venerdì 27 febbraio 2015

Una moglie a Parigi - Paula MacLain

Nata con un po' di esitazione e incertezza, la mia storia d'amore con il Kindle procede alla grande. Ormai abbiamo una relazione solida, felice, in cui i ruoli sono ben definiti. Il Kindle è per i libri che mi mettono curiosità, per le offerte, i romanzi, per placare la mia fame chimica di lettura senza appesantire i ripiani della libreria. I libri che continuo a comperare sono quelli dei miei scrittori del cuore, quelli di cucina, i fumetti, i classici e, soprattutto, i libri usati. Non riesco a resistere al fascino e al profumo di un libro vecchio e quello non cambierà mai. Detto questo, uno dei vantaggi più grandi dell'avere un Kindle è quello di avere una libreria a disposizione aperta a qualsiasi ora. Per me, che sono una da "tutto e subito", è una figata pazzesca. 


La sera prima di partire per Parigi, coricata nel letto ripensando alle cose che ancora dovevo mettere in valigia, ho deciso che dovevo anche avere un libro "in tema". Sono banale, volevo andare a Parigi e leggere un libro che parlasse di Parigi. Che ci volete fare, 'sto così, ci vuole pazienza e ormai lo sapete. Come già vi ho raccontato, Parigi per me è Ernest Hemingway. Potevo rileggermi qualcuno dei suoi libri, ma volevo qualcosa di decisamente più leggero e mi è venuto in mente questo libro che racconta della sua storia d'amore con la prima moglie, Hadley Richardson. Quindi a Parigi mi hanno fatto compagnia questi due giovani sposi, nel loro minuscolo appartamento vicino a Place de la Contrescarpe, con le loro sonore bevute, le difficoltà, la fame e amici del calibro di Francis Scott Fitzgerald. 


Paula MacLain, l'autrice del libro, si mette nei panni di Hadley Richardson e racconta la storia del suo incontro con Hemingway, nella Chicago del 1920. Hadley è una ragazza di provincia, timida e insicura. Hemingway è più giovane, un giornalista in erba con il desiderio di diventare un grande scrittore. Un giovane uomo tormentato e affascinante, pieno di ambizione e di vita. Hadley se ne innamora perdutamente e lascia la famiglia per sposarlo e seguirlo a Parigi, dove i due vivono in povertà, inseguendo il sogno di Hemingway di diventare un romanziere. Pur essendo una ragazza di provincia, Hadley si adegua subito alla vita bohemienne di Parigi e fa a gara con il marito a chi beve di più, in un felice stordimento di coppia. 


Ma tener testa a Hemingway non è così facile. La vita bohemienne e libertina di quell'epoca richiede una certa libertà di spirito, egoismo, somma indifferenza per i sentimenti altrui. E Hadley non è così. Diventata madre, la famiglia acquisisce un'importanza fondamentale per lei. Non riesce a partecipare con indifferenza alla vita dissoluta dell'epoca, non riesce ad accettare che il marito stia con altre donne, non riesce a sopportare un triangolo. Così lascia il posto a Pauline Pfeiffer, quella che diventerà la seconda moglie dello scrittore americano, che poi lascerà posto ad un altra, e via così.


Indipendentemente dal mio grande amore per il vecchio Ernest - lo scrittore, non l'uomo -, questo libro mi è piaciuto molto. Amo le storie d'amore, soprattutto quelle reali. Non so quanto questa sia stata romanzata (l'autrice dice di essersi basata su lettere e documenti originali), la vita sarà stata sicuramente meno affascinante del romanzo, ma se amate Parigi, gli anni '20, gli scrittori di quell'epoca, il libro Fiesta e le storie d'amore, vi consiglio questo libro. Amerete Hadley alla follia, rimarrete affascinate da Ernest, salvo poi odiarlo con tutto il vostro cuore. Vi perderete nelle strade della città francese, vi stordirete nei bar di Pamplona per la festa di San Firmin, vi scalderete al fuoco di una baita austriaca oppure al sole della Costa Azzurra, ascoltando la canzone preferita di Hadley. Questa qui. 


mercoledì 25 febbraio 2015

Mi piace quando Vero preme play

La mia adorata Vero se n'è andata in Canada, dove ha trovato ad attenderla freddo, neve e ancora freddo e credo ancora neve. Tutto questo non può che far venire un po' di malinconia e allora giù ad ascoltare musica e a scrivere. Noi siamo fortunati, perché escono fuori post come questo. Tanto presto arriverà la primavera, anche in Canada. Forse. 

Da quando sono approdata in Canada ho scritto davvero tanto. I miei amici conoscono la mia devozione nei confronti della parola scritta e hanno pensato bene di regalarmi un completo kit da corrispondenza. Per cui molto spesso mi ritrovo a scrivere lettere che poi restano sul mio comodino perché io scrivo molto ma le parole non arrivano quasi mai al destinatario.


Un mio amico mi ha chiesto di buttare giù il testo di una canzone dicendomi che questa mia nuova situazione potrebbe essere fonte di ispirazione ed io gli do ragione per cui sono giorni che penso a una canzone, alle rime, alle parole
Ascolto in continuazione pezzi su pezzi cercando di trovare ispirazione e quella che fino ad ora è stata la mia compagna è Cat Power.


Voce delicata e liriche appassionate, Cat Power è un’artista statunitense eclettica e stupefacente, capace di passare dal folk al blues, dal soul al rock, a me ha sempre fatto pensare ad una Tim Buckley al femminile.
Mi sono sempre detta che se fossi stata un’artista e avessi scelto l’ambito musicale sarei stata una Karen O o una Cat Power.


La canzone che ho scelto è “The greatest” e  fa parte della colonna sonora di Un Bacio Romantico, quel film che vede protagonisti una dolcissima Norah Jones innamorata di un affascinante Jude Law.
Questa è una di quelle canzoni che ascolto quando mi sento un po’ triste. Immaginatevi me, la neve che fuori scende lenta scandendo le ore tutte uguali, il tempo fermo e la giornata che volge verso la fine, i pensieri che si sommano ad altri pensieri mentre un autobus si ferma proprio davanti casa, scarica un paio di anime poi chiude le porte e riparte. 

Così per tutto il giorno e The greatest in loop. Per quanto ami Cat Power e questa canzone, spero comunque che questa neve si sciolga e che le parole escano fuori possibilmente in rima.


La playlist aggiornata la trovate qui

lunedì 23 febbraio 2015

A week of dreams #5

Le volpi, signori miei. L'ispirazione di questa settimana sono questi meravigliosi, ipnotici animali. Io li amo e ovviamente Katiuscia lo sapeva senza che io glielo dicessi. Buona lettura e buone ispirazioni!

Incontro Rossella quasi ogni mattina, sulla strada verso il lavoro. Lei mi guarda, io la cerco con gli occhi, è il nostro modo di salutarci, il nostro buon giorno. Rallento e, anche se guardinga, non scappa. Mi capita spesso di domandarmi come mi chiami lei...
Questa week of dreams #5, è dedicata a lei, alla sua furbizia ed alla sua eleganza!

venerdì 20 febbraio 2015

Wishlist del venerdì

Buonissimo venerdì, cari amici miei. Come state? Com'è andata la settimana? La mia è stata piuttosto piena, ma mi aspetta un weekend di totale relax, che vorrei passare tra il divano e la cucina, con piccole pause per portare fuori il cane e andare a bere una birra al bar. Piccoli desideri, grandi gioie. E ovviamente tanti sogni e la primavera che fa timidamente capolino. La sentite, no? Io sì e ne risente un po' anche la wishlist, ovviamente! 

1. Amanti di Wes Anderson, preparatevi a perdere un po' di bavetta. Nel caso non lo abbiate ancora saputo, è uscito un libro tutto dedicato a Grand Budapest Hotel, che raccoglie immagini, curiosità, retroscena, interviste e tutta la bellezza che si annida in ogni fotogramma di quel meraviglioso film. Ecco, io lo vorrei tanto. E già che ci sono, visto che sono qui e sto sognando insieme a voi, vorrei anche The Wes Anderson Collection, sempre ad opera di Matt Zoller Seitz, dedicato a tutti gli altri film di Anderson. La meraviglia, ecco. 


2. Se come me siete dipendenti da Instagram, probabilmente conoscerete già le collane di Moi Je Joue Lab, che su Ig trovate come Oljalou. Se invece non passate i momenti di pausa a scorrere meravigliose foto altrui sul telefono, come faccio io, è mio dovere informarvi dell'esistenza di questa ragazza che realizza favolose collane color pastello. In questo momento il negozio è chiuso, ma io sto spolverando la carta di credito in attesa di marzo, quando finalmente le collane saranno nuovamente disponibili. Il problema è solo uno: non so scegliere, le amo tutte




3. Come sapete ormai benissimo, visto che l'ho detto e ridetto, fino alla nausea, il mio sogno supremo sarebbe quello di vivere di rendita e passare il tempo a leggere libri, girare il mondo e frequentare corsi. Adoro imparare. Adoro ascoltare le lezioni. Adoro studiare. Molto più adesso di quando andavo a scuola, ovviamente. Se avessi tempo e risorse, credo frequenterei qualsiasi corso di laurea di tipo umanistico, qualsiasi scuola di specializzazione, ogni corso di formazione sulla faccia della terra. Solo per il gusto di farlo, che somma figata. Mi iscriverei al corso di Racconto e Romanzo della Scuola Holden, per esempio. Sicuramente seguirei il corso di Narrativa di Marco Lazzarotto per Zandegù. Non mi perderei nemmeno un evento di Accademia della Felicità, per dire. A proposito, lo sapete che a marzo ci sarà la settimana della felicità e Accademia organizzerà eventi gratuiti? Vivessi a Milano e non in questo posto dimenticato da Dio e dagli uomini, ci andrei di corsa. 


mercoledì 18 febbraio 2015

Fiori recisi - Sara Maggi


Avete presente quelle persone che vi piacciono a pelle? Quelle che magari non avete occasione di frequentare, ma delle quali vi basta una frase, una battuta, un modo di scherzare, per farvi dire che sì, si tratta proprio di una gran bella persona. Questo è quello che mi succede con Sara Maggi, una ragazza che conosco da tempo e che ho avuto modo di frequentare poco, ma della quale penso un gran bene da sempre. Quindi, quando ho saputo che aveva pubblicato il suo primo romanzo, mi sono precipitata ad acquistarlo. Il mio è stato un acquisto del cuore, dettato dall'affetto e dalla curiosità, senza sapere bene di cosa si trattasse. Mi sono bastate poche righe e bum, conquistata. Ho divorato il libro nel giro di due giorni, presa dalla forza della scrittura di Sara e dalla sua immensa bravura. 

Il romanzo racconta quattro storie parallele, tutte in qualche modo intrecciate tra loro. C'è la storia di Silvia, donna single di mezza età costretta ad accudire genitori poco amati, quella di Laura, collega di Silvia e succube del suo carattere forte e prepotente, poi c'è Agnese, diventata madre quando ormai non lo desiderava più e totalmente inadatta al suo nuovo ruolo e ci sono i signori Zaccone, una coppia senza figli che vive un matrimonio di facciata ma impossibile da rompere. E' difficile raccontare queste storie in poche frasi, perché ognuna di esse ha mille sfumature nascoste tra le righe, che si svelano nel corso della lettura. Il romanzo è ambientato a Savona, ma in realtà potrebbe essere collocato ovunque, in qualsiasi città di provincia chiusa e soffocante, in un piccolo paese o in una grande metropoli.

La forza di questo romanzo, secondo me, è la sincerità estrema, che mette a nudo i protagonisti, spogliandoli di tutti gli orpelli e le apparenze e mostrandoli per quello che sono, vittime di una solitudine infinita che li ha privati della linfa vitale. Si tratta di un romanzo crudo, forte, che strazia senza far versare una sola lacrima. Del resto, è impossibile solidarizzare con i personaggi, perché ognuno di loro - a suo modo - è crudele, arido, privo di sentimenti. Sono persone che non vorremmo essere, che non vorremmo frequentare, ma che con la loro sincerità ci chiedono conto dei nostri comportamenti. Più di una volta, leggendo il libro, mi son chiesta: "oddio, ma io ho mai pensato una cosa del genere?", scavando a fondo dentro di me. E' un libro che non fa sconti a nessuno e dal quale si esce sfiniti, ma con un'immensa voglia di abbracciare la persona che ci è accanto, dire ai nostri genitori che vogliamo loro bene, chiamare gli amici che non sentiamo da tempo e cercare di essere persone migliori, che vivono una vita piena. Perché, come dice Sara, le persone sole con il tempo si afflosciano, come fiori recisi lasciati a marcire in un vaso pieno di acqua sporca. 

lunedì 16 febbraio 2015

A week of dreams #4

Oggi Katiuscia ci regala una pioggia di colori e, diciamolo, ne avevamo davvero bisogno! Buon lunedì e che sia una settimana da favola!

Un fine settimana così grigio mi ha lasciato un immenso bisogno di colore e allegria. Mi son tuffata qui, tra queste illustrazioni gioise, piene, dai colori saturi. Helen Dardik è la protagonista assoluta di A week of dreams #4...buona settimana ragazze!




venerdì 13 febbraio 2015

Wishlist del venerdì

Torna la wishlist del venerdì e, dopo una vacanza a Parigi (ormai un filo lontana nel tempo, eh), poteva non essere interamente dedicata alla Ville Lumiére? Cioè, in altre parole, potevo non essere così banale? Ma voi mi volete bene e io mi sento autorizzata a condividere con voi i desideri nati dalla visita a quella meravigliosa città. Abbiate pazienza, come sempre! 

1. Come già ho raccontato nel post dedicato alla città, vedendo Parigi mi son chiesta come abbia potuto starne lontana per ben quindici anni. Una vera eternità. E allora m'è sorto un desiderio, dentro il cuore: ma non sarebbe bellissimo avere la possibilità di tornarci ogni anno, a Parigi? Andarci per vedere qualche mostra, approfittare dei saldi per rifarsi il guardaroba alla francese, vedere com'è la città in estate, e poi l'anno dopo andarci in inverno, e poi perché no, andiamo a vedere com'è Parigi in primavera? E vogliamo rinunciare alle giornate autunnali lungo i boulevard? Che poi non è mica un desiderio così irrealizzabile, eh. Basta volerlo, come buona parte dei fatti della vita. 



Illustrazione Zoia

2. Vedendo tutte 'ste parigine, ho avuto la conferma che non hanno davvero bisogno di nulla per essere chic. Le vedi in giro con un cappottino, i capelli lunghi infilati nella sciarpa, una maglia e un cappello, con grande semplicità, e sembrano le donne più belle del mondo. Io, quando vado in giro vestita così, sembro una scappata di casa, più o meno. Non so cos'è, hanno quel certo non so ché che non saprei descrivere, ma che le rende - nella mia modesta opinione - le donne con più stile al mondo. E quindi ecco cosa vorrei, un po' di stile francese. Un guardaroba nuovo, qualche vestitino e qualche maglietta a righe (come se non ne avessi già abbastanza), giusto per far finta di assomigliare un po' a una donna francese. Oppure, rassegnarmi e comperare una felpa come questa qui sotto, che un po' francese ti fa sentire, no? 



3. Ed infine, per cercare di imparare qualcosa e provarci, ad avere 'sto cavolo di stile francese, ci vorrebbe questo libro, scritto - tra le altre - da Caroline de Maigret, una che di stile ne ha da vendere. 

mercoledì 11 febbraio 2015

Leggermente: Murakami Blues

Arriva oggi la seconda puntata di Leggermente, la rubrica di libri di Elena, che parla di uno dei miei scrittori preferiti. Siamo tutte sorelle, su questo blog, eh? Grazie Elena e buona lettura a voi! 

La colonna sonora di questo post è qui sotto. Avrei voluto trovare un video ufficiale ma non c'è stato verso; il fotogramma scelto, però, è perfetto per quello che leggerete. Se vi sembra di averla già sentita questa figata elettronica e indie insieme, è una delle musiche del film "Le conseguenze dell'amore": se siete felicemente fidanzati/e o sposati/e vi consiglio vivamente di vederlo, in caso contrario guardatelo comunque, con una buona bottiglia di whisky  al vostro fianco.



Prima di mettermi a scrivere ho pensato e ripensato mille volte. A cosa? All'autore, al libro, al titolo, a tutto.
Di nuovo per bambini? Una vecchia conoscenza o una pubblicazione appena sfornata, magari da una piccola (piccolissima) casa editrice? Un romanzo incontrato per caso o uno dei miei innumerevoli testi sulle piante e sui loro comportamenti?
Nulla di tutto ciò, alla fine.
Complici un ordine in libreria che tarda ad arrivare, il mio letargo nella lettura (non riesco a leggere quasi nulla, per ora) e un tomo con la copertina minimal da troppo tempo posato sul comodino, questo mese ho deciso di scrivere di lui, del mio adoratissimo Haruki Murakami.



Penso dunque che non vi racconterò di un libro in particolare, ma cercherò piuttosto di farvi innamorare almeno la metà di quanto mi sono innamorata io.
Correva l'anno duemila quando per caso comprai una copia di Norwegian Wood (Tokio Blues). Era maggio, mi pare, e stavo per organizzare la mia prima vacanza con le amiche: un mese al mare con i genitori di una delle tre, totalmente libere di prendere il sole, riposarci, divertirci e fregarcene (quasi) completamente di orari e coprifuoco. Il libro che portai sulla spiaggia adriatica, battuta dal vento e da un sole traditore che mai mi scorderò, fu proprio Norwegian Wood. Lo lessi tutto d'un fiato e mi piacque talmente tanto che, silenziosamente, feci un patto con me stessa: ogni primavera avrei comprato (e letto) qualcosa di Murakami.
Non credo di aver rispettato proprio tutti gli appuntamenti, ma quasi: se infatti scorro la prima fila di libri nella mia nicchia verde, ne trovo davvero tanti di questo autore. Eccoli.

1Q84 Volume I e 1Q84 Volume II, gli ultimi letti, attesi con ansia in libreria, con altrettanta ansia divorati qui sull'Albero e raccontati sul blog ormai qualche tempo fa.
Kafka sulla spiaggia, che ricordo mi portavo a lezione, quando già sapevo che non sarei stata ad ascoltare le parole del professore e avrei preferito perdermi tra i famosi gatti di Haruki. 
L'arte di correre è un regalo che lessi nella vecchia casa, in un momento di febbre trascorso mollemente nella "Tana" e non mi piacque granché: la prima (e per ora unica) delusione.
Nel segno della pecora e Underground li comprai sempre quando vivevo in Campopisano, uno assurdo e visionario come solo i libri di Murakami sanno essere, il secondo invece forte, duro e realistico, così cita infatti il sottotitolo: "Racconto a più voci dell'attentato alla metropolitana di Tokyo". 
L'uccello che girava le viti del mondo è forse quello a cui sono più affezionata, perché lo portai con me in ospedale quando rimasi lì un bel po', circondata da notizie non proprio semplici da affrontare. Ricordo che parenti e vicini mi regalavano riviste, giornali e fumetti, ma io preferivo aprire il grosso libro azzurro e andarmene con lui.
A sud del confine a ovest del sole e Tutti i figli di Dio danzano li rammento poco e tendo a confonderli, nonostante i titoli mi piacciano moltissimo. 
Restano quindi nella mia nicchia Dance Dance Dance, un libro bellissimo e pieno di musica e poesia e Norwegian Wood (Tokio Blues), di cui vi ho parlato all'inizio. 



Quello che ancora non ho citato e che è "la vera causa" di questo post si intitola La fine del mondo e il paese delle meraviglie: come da tradizione l'ho iniziato la primavera scorsa, mi ha seguita durante i viaggi di lavoro, nelle serate passate sul divano, nei week end a casa di mamma e solo pochi giorni fa ho voltato l'ultima pagina. Un parere in una sola parola? Fatica. Quella che ho impiegato a leggerlo, quella dei protagonisti, quella di quasi tutti i personaggi che Haruki descrive nelle sue storie: persone che trascorrono vite semplici e complicatissime nello stesso tempo. Esistenze scandite dalla presenza di gatti, acqua, caffé, superalcolici, sesso e magia, racconti sospesi tra realtà e fantasia dove i più banali problemi di lavoro si intrecciano con intrighi politici e religiosi di enorme portata. Mistero, fiducia, silenzio, educazione, inevitabilità, rispetto sono solo alcune delle parole che mi vengono in mente pensando a tutti i libri di Murakami che ho letto. Compreso l'ultimo, composto da due storie parallele e complicate che si alternano dalla prima alla cinquecentonovesima pagina, tra animali mitici, creature mostruose, ragazze sovrappeso vestite di rosa e cinici tecnici informatici  che sembrano poter convivere tranquillamente.
Credo di non dover aggiungere altro, perché Murakami non lo si spiega, lo si legge: questo penso sia l'unico modo per amarlo davvero, senza riserve, a costo di trascinarsi dietro un libro per quasi un anno e non arrendersi mai.


Come avevo annunciato nella prima puntata di Leggermente, c'è l'idea di riprendere una citazione del libro alla fine di ogni post; visto che quest'oggi non ho scritto di un romanzo in particolare ma di un autore e del suo stile, ho deciso di lasciarvi con l'ultima parola di La fine del mondo e il paese delle meraviglie. Perché, vi svelerò un segreto, ogni volta che compro un nuovo libro faccio sempre due cose (dopo averlo annusato): lo apro a caso e ne leggo una frase, corro alla pagina finale e guardo l'ultima parola che c'è.
In questa serata finalmente davvero invernale, la parola che Haruki ha scelto per chiudere non poteva essere nessun'altra, se non neve.

lunedì 9 febbraio 2015

A week of dreams #3

Lo sapevo, anche Katiuscia è una romanticona...

Perdonatemi ragazze, non ho resistito, ho ceduto all'ovvietà della settimana che precede il 14 febbraio! Quindi, anche qui, indigestione di rosa, cuori e mielosità varie ( dai che però ci piacciono, vero?), in fin dei conti, "all we need is love"!
A week of dreams #3...Peace Love & Pink!
Buona settimana a tutte!

giovedì 5 febbraio 2015

Parigi: gli indirizzi

Torno a parlare di Parigi, questa volta con qualche indirizzo e suggerimento che possa essere utile a chi volesse farci un salto. Niente sproloqui e cavolate autoreferenziali, per una volta, ma un post serio (oddio, ci provo, eh) con indirizzi e suggerimenti, sulla base della mia (modestissima) esperienza. 


Dove dormire.
Come faccio quasi sempre, ultimamente, ho scelto un appartamento tramite Airbnb. Preferisco stare in appartamento perché sono più comoda, non ho l'obbligo di mangiare sempre fuori e posso far finta di essere "a casa" in una città diversa dalla mia. Finora sono sempre stata molto fortunata ed ho trovato ottimi appartamenti e padroni di casa estremamente gentili. Questa volta abbiamo soggiornato a casa di Emma, un piccolo appartamento molto carino e pieno di charme (se però volete un bagno di dimensioni normali, cercate altrove), a due passi dal Canal Saint-Martin. La zona è bellissima, tranquilla, piena di locali, ma l'appartamento è fortunatamente defilato rispetto alla "movida" ed è silenziosissimo. Dovessi tornare a Parigi, non esiterei a scegliere lo stesso appartamento!


Dove mangiare.
Ho mangiato in molti buoni ristoranti, tutti nella zona del Canal Saint-Martin. Alla sera, dopo aver girato tutto il giorno, non avevamo più voglia di tornare a prendere la metro e, data la scelta infinita, siamo sempre rimasti vicino casa. Questi sono quelli che mi sono piaciuti di più:

- Le Petit Cambodge. Siamo passati davanti a questo ristorante ogni sera ed era sempre stracolmo di gente. Siamo finalmente riusciti a trovare posto l'ultima sera, presentandoci lì alle 19. Il posto è carinissimo, con arredamenti di design e personale giovane. Il mangiare è così buono da essere commovente, i prezzi buoni e le porzioni decisamente abbondanti.

- Lulu la nantaise. Si tratta di una creperie in stile vecchia Parigi, tavoli stretti stretti, uno accanto all'altro, vecchi arredi, porte cigolanti, portate servite in piatti sbeccati, tutto molto Chocolat e rigorosamente hipster, insomma. Comunque, il cibo è buonissimo: le crepes salate sono in realtà le galettes bretoni di grano saraceno, condite anche in maniera ardita (io ho preso quella con salsiccia, creme fraiche e marmellata di cipolle), mentre quelle dolci sono le super classiche e buonissime che tutti conosciamo. Ottimo, per me!


- Sesame. Io vado matta per i bagel e, quando ho saputo che c'era un posto che li faceva a due passi da casa, non ho saputo resistere. Non è che siano stati i bagel migliori della mia vita (quelli di California Bakery, ad esempio, sono molto meglio), ma l'ambiente è molto carino, un po' girly, tutto rosa e con le luci soffuse.

Du pain et des idées. Quando ho cominciato a dare un'occhiata ai suggerimenti su Parigi, questo nome veniva sempre fuori. Ce l'avevo a due passi da "casa", potevo non andare a dare un'occhiata? Si tratta di una panetteria vecchio stile (ho letto da qualche parte che risale al 1889) che sforna il famoso Pain des Amis, un pane rustico venduto in grossi pezzi, e tutti i classici della pasticceria francese, croissants, pain au chocolat e le escargot. Noi ci siamo andati verso sera, non c'era più molto assortimento, ma l'escargot chocolat pistache, una girella di pasta sfoglia con cioccolato e pistacchi, valeva davvero la pena.

- Le Comptoir Général. Un altro dei nomi che continuavano a riproporsi, cercando informazioni sui locali a Parigi. Si tratta di un circolo/ristorante/bar/negozio/locale di musica dal vivo e mille altre cose. Si trova in fondo a un vicolo buio, defilato dalla via principale, senza alcuna insegna (se non volete chiedere, fate quelli che la sanno e seguite le persone davanti a voi) ed è un posto fighissimo, arredato in maniera eclettica e vintage. Sfortunatamente, quando siamo andati noi, era pieno zeppo e non c'era posto, io stavo morendo di fame (sono ingestibile in certi momenti) e quindi ci siamo limitati a fare un giro e andar via. Ma vale la pena tornare.


Dove comperare.
Ovviamente ero in vacanza con quel sant'uomo di mio marito, che ha tanta pazienza con me, ma non quella necessaria a girare per bene tutti i negozietti, viuzza per viuzza, come io avrei voluto. Visto che gli voglio un gran bene, mi sono trattenuta e ho fatto un'accurata selezione. Diciamo solo una cosa, anzi due: uno, se fossi andata con un'amica, questa lista sarebbe cento volte più lunga e due, i saldi a Parigi, non avete idea, ecco. O magari sì, sono io che non ce l'avevo. Tipo da partire e andarci apposta, ché c'è pieno di negozi con roba favolosa e a prezzi ottimi.

- Merci. Un altro di quei posti che "se non ci vai non sei nessuno". E io ci sono andata, vogliamo mica fare le alternative e perderci certe chicche? Eh, no, no. Proprio no. Merci è un concept store che si affaccia su un cortile parigino, dove è parcheggiata una cinquecento rossa. Visto che quella cinquecento l'avevo vista mille volte su Instagram, volevo vederla pure io. Così ho fatto, poi ho fatto la foto di rito, aspettando che le giapponesi (anche loro di rito) si togliessero da davanti e sono entrata. Merci è un concept store bellissimo, pieno di cose favolose e oggettistica di design, libri e vestiti. Bellissimo, davvero. L'unica mia domanda è: perché pagare 200 euro vestiti che sembrano quelli del mercatino delle pulci? Oppure, lo saranno mica e li mettono quella cifra? Vabbé, che io non sono una di tendenza ormai si sa.

- Antoine et Lili. L'ennesimo negozio di cui ho letto everywhere. Probabilmente, molti di voi lo conosceranno già, visto che è molto diffuso in Francia. Ci sono andata, in una delle tante location parigine, e l'ho guardato da fuori. Non è il mio genere, ma se avete bambini o amate la moda molto colorata/fiorata/trallalà, fa sicuramente per voi.


- Bensimon. Io conoscevo Bensimon unicamente per le scarpe, che mi piacciono un casino, ma non sapevo che invece facesse anche abbigliamento e oggettistica per la casa. L'ho scoperto nel negozio di questa marca situato nel Marais, dove sono entrata attratta dalle pile e pile di scarpe colorate e i miei occhi non riuscivano più a staccarsi dai cappotti, maglioni, borse, bracciali, collane, pochettine. Tanto colore anche qui, ma più nelle mie corde. Avrei voluto avere una valigia tutta vuota da riempire. No, ma cavoli, potevo comperarla da Bensimon!

- Yellow Korner. Tardo pomeriggio del giorno del mio compleanno, usciamo dal Centre Pompidou e vedo in lontananza la scritta gialla e nera che mi è così familiare. Yellow Korner è un negozio online di fotografia sul quale sbavo più o meno sempre, saltellando qua e là tra la sezione viaggi e quella musicale, soffermandomi anche un po' sulle celebrities. Ma non sapevo, stupidamente, che avesse anche dei negozi. Lì ho trovato la mia amata foto di Bob Dylan e Suze Rotolo, che mio marito mi ha prontamente regalato. Ah, la serendipità.

- Georges Larnicol. Sapete che amo Instagram, vero? Per le immagini, certo. Ma anche perché tu posti una foto e qualcuno te la commenta suggerendoti posti dove andare e cose da fare. Così è successo con Georges Larnicol, una casa di pasticceria in Boulevard Saint-Germain suggeritami da una ragazza su Instagram. Un paradiso, ve lo consiglio. Lei mi aveva consigliato i macarons, io non li avevo mai mangiati, allora ho deciso che dovevo avere un metro di paragone. Sono andata da Pierre Hermé, ho mangiato i macarons e mi son detta, "vabbè, vediamo gli altri". Provati anche gli altri, meno sofisticati e pretenziosi e più veri, ma insomma, c'è tanto di meglio al mondo. Adesso uccidetemi pure.

mercoledì 4 febbraio 2015

Tea for Two

E ancora una volta Daria è riuscita a farmi ridere e piangere dalla commozione nel giro di poche righe. Grazie sorella.


Feel Good Inc. 
Sapete che sono passati già dieci anni dalla sua pubblicazione?
E voi che cosa avete fatto in questi dieci anni?
Io me lo chiedo spesso ultimamente, contando i traslochi fatti, le storie d’amore vissute, gli amici conosciuti, quelli abbandonati e quelli rimasti.
Me lo chiedo pensando a quanto ho suonato in questi dieci anni (troppo poco rispetto a quanto avrei voluto) e quante lingue straniere ho imparato (zero).


Me lo domando guardando quante cose ho colto e ho imparato e quali passioni ho iniziato a coltivare. Dieci anni fa mi regalarono la prima macchina fotografica digitale, poi arrivò la reflex, poi gli obiettivi. Mi sono comprata la mia prima bici da strada, ho ripreso a camminare in montagna e ho continuato ad ascoltare tanta tanta musica. Ho scoperto il power yoga e un amico kinesiologo mi ha fatto del gran bene. Ho ripreso a studiare chitarra e ora studio pure canto e da quando in casa è entrata una Rickenbacker la mia vita non è più la stessa.

Ho iniziato a darmi il colore ai capelli e giuro che ho avuto la fortuna di poter resistere a lungo senza, ho imparato che amare le cose “fashion” non significa essere stronzi e che prendersi cura di sé e sbavare dietro a vestiti, scarpe e borse non è un reato (il fatto che poi io vivrei in tuta è un altro discorso. Ma ho solo tute fighissime, ve lo assicuro).
Ho anche un abbonamento a Elle ma sono sempre io, ossia quella che, leggendo cose tipo “Il mio segreto di bellezza? Un colpo di phon prima di salire in aereo”, pensa sempre e comunque: “ma vaffanculo tu, il colpo di phon e l’aereo”.


In questi dieci anni ho continuato a seguire Il Nipote e ho capito ancora di più cosa significhi amare senza riserve (che poi è il mio modo preferito di amare e forse l’unico possibile), ho visto mia madre in un letto di ospedale (da cui per fortuna è uscita molto bene) e ho capito che il presente è l’unica cosa che conta davvero.
Insomma in questi dieci anni la mia vita è stata intensa, molto. E questa per me è la cosa più importante. Cercherò di fare in modo che continui a esserlo, tutto qui.
Si può rendere intenso anche qualcosa di molto semplice, non è detto che si debba per forza correre a prendere un aereo dandosi un colpo di phon prima di salirci.

Mia madre ha tanta voglia di diventare di nuovo nonna e così ogni tanto mi butta lì l’idea di avere un bimbo. Io non credo lo farò e non perché non mi piacciono i bambini, anzi. Sono meravigliosi, sono puri, ai bambini non verrà mai in mente di fumare, come dicono in This must be the place. 
Non credo che lo farò, semplicemente perché non credo che questa sia la mia strada, la mia vocazione. Non in questa vita, almeno.  
Tra un mese o due compio quarant’anni. Inizierà il secondo tempo e sono certa che sarà così intenso e combattuto che si andrà pure ai rigori.
Ma adesso ditemi qualcosa dei vostri ultimi dieci anni, ma fatelo pensando “feel good feel good feel good”. 
Yeah.

martedì 3 febbraio 2015

Ti regalo un libro

Da tempo sto tentando di ridurre la quantità di roba che ho in casa. Periodicamente, più o meno due volte all'anno, faccio una pulizia profonda di casa ed elimino tutte le cose che non mi servono più. Spesso questo processo si spinge un po' troppo a fondo e mi trovo a rimpiangere cose che mi sarebbero ancora servite (o forse è il solo fatto di non averle più a farmele sembrare così indispensabili), ma il più delle volte è un utilissimo metodo per liberare la casa e, soprattutto, lo spirito. 

In passato i libri venivano risparmiati da questo processo di decluttering, ma ultimamente ho realizzato che non aveva senso continuare a tenere sugli scaffali libri che non leggerò più e che è sicuramente meglio regalarli a qualcuno che li apprezzi. Beh, potresti portarli alla biblioteca del tuo paese, direte voi. Beh, alla biblioteca del mio paese i libri in arrivo vengono vissuti come un fastidio, quindi meglio prima vedere se c'è qualcuno di voi che ha voglia di leggerli. Ne ho una pila, qui in ufficio, ma ne regalerò solo due al mese perché altrimenti non riuscirei a gestire la spedizione e vi farei aspettare troppo. 

I libri di questo mese sono: Due cuori e un fornello di Ilaria Mazzarotta, una sorta di autobiografia con ricette e La ragazza con la gonna in fiamme di Aimee Bender. Se li volete entrambi oppure se ne volete solo uno, lasciatemi un commento qui sotto e poi ci accordiamo per la spedizione. Buona lettura e aiutatemi a far posto a libri nuovi! 

lunedì 2 febbraio 2015

A week of dreams #2

Buona settimana con Katiuscia e la sua pioggia di bellezza. 

L'ispirazione arriva quando meno te l'aspetti.
Chiaccherando con mio cugino Andrea, davanti un'insalata scondita, cercando di riassumere in due ore quasi dieci anni di vita. È successo anche a voi, ne sono certa,quando vi ritrovate con una persona cara, dopo lungo tempo. I discorsi si accavallano, i racconti si susseguono veloci, si parla di tutto, nel nostro caso anche di colori. 
Andrea lavora nel mondo della moda, è una di quelle persone che possono permettersi di dire di essere nati creativi. Nel suo lavoro si occupa della creazione di capi: suo il modello, la scelta del tessuto, il packaging. Mi ha raccontato dell'indaco, di come le donne indiane lo utilizzino per tingere i tessuti, per stamparli a mano con timbri in legno intarsiato. 
Un colore che per me ha qualcosa di magico, forse perché, ogni volta che vedo qualcosa di quel colore penso a mio cugino, a quanto è stato bello riabbracciarlo.

A week of dreams #2...Indigo...