giovedì 28 novembre 2013

42/52 e buon compleanno!

Mamma mia, ieri questo blog ha compiuto UN anno! Chi l'avrebbe mai detto? Io no, giuro. In questi anni credo di aver aperto almeno cinque o sei blog, sulle piattaforme più disparate, in italiano, in inglese, solo di immagini, con i temi più vari, alcuni anche piuttosto belli, ma nessuno di questi ha avuto lunga vita. Credo nessuno sia durato più di qualche mese, a volte settimane. Era come se stessi cercando la maniera giusta di esprimermi e non riuscissi a trovarla. Come se non riuscissi a trovare la mia voce. E invece, quasi per magia, in maniera casuale ed estremamente naturale, un giorno l'ho trovata. Ma lo sapete com'è nato A casa di Cindy? Credo di non avervelo mai raccontato, eh?
Lo scorso anno, a inizio ottobre, ero rimasta folgorata dalla mostra di Steve McCurry. Ho provato un'emozione così intensa da avere un bisogno impellente di condividerla con qualcuno. L'ho raccontata ai miei amici, certo. A mio marito. Ma sentivo il bisogno di dirlo al mondo (capita solo a me? Non ditemi che questo è un altro segno della mia pazzia incombente). Ho scritto di getto quello che sarebbe diventato un post e l'ho salvato in word. Contemporaneamente, dopo un lungo scambio di amorosi sensi su Instagram, Camilla di Zelda was a writer mi ha chiesto di scrivere per lei un resoconto del mio viaggio negli Stati Uniti dello scorso anno. Quando lei mi ha detto che il mio racconto le piaceva e che aveva intenzione di farne un appuntamento mensile sul suo blog, (dopo aver saltato come una pazza in casa per ore) mi son detta che allora, forse forse, quello che avevo da dire poteva essere interessante, che magari, chissà, a qualcuno poteva anche piacere. E in due ore ho aperto A casa di Cindy, l'ho arredato e ho pubblicato il post su McCurry. Che ancora oggi è il post più letto di questo blog.
Perché A casa di Cindy? (Questa è la domanda che vorrei mi facessero quando diventerò famosa, sappiatelo. Perché io adorerei fare le interviste, altro che 'ste star che si stressano. Chi ha il pane non ha i denti, che grande verità). A casa di Cindy si chiama così perché volevo portarvi tutti a casa mia, ovviamente. Volevo aprire le porte di questo minuscolo appartamento di provincia e farvi vedere tutto il mondo che c'è dentro. Il mio mondo, spesso reale, molto più spesso mentale. Quello che amo, quello che mi entusiasma, quello di cui non smetterei mai di parlare. E perché Cindy se mi chiamo Cinzia? Perché Cindy è il mio soprannome da anni, da quando una cara ex-collega ha deciso di rinominarci tutti all'inglese. Perché Queen Cindy, mio nickname dall'alba di Internet? Beh, questo ve lo racconto un'altra volta, eh? Ché un po' di suspance ci vuole anche...
Eh insomma, eccoci qui. Spero che A casa di Cindy sia un posto accogliente e piacevole come vorrei, che vi faccia voglia di prendere in mano una tazza di tè e mettervi comode a chiacchierare. Spero davvero che lo sia. Per me lo è e questo lo devo soprattutto a voi. Voi che vi mettete in gioco con le vostre wishlist, che mi lasciate commenti pieni di entusiasmo e di allegria, che condividete con me un piccolo pezzo di vita e che siete per me una presenza fondamentale. Vi meritereste dolci, regali e mille festeggiamenti, per il momento non posso fare altro che dirvi GRAZIE. Di tutto. Dei post che mi regalate, dei commenti, qui e su Facebook, dei like, delle visite silenziose, di tutto. Davvero, grazie. Dal profondo del cuore. La vostra presenza è un regalo e io non posso che ricambiare con un abbraccio. Ma forte, forte...lo sentite?
(Nella foto uno dei miei angoli preferiti della casa di Cindy fatta di mattoni).

martedì 26 novembre 2013

Tea for Two

E il viaggio insieme a Daria continua...

Forza, alzi la mano chi ha canticchiato almeno una volta nella vita “ti bastan poche briciole, lo stretto indispensabile…”. Esatto, proprio quella de Il libro della giungla.
Dovete sapere che quella canzoncina mi prende proprio bene, specialmente nella versione di Louis Armstrong “The Bare Necessities”.
Alla fine di ogni dj set, che si chiuda con la house, con il dubstep, con l’elettronica più spinta, con del big beat o con del sano pop anni ‘80, come ultimo pezzo metto sempre “The Bare Necessities”. E’ il mio modo di salutare e ringraziare tutti i presenti. Mi piace vederli cambiare registro, guardarli saltellare su questo pezzo e mandarli a casa sorridenti. Mi piace ricordare che, nella vita, bastano davvero poche briciole.
E per ricordarlo anche a me stessa, torno spesso nel Paesino. In Alta Langa, su, su, su, in cima a una collina. Dove non passano treni o autobus, dove non ci sono mai stati i semafori, dove in ogni casa c’è almeno una stufa a legna e ci si buttano sopra le bucce dei mandarini che mandano quel profumo tanto buono. Lassù, dove ci sono i boschi in cui ogni tanto mi rifugio da che ero bimba e riuscivo addirittura a infilarmi nel tronco di qualche castagno, così grande che si apriva su un lato, come nelle fiabe, mostrando un ingresso nella corteccia che era un invito per noi piccini.
Ragazzi, i boschi. Non sottovalutate il potere dei boschi, per carità.
I colori del bosco, l’odore forte e al contempo molliccio che si sprigiona dalla terra, la secchezza umida delle foglie che scricchiolano sotto i piedi, la forma degli alberi, qualcuno così imponente e massiccio che mi viene sempre voglia di dargli due pacche, come si fa con la schiena di un amico, per non parlare dell’energia che trasmettono, i boschi, facendoti sentire protetto e anche un po’ animalesco e fiero di far parte di quella bellezza.
Non bisogna essere necessariamente ecologisti o freakettoni per cogliere l’energia della natura, è successo anche quella volta a un amico, seduto in un bosco: ha appoggiato una mano sul terreno e ha sentito una vibrazione che arrivava da lì sotto ed è stata una sensazione così improvvisa e inaspettata che nemmeno la racconta volentieri, per la paura di passare per matto.
Ma è così, credetemi. Ve lo dice daria pop, amici.
Posto che i giri nei boschi rientrano nella top five dei miei viaggi preferiti, non era di questo che volevo parlare. Questo era un esempio, un mio personale punto di vista sulla semplicità. Su tutto quello che abbiamo lì, a portata di mano, e a cui non badiamo più di tanto, troppo presi dall’orologio, dall’automobile, dai tempi stretti, dalla televisione, dai social network, dalla frenesia, dagli ipermercati, dal traffico, dalle code, dai telefoni che squillano, dalle mail che dobbiamo mandare.
Stop.
Fermatevi, ogni tanto. Vestitevi male, andate nei boschi, sporcatevi, non abbiate paura di sedervi in terra, di passare in una pozzanghera che tanto lo so che da bambini vi piaceva un sacco saltarci dentro. E quindi? Mica penserete di non poterlo più fare soltanto perchè siete un po’ cresciutelli. Prendetevi una pausa e ricordatevi che, da bambini, giocavate alla “settimana”, disegnandola sull’asfalto con dei pezzi di mattoni rotti, pensate a quanto eravate felici con un pallone e una corda da saltare e chiedetevi, come faceva de gregori, “cosa sarà che ti fa comprare di tutto anche se è di niente che hai bisogno”.
Fermatevi, ovunque voi siate, per un momento, uno soltanto, e non rincorrete un altro posto, un’altra stagione, un’altra storia. Perchè una rincorsa continua e senza soste, beh. Non dev’essere un bel lavoro.
 
 

venerdì 22 novembre 2013

La wishlist degli ospiti: Anna

Le wishlist degli ospiti sono una cosa davvero speciale, perché sono un pezzo di voi, un regalo che fate a me e al mondo, un momento di condivisione e di apertura. Per me le wishlist sono un bellissimo modo di conoscere un po' di più le persone con le quali condivido unicamente contatti virtuali, una maniera per disegnare meglio il volto di quelle persone che stanno al di là di questo schermo e che per me, per ora, sono solo foto, parole scritte e commenti. Ma che dire delle wishlist delle persone che conosco di persona? Ogni volta mi stupisco di come ognuna di queste wishlist sia esattamente il ritratto di chi l'ha scritta, tra le righe di queste liste dei desideri ritrovo perfettamente la personalità, il carattere, le passioni, le parole di coloro che conosco più o meno bene.

La wishlist di Anna è esattamente quello che mi aspettavo da lei. Una lista di desideri apparentemente leggeri, ma che nascondono una grande profondità. La capacità di sognare, la voglia di crearsi una vita a propria immagine e somiglianza, le piccole cose allegre per superare le difficoltà di ogni giorno. Anna è una persona speciale e lo capite già solo leggendo il suo blog, al quale devo numerose ricette semplici e dal risultato garantito. Anna è sarcasmo e allegria, sorrisi e determinazione, voglia di fare e grande forza. Anna è una di quelle persone che mi fanno venire voglia di abbracciarle ogni volta che le vedo. Ma forte, forte, eh. Leggetevi questa wishlist, io l'ho adorata. Come adoro lei, chevvelodicoaffare.

Non di solo pane burro e acciughe vive cucinaprecaria.
Ringrazio infinitamente Cinzia per il suo blog, perchè mi regala la bellezza in pillole che non avrei mai voglia di andare a cercare nel mondo, in particolare la ringrazio per ospitare a casa sua i deliri di una wishlist che voleva parlare di altro.
Ora, per la maggior parte del tempo io penso al cibo, produco cibo, mangio cibo, leggo cibo, fotografo cibo, lo guardo, lo annuso, lo cerco, ne scrivo.
Ma: "Sono solo una semplice ragazza, che sta di fronte ad un ragazzo e tutto ciò che gli chiede è di essere amata" (cit.Notting Hill)
Quindi per me niente wishlist di presine, tazze, pentole, frullatori, cucine da sogno, No! Voglio parlare di quella semplice ragazza che vive, spera e sogna; nel dettaglio case volanti, vestiti colorati, cerchietti e borse-telefono (quanta profondità in una sola persona).
 
1. Ho una passione smodata per il lavoro di Laurent Chehere, quello degli edifici volanti per intenderci. Il caro Laurent è andato in giro a fotografare le case, i palazzi, etc dei sobborghi di Parigi, si è fatto ispirare da Miyazaki e Fellini, ha pensato che quelle case, estrapolate da un contesto che le opprimeva, avevano una bellezza e un potere che bisognava comunicare.
Ora io voglio due cose, anzi 3:
- una casa che abbia una storia da raccontare (magari una casa con le ruote, così posso riempirla di bellezze del mondo)
- voglio guardarmi allo specchio, estrapolarmi da un contesto che non mi piace e portarmi in alto, dove voglio andare io, così da diventare bella
- in attesa di una casa volante potrebbe andare bene anche una stampa di una delle foto :-)

Per conoscere il suo progetto andate qui.


2. Sono stata folgorata dalla serie televisiva "New Girl" che ha come protagonista quella topolona di Zooye Deschanel, una morettona con gli occhi da cerbiatta che per l'occasione veste i panni di Jess, una svampitona che adora cantare ad alta voce piccole composizioni inventate sul momento, vive una vita sentimentale travagliata e anche a livello lavorativo non se la passa benissimo. La nostra Jess finisce a vivere con 3 ragazzi che diventeranno in breve tempo la sua bizzarra e allegra famiglia.
E' una serie televisiva da venerdì sera in pigiama, certo non vi cambierà la vita ma sono sicura che come me sognerete ad occhi aperti tutti i vestiti di Jess, dall'atmosfera retrò e dai colori sgargianti, quello stile finto casuale, che cerco di riprodurre senza grandi risultati. Questi i miei preferiti:



3. Cerchietti, velette, fiori, cilindri montati su cerchietti, pennuti, Marina Ripa di Meana è il mio mito!
Per la mia prima comunione indossavo un cerchietto bianco tempestato di perline e lo portavo con una certa fierezza, solo più tardi avrei sviluppato la malattia per i copricapo bizzarri, ma il germe del cerchietto era presente in me già all'età di otto anni.
Ne ho una discreta collezione e solo per motivi economici metto freno a questa passione e vi prego, non mi dite che non ci sono occasioni per indossarli. Le occasioni si creano.
Si ma chi crea i cerchietti? Loro, Anita e Valentina Trittongo, due giovani creative di Alba (CN).
La felicità è un cerchietto su misura
:-)

Mi è presa così, la frivolezza, avrei voluto darmi un'aria più intellettuale e parlare di libri e viaggi, film e oggetti di design invece sto usando questo spazio sacro per parlare di pois, come un'adolescente! (magari Cinzia mi ospiti per la versione seria?)
 
4. Concludo la mia lista dei desideri con la Phonebag!
C'è qualcosa di più geniale che mettere insieme una borsa e un telefono? No, non vi scervellate! Non c'è!
Queste borse sono un oggetto del desiderio che anelo da anni, sono di una bellezza e di una originalità senza pari. Sento che se potessi averne una la mia vita prenderebbe una piega diversa, davvero.
Sono sicura che un buon medico la prescriverebbe come cura.
Io ti aspetto. Ti amo Phonebag!

mercoledì 20 novembre 2013

Biscotti alla Nutella

Ieri ho pubblicato questa bellissima poesia (la leggo quasi ogni giorno, sono convinta che contenga moltitudini - sì sono una pazza, ormai è piuttosto evidente e il problema è che non sto facendo nulla per rinsavire) e vi ho chiesto di condividere con me il contenuto delle vostre tasche. Beh, pare che non solo io mi porti in giro un bel po' di ansia...Cribbio, qui bisogna rimediare!

E come la combattiamo l'ansia? Io solitamente esco con il cane, cammino, cammino e cammino, finché mi accorgo di stare meglio. Direi che è un metodo quasi infallibile, non fosse che sta piovendo a dirotto e uscire con il cane vorrebbe dire ritrovarsi con una palla di pelo bagnato fradicio da pulire e asciugare. Non mi sembra proprio la cura migliore per l'ansia, che dite? Poi dev'essere una cura da condividere, no? Sennò me la faccio passare solo io l'ansia, ma non va mica bene. Eh, no. Quindi, cosa potremmo fare?

Beh, un'altra cura sarebbe quella di mettere gli Abba a palla. Però ci vuole qualcosa di più concreto, qualcosa che abbia un effetto più duraturo. Ecco, appunto: possiamo darci alla cucina! Cuciniamo dei dolci. Facili, facili. Pronti nel tempo che ci vuole a dire "oddio che ansia che c'ho oggi". Perfetti per farci sentire meglio. Perfetti per pensare che il mondo, in fondo in fondo, è proprio un gran bel posto. Su di me hanno questo effetto e mi sento di poter garantire che sarà lo stesso anche per voi. E poi non dimentichiamo che sono perfetti anche per una bella botta di autostima, ché vengono da Dio praticamente senza sforzi.

Quindi, che dite, procediamo? Si tratta di biscotti alla Nutella. Biscotti. Ottimo. Alla Nutella. La perfezione. Aggiungete a questo il fatto che servono solo 3 ingredienti e che manco dovete uscire per fare la spesa (perché, esiste qualcuno che non ha la Nutella in casa? Non vi credo). Tempo di preparazione, incluso reperire gli ingredienti in dispensa: 10 minuti, 15 massimo se proprio vi distraete un po'. Tempo di cottura: 15 minuti. No, dico, cos'altro pretendete? Io un rimedio per l'ansia l'ho trovato, ditemi un po' voi.


Biscotti alla Nutella
180 gr. di Nutella
150 gr. di farina
1 uovo
Mescolate bene gli ingredienti, in modo da ottenere un impasto uniforme. Dividete l'impasto in palline, appiattitele leggermente e disponete in biscotti su una teglia coperta di carta da forno. Cuocete a 180° per 15 minuti.

PS: questa ricetta non è mia, l'ho trovata per caso in rete. Quindi se là fuori c'è l'inventore di tanta delizia, alzi la mano così posso fargli un bell'applauso!

martedì 19 novembre 2013

Dieci cose che trovate nella tasca di un mago

 
In questi giorni sono un po' impegnata e non ho molto tempo per scrivere. Sono giorni complicati e la mia mente è altrove, spero mi perdoniate (quando tutto sarà in carreggiata, prometto che vi racconto). La mente è lontana, non ho ispirazione per la scrittura, ma vi penso sempre. E ci tengo tanto a condividere con voi questa poesia, scoperta da poco e amata alla follia.

Dieci cose che trovate nella tasca di un mago
Una notte buia.
Delle parole che nessuno ha mai saputo scrivere.
Un bicchiere d'acqua riempito fino all'orlo.
Un grosso elefante.
Una giacca fatta di ragnatele.
Un fazzoletto grosso come un parcheggio.
Uno scontrino del negozio di bacchette magiche.
Un secchio pieno di stelle e di pianeti, da mischiare alla notte buia.
Un sacchetto di mentine magiche che non si sciolgono mai.
Un coniglio che russa.
Ian McMillan
E voi cosa avete nelle vostre tasche? Io caramelle alle erbe alpine, una castagna matta e un po' di ansia. 

venerdì 15 novembre 2013

La wishlist degli ospiti: Elena

Pronti per una nuova wishlist? Oggi è la volta di Elena, che ci regala una wishlist autunnale e piena di poesia. Elena l'ho conosciuta grazie a un suo commento lasciatomi proprio in merito a una delle mie wishlist, a cui sono seguiti messaggi su facebook, un'amicizia virtuale che spero possa diventare presto reale e questa emozionante lista dei desideri. Elena ha quello che lei stessa definisce "un blog come tanti", ma che in realtà è davvero speciale. Dentro c'è tanto di lei, di Genova, tanta vita e tanta bellissima scrittura. Leggetelo, ne vale davvero la pena. Lo trovate quiMa ora godetevi la sua lista dei desideri!  

Mi cimento, per la prima volta, nell’ardua compilazione di questa wishlist. Di tutte le bellezze che leggo nel blog di Cindy, l’appuntamento del venerdì è sempre quello più atteso…e oggi, incredibile, tocca a me! Non so da che parte cominciare, essendo un elenco (una cosa che adoro fin da quando ero piccola), mi viene subito in mente una borsa di stoffa, che ho visto da poco in un negozio e che probabilmente è cucita a mano. In questa borsa ci sono molte asole, accanto ad ogni asola c’è una scritta, che ne so “marmellata”, oppure “olio”, o ancora “limoni”. Cos’è? Una shopper, una borsa per la spesa, perché sotto all’asola di ogni prodotto c’è pure un bottone e quando ci manca qualcosa non dobbiamo fare altro che appuntarlo, così da arrivare al mercato con una lista pronta…e bellissima! Ma, in verità, l’elenco che mi è venuto in mente di getto quando ho letto la richiesta di invio di una wishlist degli ospiti, è quello qui sotto. Speriamo si avveri!
1) Innanzi tutto vorrei tanto queste scarpe. Le vorrei proprio tantissimo. Da anni ne porto un paio molto simile, nero, con la punta arrotondata e i lacci sottili, comprato in un pomeriggio d’autunno in un negozio della mia città, Genova. Visto in vetrina  è stato subito amore. Ricordo che avevo solo una possibilità di scelta: bianche o nere? Sì perché il modello di queste scarpe fatte a mano si chiamava proprio così: Black (o White) 37-38-39, ovvero gli unici tre numeri realizzati. Nel frattempo le ho fatte risuolare, le ho lucidate, ammorbidite, messe e rimesse. Sono le mie scarpe da conferenza, ma anche da funerale, le indosso con i pantaloni morbidi e ampi o con i vestiti corti e le calze alla parigina. Ora che sono stanche, vecchiotte e un po’ malandate, perché dover scegliere ancora una volta tra bianco e nero e non comprare entrambi i colori in una scarpa sola? Le voglio! (Porto il 37…)
2) Il mio secondo desiderio è riuscire ad visitare il MUSE, il Museo delle Scienze di Trento, in autunno. Ha aperto da poco ma io lo seguo da quando ancora doveva inaugurare e, un po’ che si trova in Trentino, posto del cuore e degli affetti, un po’ che dentro raccoglie la mia seconda (o terza?) vita, cioè la didattica, i laboratori e la comunicazione della scienza, un po’ che dai, ammettiamolo, deve essere veramente una figata, mi piacerebbe regalarmi una lunga, lenta, e intensa giornata in questo posto delle meraviglie.
(foto Alessandro Gadotti)
3) Il terzo “non posso vivere senza” è un ombrello da pioggia trasparente, perché il mio è abbandonato nel laboratorio del Festival della Scienza di Genova che sto seguendo e chissà, magari andrà perduto. Poche cose sono belle come le gocce che si posano e scivolano veloci, con le luci della città che filtrano attraverso l’acqua e il rumore delicato della pioggia che batte. Lo vorrei semplice, non colorato, come quello di Scarlett in Lost in Translation (quanto ho amato quel film!), così potrei uscire con il mio impermeabile nero con i bottoni rosa e la fodera piena di ombrelli disegnati, con i miei stivali di gomma rossi e un bel sorriso stampato in faccia.
4) Da quando ho finito di arredare casa, quasi un anno fa, penso spesso a cosa appendere sopra al tavolo della cucina. Le luci da sagra di paese, piccole e colorate, che mi farebbero commuovere ogni volta che le guardo? Un filo di bandierine di plastica, di quelle triangolari, pronto a dondolare quando apro la piccola finestra affacciata sul cortile interno? Le foto degli amici fotografi, bravissimi a cogliere l’attimo e a scegliere quel  punto di vista che dici “Oh, ma è bellissimo!”?
In questo periodo, la cosa che di più mi piacerebbe vedere appesa sopra le mie seggiole tutte diverse è un’insegna vintage, di quelle da vecchia drogheria, magari di latta smaltata con i colori più tipici degli anni cinquanta, tipo il verde acqua o il giallo crema. Come questa qui sotto:

5) Prometto che questo è l’ultimo desiderio, anche se potrei continuare ancora a lungo! Ogni volta che entro in libreria, la domenica mattina per il caffè, quando piove, se ho un po’ di tempo o quando cerco un regalo, vado sempre a guardare se hanno ancora questo libro, Cortecce di Cédric Pollet. E’ un volume gigantesco e pure un bel po’ costoso, ma dentro racchiude un mondo, il mio, fatto di gusci, protezioni, colori, ruvidezze, striature, spaccature, “lisciosità”, sfumature e tutto quello che la corteccia di un albero può farvi venire in mente. Dentro questo libro, per dire, ci sono foto così:




mercoledì 13 novembre 2013

Muffin bicolore

Amo i muffin. Li amo proprio tanto. Non è che siano proprio i miei dolci preferiti, però li amo perché non mi tradiscono mai. Aggiungo qualche ingrediente, ne tolgo qualcuno, modifico, provo, tento, ritento e loro escono sempre perfetti. Soffici, a volte più grandi, altre più piccoli, più o meno gonfi, ma sempre ottimi. Ogni volta preparo l'impasto, li metto in forno e li guardo crescere nei loro pirottini, magari con un po' di ansia perché ho fatto qualche nuovo esperimento e invece loro, con grande serenità, vengono su proprio come vorrei e non mi deludono. Mai. Neppure una volta. Neppure la prima volta in cui li ho fatti. No, scusate, in un mondo così carico di incertezze e delusioni, come posso non amarli?

Il mio ultimo esperimento sono stati i muffin bicolore. Come spesso mi succede, m'è presa una voglia improvvisa e ho dovuto subito provare. Come una vera foodblogger (risate a crepapelle), ho deciso di  non cercare la ricetta ma di inventarla io. Oh yeah. Ci ho pensato su e ho deciso di procedere così: visto che ho la ricetta collaudata per un impasto per muffin semplice, semplice, stile plumcake e una  per un impasto al cioccolato, ho deciso di usarli entrambi, dimezzando gli ingredienti. Semplicemente, come vogliono i muffin.  Ho fatto due impasti distinti, riempiendo i pirottini per metà con ciascuno dei due mix. Li ho messi in forno e ho aspettato. Non mi hanno tradita, ormai ci si conosce bene, i muffin ed io (se preferite, potete usare i due impasti per un bel plumcake bicolore, non tradisce neppure lui).
Muffin bicolore
Impasto 1:
120 gr. di farina
1/2 bustina di lievito
40 gr. di zucchero
75 ml. di latte
50 ml. di olio di semi
1 uovo
Impasto 2:
100 gr. di farina
40 gr. di cacao in polvere
80 gr. di zucchero
1/2 bustina di lievito
75 ml. di latte
50 ml. di olio di semi
1 uovo
Ho preparato ciascun impasto in maniera distinta, prima mescolando gli ingredienti secchi (farina, zucchero, lievito e, nel caso dell'impasto al cioccolato, anche il cacao in polvere) e quelli umidi (uova, latte e olio). Quindi ho unito ingredienti secchi e umidi e ho mescolato per bene. Successivamente ho suddiviso gli impasti nei pirottini e cotto in forno a 180° per circa 20 minuti. Con queste quantità si ottengono circa 12 muffin.

lunedì 11 novembre 2013

Tea for Two

Daria è tornata e supera se stessa. Eccovi la terza puntata di Tea for Two. 

Scende la pioggia ma che fa, ma che si fa, ma che si può fare in una giornata così per sorridere?
Immagino di infilarmi un impermeabile e un cappello come un Bogart in gonnella e di correre a casa della Queen. Lei è già lì che mi aspetta con un tè caldo, una fetta di torta appena cucinata e il suo celebre sorriso.
Sorriso un po’ meno convinto, oggi, perchè la pioggerellina senza senso le fa lievemente girare i coglioni. Qui bisogna rimediare, perchè la Queen quando ride, ride proprio con tutta la faccia ed è così contagiosa che magari riusciamo anche a richiamare il sole all’appello.
Ma per soffiare via le nuvole serve uno del mestiere.
E allora, dai, Dizzy, soffia in quella tromba e insieme alle note fai volare lontano questa pioggerella che continua a scendere mentre noi facciamo girare sul piatto “Umbrella Man”.
E già che ci sei, fai volare lontano anche noi due.
Oh cazzo.
L’ha fatto veramente.
Io e la Queen siamo sedute a un tavolino rotondo di questo locale buio e fumoso ma così caldo che ti sembra di essere ripiombato tra le braccia della mamma. Soprattutto perchè lì, di fronte a noi, c’è proprio Dizzy che suona e, al suo fianco, Charlie Parker.
Signore e Signori, Bird & Diz.
La Queen ordina un whisky e io “Queen, ma che dici? Si può? Io degli anni del proibizionismo non ho mai capito una beata fava, se non che davanti a quella porta, come dove? !uella laggiù, a destra, ehi, Queen, non girarti adesso però che qui ci sgamano, capiscono che non siamo del posto e poi spiegaglielo tu che arriviamo dal 2013. Comunque, dicevo, dalla porta laggiù, ci sono due gangster, sìssignore, sono due gangster, come sarebbe a dire come faccio a saperlo?! Hanno il gessato e il borsalino, non vedi? Dietro ci sarà una stanzetta piccola, spoglia, con questi tizi che giocano a carte, fumano, bevono whisky e fanno girare un sacco di soldi e uno si chiamerà si-cu-ra-men-te Johnny, perchè c’è sempre un Johnny in questi casi e.. e... e che emozione Queen, ci sono i gangster capisci?!”.
E intanto la Queen beve il suo whisky e io, spalancando gli occhi, “Oddio, Queen, ma CHE COSA FAI? sei impazzita?! Non si può bere whisky così!”.
Queen, elegantissima e altera, mi risponde di piantarla che il proibizionismo è già finito da qualche anno. “Goditi Bird & Diz - mi dice - e fatti un whisky pure tu”.
Nel frattempo Dizzy continua a suonare e mentre soffia ci soffia via pure la pioggerella che c’è qua, le nuvole scure e tutto il resto e sapete perchè?
Perchè la tromba di Dizzy Gillespie a un certo punto si è storta.
Le leggende sono tante, alcuni dicono che ci si sedette sopra lui, altri sostengono che gliel’avessero fatta cadere. Fatto sta che Dizzy si trovò con questa tromba storta, roba che io al suo posto avrei pianto tantissimo, invece lui sapete che cosa fece?
La suonò. E gli uscì un suono che lo fece innamorare.
Da allora non smise mai di suonare la sua tromba piegata.
A me piace pensare che la vita sia un po’ così.
Ci sono momenti, periodi, situazioni particolari per cui vi sembra che la vostra vita sia storta o tutta da rifare o che abbia preso una piega sbagliata.
Beh. Soffiateci dentro, cercate il vostro suono, un suono tutto vostro, originale, provate varie note, scoprite la vostra melodia.
Sappiate cogliere questo suono nuovo, diverso, che salta fuori proprio quando pensavate di aver storto la vostra vita in maniera irreparabile.
Soffiateci dentro, come fece Dizzy con la sua tromba, e innamoratevi della vostra nuova pelle.

venerdì 8 novembre 2013

La wishlist degli ospiti: Silvia

Non nutro una gran passione per il mese di novembre e quest'anno è pure cominciato malissimo. Però a novembre cade il compleanno del blog (un anno, vi rendete conto?) e non si può non festeggiare. Quindi, ho deciso: quattro venerdì di wishlist degli ospiti. Quattro splendidi regali, con cui festeggiamo questo piccolo spazio virtuale che mi ha portato solo cose belle. Quattro meraviglie che ci aiutano a scacciare il grigiore del mese di novembre. Pronti poi a tuffarci nello scintillio del Natale. Che ne dite, vi va?

Cominciamo alla grande questo mese di wishlist degli ospiti con la lista dei desideri di Silvia. Silvia è stato un regalo, così come Anna e Annalisa, del primo corso di panificazione che ho frequentato, nel marzo scorso. Ci siamo conosciute intorno ad un tavolo, unite dalla stessa passione e curiosità. Ci siamo riviste, sempre intorno a un tavolo, per una bellissima serata di chiacchiere sotto le stelle (adesso ce ne vorrebbe una intorno a un tavolo autunnale, per dire). Conoscersi è stato riconoscersi, scoprirsi simili e con passioni in comune. Conoscersi è stato voglia di conoscersi meglio e quale occasione migliore di questa wishlist?
Grazie Silvia per questo bellissimo regalo, è una wishlist favolosa.

Passo parte della mia vita a compilare liste.
Il mio utero pretende che siano divise per categorie.
Il mio ascendete in Sagittario pretende che ogni punto dell'elenco sia realizzato.
Il mio segno Cancro passerebbe gran parte della sua esistenza davanti ad un camino a leggere.
Questa sono io. Silvia.
La mia wishlist non ha un senso logico, ma sono certa che voi saprete darlo!
1. Adoro i paesaggi mozzafiato e il silenzio di certi luoghi frequentati solo da persone che hanno fortemente desiderato essere lì.
Mai nessuno si troverà per caso su una cima in alta quota.
Quando sei su una vetta per chilometri il tuo sguardo corre libero, senza il rischio di inciampare nei segni delle presenze umane.
Una cima molto facile da raggiungere, dove si può iniziare ad assaporare il gusto delle nuvole è Rocciamelone (3538 m).

Lassù c'è un bivacco con 8 posti letto: la prossima estate vorrei proprio riuscire a godermi l'alba da lì.



2. Lo confesso.
Passo tre stagioni dell'anno su quattro ad aspettare.
Lei.
L'anguria.
Ho scoperto che esiste un artista Takashi Itoh, che rende omaggio alla mia passione in questo modo:


Io al momento mi limito ad incidere le angurie solo per mangiarle rischiando l'indigestione ogni volta.
 
3. Concludo dicendovi che per me, nella vita, conta una sola cosa: trovare l'albero delle mozzarelle. Sono certa che i miei conflitti sull'esistenza o meno di forme divine si placherebbero.
Sogno sequoie millenarie dai cui rami scendano lunghissime trecce di mozzarella, o piccoli arbusti dai quali raccogliere mozzarelline come fossero frutti di bosco.
Se digitate su qualsiasi motore di ricerca "foodscapes" troverete mondi incredibili, ma non l'albero delle mozzarelle!
Chi parte con me alla ricerca?


mercoledì 6 novembre 2013

41/52 e le riflessioni filosofiche


Ieri ho fatto un salto indietro nel tempo. Ho varcato una soglia e sono tornata indietro di quasi quattordici anni (mamma mia, detto così fa ancora più impressione). La soglia era quella della mia vecchia università, nella quale non avevo più messo piede dal giorno della mia laurea. In coda per quaranta minuti a uno sportello, ho avuto modo di condurre una piccola, divertente indagine sociologica sui giovani d'oggi. Io adoro ascoltare le conversazioni altrui e quale miglior luogo per farlo di un atrio affollato di studenti in attesa di un certificato universitario? Lasciatemelo dire, è stato davvero interessante! Innazitutto, mi ha rincuorato sapere che le giovani donne di oggi, dall'aria così spavalda e sgamata, hanno gli stessi, identici, innocenti dubbi sulla contraccezione che avevamo noi secoli fa. Inoltre, ho capito che i sogni che fanno i giovani universitari sono sempre gli stessi (eh, il desiderio di fare il diplomatico va sempre alla grande, che vi devo dire) e che ci sono giovani ragazze che si sposano mentre sono al terzo anno d'università. Insomma, passano gli anni, il mondo cambia radicalmente, pensiamo che gli adolescenti siano tutti un po' più dannati di come eravamo noi alla loro età e invece, guarda un po', certe cose non cambiano. Chiamatemi vecchia, non vi temo, ma per me questa è una grandissima consolazione.

Quella lunga attesa mi ha fatto riflettere un po' anche su me stessa. Credo di essere tornata sul mio personale molo di Trieste, per citare Mariachiara e la sua wishlist, quei chiostri e quelle panchine dove immaginavo il mio futuro e credevo che tutto sarebbe stato facile. Ho ripensato a chi volevo essere e a chi sono diventata. Credevo che questa riflessione mi avrebbe fatto male e invece no. Oggi, quasi vent'anni dopo il mio ingresso in quell'università, non sono dove pensavo sarei stata. Ma sono felice. Felice di quello che ho fatto, ogni cosa, le conquiste, i piccoli passi e anche gli sbagli più grossi, perché mi hanno permesso di imparare e capire chi sono. Consapevole che la vita non è solo bianco e nero, come credevo all'epoca, ma un'infinita scala di grigi da imparare a distinguere. Fiduciosa che il futuro porterà cose buone, se saprò crederci e lavorare duro. Serena perché magari non sono nel luogo in cui credevo sarei stata, ma ho gli strumenti in mano per arrivare in un luogo addirittura migliore. Quindi, chi l'avrebbe mai detto, nell'anno dei miei quaranta, sono tornata per un attimo ai miei vent'anni e non mi ha fatto male. Per niente.

lunedì 4 novembre 2013

Una storia genovese.



Oggi ho voglia di raccontarvi una storia. Semplice, vera e proprio bella. Parla di Liguria, di Genova, di dolci, di sogni diventati realtà grazie alla determinazione e alla forza di volontà. Una storia vera che sa di favola, una di quelle storie che combattono il grigiore della quotidianità e rendono speciali certi luoghi apparentemente normali. Che dite, allora, ve la racconto? Ma sì, dai. Sono sicura che vi piacerà.
La scorsa settimana, sola in casa, ero seduta sul divano con il computer in grembo e la TV accesa come sottofondo. A un certo punto, ho sentito parlare di dolci, pasticceria, sogni e di un certo Alessandro. Istintivamente, ho alzato lo sguardo, quasi sapessi già di chi si stava parlando. Non mi sbagliavo, la trasmissione raccontava la storia di Alessandro Cavo, titolare della Pasticceria Cavo, produttrice degli Amaretti di Voltaggio, e della Pasticceria Liquoreria Marescotti, un locale storico nei vicoli genovesi. Beh, io Alessandro lo conosco come @alecavo su Twitter, dove seguo anche quella meraviglia di @lindina80 e alla Marescotti ci sono stata, accompagnata dalla favolosa Miss Fletcher, ma non sapevo che nascondesse una storia così appassionante! Devo raccontarvela!
Un giorno, anni fa, nell'andare all'università, Alessandro passa davanti alla saracinesca abbassata della Marescotti, storica pasticceria genovese in Via di Fossatello, nel cuore dei vicoli genovesi. Nel rivedere quel luogo si ricorda di quando, ancora piccolo, accompagnava lì il padre per le consegne e decide di scoprire cosa sia successo alla pasticceria. Venuto a conoscenza del nome dell'erede della Marescotti, Alessandro gli scrive una lettera con una proposta per la riapertura della storica attività. La lettera non riceve risposta e Alessandro continua a scrivere, una lettera all'anno, per sette anni, senza perdersi d'animo. La sua determinazione paga, perché un giorno, la risposta arriva.

Qui entra in scena il signor Flori, un personaggio straordinario, un genovese d'altri tempi, chiuso, parco di sorrisi, ma di gran cuore. Ed è anche un gran romantico il signor Flori perché, una volta ereditata la pasticceria, non potendo mandarla avanti come si era sempre fatto, aveva deciso di chiuderla. Da un giorno all'altro. Aveva tirato giù la saracinesca e chiuso dentro tutti i ricordi. Quella saracinesca è rimasta abbassata per trent'anni, durante i quali il signor Flori ha rifiutato qualsiasi offerta per il locale. Se lì non poteva più esserci la Marescotti, pensava quel signore così speciale, beh allora non ci sarebbe stato nient'altro. Ma l'ostinazione (e la passione) di Alessandro vince la ritrosia del signor Flori e la Marescotti riapre.

La storica pasticceria riapre grazie anche a un ennesimo atto di romanticismo. Colta appieno la personalità del signor Flori, Alessandro non gli offre denaro: in cambio del marchio Marescotti offre "semplicemente" il primo amaretto di Voltaggio prodotto ogni anno, per 99 anni. Il signor Flori accetta, a patto che nulla venga cambiato all'interno del locale. Così la Marescotti oggi è com'era cent'anni fa, con gli specchi, le boiserie, i vetri. Antica nell'aspetto, moderna nello spirito. E ovviamente un po' romantica.

Vero che è una bellissima storia? Io mi ci sono appassionata, perché racconta di persone vere, di sogni e di luoghi con un'anima e volevo assolutamente condividerla con voi. Ci tengo però a dire che questa storia è stata narrata con grande lievità e bravura dalla trasmissione Sconosciuti, in onda ogni sera alle 20.15 su Rai Tre, che racconta storie straordinarie di gente normale. Il video relativo alla Marescotti lo trovate qui. Invece qui trovate un meraviglioso post di Miss Fletcher, che vi porta per mano dentro la Marescotti.