di tutti i ritorni dai concerti dei Subsonica, visti con le amiche. 

Poi è arrivato Terrestre, che ho amato per metà, e L'eclissi, che è forse stato l'ultimo loro album che ho ascoltato per intero. Come spesso succede nella vita, stavamo prendendo strade diverse, e - pur volendoci sempre un gran bene - non ci si frequentava più molto. Ma di quel periodo ricordo un fantastico concerto in Piazza Galimberti a Cuneo, visto interamente sotto la pioggia. Preso Blu, ascoltata alla fine del concerto, ormai bagnati fradici, è un ricordo prezioso come pochi. 


Degli album successivi non conosco nulla, se non i singoli che passano alla radio e qualche canzone ascoltata per caso qua e là. Ma il fatto che non li ascolti più non vuol dire che, come succede con i vecchi amici, non ci si veda volentieri alla prima occasione. Come è successo domenica scorsa, a Mondovì. Tornare a sentire un loro concerto è stato proprio come trovarsi con degli amici che non si vedono da tempo, ma con i quali si entra in sintonia subito. E si condividono vecchi ricordi, si parla del passato, si ripercorre la propria vita. Tornare a sentire i Subsonica vuol dire guardarsi indietro, senza rimpianti, godendo del bello che c'è stato e di tutto quello che c'è ora. E alzare le mani al cielo, col sorriso sulle labbra, ogni volta che si sente "su le mani". Adesso come quindici anni fa. 

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