martedì 31 maggio 2016

Girl Tuesday: Kirsten Dunst

E' martedì, è passato un po' di tempo dal mio ultimo post ed è ormai ora di un nuovo #girltuesday. Nel pensare alla donna di questo post, mi sono resa conto che il mio amore incondizionato non va tanto a lei (che peraltro amo tanto, eh), ma soprattutto alle donne da lei interpretate in alcuni film.

Lei è Kirsten Dunst e io la amo da quando ho visto Il giardino delle vergini suicide (amato almeno tanto quanto il libro), dove lei interpreta Lux in tutto il suo giovane splendore. Ho amato i suoi vestiti a fiori, quei capelli biondi che sicuramente profumavano di "erba tagliata", quella drammatica inquietudine che la consumava. 




Poi c'è stato Elizabethtown, dove lei è Claire, una dolcissima assistente di volo che fa innamorare Orlando Bloom. Claire è quanto di più lontano ci possa essere da Lux Lisbon, è una tipa allegra, un po' fuori di testa, sorridente, romantica, la perfetta protagonista di una commedia romantica, insomma. 




E vogliamo dire qualcosa di Maria Antonietta? Non ci sono parole, quel film lo rivedrei migliaia di volte ed è soprattutto merito di Kirsten se lo amo così tanto (e di Sofia Coppola che mette lì un paio di Converse, eh). 




Per finire poi con l'incredible Peggy Blumqvist, l'unico motivo per cui ho tenuto duro e ho guardato la seconda stagione di Fargo fino alla fine. Peggy sa farsi amare dalla prima scena, è una fuori di testa vera, apparentemente svagata, crudele senza sembrarlo, una criminale svampita ma con una freddezza impressionante. L'ho amata fortissimo. 



martedì 24 maggio 2016

Leggermente: Giochi di luce

Ogni volta che introduco il Leggermente del mese, ripeto sempre le stesse cose: è un incredibile dono, una bellissima possibilità di scoperta, una pioggia di meraviglia, una porta che si apre su un mondo nuovo. Cosa ci posso fare se ogni volta Elena si supera e scova un libro più bello del precedente? Grazie Elena, come sempre, e buona lettura a tutti voi. 

Ho comprato il libro di questo mese principalmente per la copertina: ci sono dei cespugli, un bambino curioso, una luce che illumina i dettagli e scopre mondi nascosti
What else?
Apriamolo.

Per tutta la prima parte, devo essere sincera, non mi sembrava granché.

Ero in libreria che lo sfogliavo e pensavo: "E quindi?". I disegni sono belli, nulla da dire, l'idea del bianco e nero ovunque tranne che nei coni di luce della torcia, dove spuntano timidi i colori, è geniale, ma non mi pareva sufficiente. Avevo la sensazione che mancasse qualcosa, che non partisse.

E invece, inesorabilmente, è partito.

Verso la metà del libro, al protagonista, un bimbetto sveglio con i capelli a scodella e le galosce ai piedi, succede una cosa. Non svelerò nulla perché l'effetto sorpresa è sicuramente il responsabile principale del mio acquisto felicissimo, ma vi dirò che il punto di vista di ogni pagina è ora, inevitabilmente, capovolto.


Come al solito c'è tutta una questione emotiva ingarbugliata tra i miei pensieri, quando decido di scegliere un libro, in particolare se si tratta di letteratura per l'infanzia. 

Un po' credo dipenda dal fatto che pure io mi sto cimentando nella scrittura di una pubblicazione per bambini (non è una storia ma una raccolta di piccole attività pratiche), un po' sicuramente deriva dal percorso di analisi che faccio ormai da anni e che, gira che ti rigira, torna sempre alla mia infanzia. 

Ritengo quindi che sia molto importante il messaggio di un libro destinato a letture bambine: penso che "la morale" e tutti gli spunti che stanno dietro a disegni, frasi brevi, o, come in questo caso, solo illustrazioni facciano bene non solo ai più piccoli, ma anche e soprattutto agli adulti. 


Giochi di Luce di Lizi Boyd è un vero e proprio manifesto sull'amicizia, o meglio, sui rapporti con l'altro, con il diverso da sé. 

La sua forza sta certo sulla scelta (o non scelta) dei colori, sui buchi nelle pagine che corrispondono sempre a qualcosa, in qualunque modo li si guardi, ma del resto tutto corrisponde sempre a qualcosa, nella vita di ogni giorno. Bello o brutto che sia.

La sua forza, dicevo, sta di certo su queste particolarità, ma non solo: il punto profondo è il ribaltamento, un espediente semplicissimo e molto efficace per ricordarci che è attraverso gli occhi degli altri che, spesso, capiamo meglio noi stessi, vediamo la soluzione, imbocchiamo la via, ci guardiamo davvero.


Non è per nulla scontato, secondo me, trovare un messaggio simile in un libro per bambini, ammesso che questo benedetto messaggio ci sia veramente; non esiste niente di più frequente nella mia vita che trovare risposte dove non ci sono.

Non posso lasciarvi nessuna citazione, questa volta, perché Giochi di luce vive unicamente di illustrazioni, però ho scelto una frase della canzone dei Goldfrapp che apre la recensione di oggi che mi pare calzi a pennello (per non parlare del video eh...).

"Like I'm walking up surrounded by me". 


P.S. Ma i particolari dietro la copertina finale, uguali a quelli dietro alla copertina iniziale, ma questa volta un pochino colorati???

giovedì 19 maggio 2016

Mi arrendo, io non ce la faccio

(foto Brooke Cagle via Unsplash)

Vi ricordate di quando vi avevo parlato di The True Cost? Quel documentario mi aveva davvero colpita, l'avevo guardato due volte e due volte mi ero commossa, quasi fino alle lacrime. Mi ero ripromessa di cambiare i miei comportamenti di acquisto, di essere più consapevole, di mettercela tutta. 

Ecco, io ce l'ho messa (quasi) tutta, ma al momento non ce l'ho fatta. Guardo con grande ammirazione a Gaia Segattini e al suo grandissimo impegno in merito. Mi emoziono leggendo il post di Elena, perché ricordo quando abbiamo affrontato l'argomento insieme e mi piace pensare che i suoi buoni comportamenti siano nati un pochino anche dal mio post. 

Bene, vi ammiro tutte, voi che ce la fate. Io non ci riesco. E mi sento in colpa. E se lo dico a voce alta magari esorcizzo un po' questo cattivo sentimento che ho dentro di me. Perché ragazzi, dio mio, essere una consumatrice consapevole costa una gran fatica e non sempre ce la faccio. 

I miei buoni propositi, in quel post, erano i seguenti: dare via le cose che non uso più, comperare meno, smettere di paragonare tutti i prezzi a quelli di H&M, imparare a cucire, smettere di acquistare d'impulso. E diciamolo, sono in alto mare un po' su tutto. Non ho ancora liberato l'armadio, continuo a ragionare in termini di prezzo, ho smesso di andare a scuola di cucito, anche se spero di riprendere presto. 

Fortunatamente, su alcune cose vado meglio. Sto acquistando molto meno rispetto al passato e, soprattutto, ci penso su cento volte prima di comperare qualcosa. Ma l'altro giorno, presa da un gran bisogno di magliette basiche e canotte lunghe, mi sono rifugiata da H&M. Mi sentivo in colpa come uno che è appena andato dal dietologo e entra in pasticceria a fare scorta di bignè, mi sembrava che tutti mi guardassero e sapessero che io avevo scritto un post in materia, temevo che in qualsiasi momento si accendesse un faro su di me, sbugiardandomi senza pietà. Ma non è successo nulla e alla fine ho trovato quello che mi serviva, esattamente come lo volevo, al prezzo che volevo, senza dover perdere troppo tempo a cercare. 

Perché, diciamolo, dove cavolo le trovate le canotte e le magliette basiche ecologiche, bio e consapevoli? Se lo sapete, ditemelo, ché vivo in provincia e ho vicino solo centri commerciali. 

E poi m'è successa un'altra cosa, da quando ho scritto quel post. Ho smesso di mangiare carne, una decisione intorno alla quale giravo da tempo e che finalmente mi ha messo in pace con me stessa. Ora, il non mangiare carne mi impone la necessità di pormi il problema nel momento in cui acquisto borse, cinture o scarpe. Benissimo, nessun problema. Ma dove le trovo le cose in eco-pelle? Nelle grandi catene, soprattutto. No? 

E poi, se proprio vogliamo essere consapevoli, si apre tutto il capitolo dei cosmetici, perché se sto attenta a cosa mangio, compero nei negozi bio, vado al mercatino dei contadini, coltivo le cose nell'orto, cerco di non comperare cose in pelle, devo stare attenta al benessere di chi produce le cose che indosso, non devo far male al pianeta, beh, se sto attenta a tutto questo, non posso mica usare prodotti chimici per il mio viso e il mio corpo. Anche se con quei prodotti il mio corpo pare proprio trovarsi bene, eh. 

Bene, ecco tutto questo per dire che, se voi ci riuscite, vi prego fatemi sapere come fate. Io mi arrendo. Il senso di colpa mi uccide, ma lo sfinimento di più

giovedì 12 maggio 2016

Sono stata a Berlino e mi sono innamorata

(photo Dmitri Popov via Unsplash

Per la prima volta nella mia vita, sono stata in una città senza prepararmi minimamente prima. Mesi fa, sono venuta a conoscenza del Polyglot Gathering, una conferenza per nerd delle lingue che si tiene ogni anno a Berlino, ho prenotato albergo e volo e poi me ne sono scordata. Sapevo dell'evento, l'avevo segnato sull'agenda, ma l'ho lasciato lì da parte, travolta dal lavoro e dalle altre questioni della mia vita. 

Un po' per scaramanzia, un po' per mancanza di tempo, non ho comperato una guida né ho fatto la solita ricerca su internet per sapere dove andare, cosa fare, cosa vedere. Sapevo che avrei trascorso molto tempo al congresso e quindi non ho dato molta importanza al resto. E ho scoperto la grande magia di andare in un posto completamente impreparata

Giusto per capire, ero così impreparata che, sul treno dall'aeroporto, ho scoperto che in mezzo alla città scorreva il fiume e, grazie a un bambino che ha esclamato "Das Fernsehturm!", mi sono ricordata che ecco, insomma, c'era la torre della televisione (che poi uno proprio non può più scordarsela, perché ovunque si vada, lei c'è). Tutto questo per dire che, se ero partita con l'intenzione di lasciarmi sorprendere, il mio scopo era stato raggiunto in pieno

Va detto che, una volta sul posto, la mia amica Stefania ha gentilmente condiviso con me la sua guida, che mi ha permesso di capire un po' di più della citta in cui mi trovavo, impedendomi di andare in giro completamente inconsapevole. E grazie a quella piccola guida siamo riuscite, nei micro ritagli di tempo libero che avevamo, a farci un'idea della città. Che è bellissima, cosa sto qua a dirvelo che già lo saprete bene già da soli

Dentro di me, sapevo benissimo che la città mi sarebbe piaciuta. Sapevo che la città era bella e infatti, un po' come si fa con il vestito della domenica, me la tenevo da parte da anni per visitarla "al momento giusto". E, sempre come capita con il vestito buono che invecchia nell'armadio senza essere indossato, mi sono pentita di non esserci andata prima, di non aver colto l'occasione in passato. Ma vabbè, va bene così. 

Detto questo, colgo l'occasione per buttar lì una bella lista, ché è un sacco di tempo che non lo faccio e mi manca un po'. Quindi, drum roll please, ecco a voi le cose che mi sono piaciute di Berlino. Tutto. Lista finita. Facile, no? 

1. il quartiere di Friedrichshain e tutta la sua magia un po' hipster un po' post-comunista. Belli i negozietti, i localini, Karl-Marx-Allee e l'improvvisa sensazione di trovarsi in Russia

2. Prenzlauer Berg sul far della sera, con i ristoranti pieni e i negozi di design che avrei saccheggiato volentieri senza pietà

3. i ristoranti asiatici, in particolare Monsieur Vuong e Lemon Leaf. Io non mangio carne, ma nella patria della salsiccia non è un problema, perché ci sono favolosi ristoranti vietnamiti, che già mi mancano tantissimo

4. il traffico quasi assente, in centro città, perché tutti vanno in bici. Più di una volta, io e Stefania ci siamo dette che ci sembrava di stare a Milano in agosto (complice anche la temperatura fantastica che Berlino ci ha regalato in quei giorni)

5. il verde quasi ovunque e soprattutto lungo il fiume, dove la gente si gode ogni raggio di sole

6. l'impressione  - già a avuta a Monaco di Baviera - che i tedeschi sappiano come godersi la vita e abbiano capito quali siano le vere priorità 

7. la Fernsehturm, perché è bella e viene un gran bene in foto

[Se volete vedere qualche foto, la trovate qui]

E voi? Siete già stati a Berlino? Cosa vi piace di più? 

martedì 3 maggio 2016

Girl Tuesday: Florence Welch

Visto tutto l'amore che ho provato al concerto, qualche settimana fa, non potevo esimermi dal dedicare questa nuova puntata di #girltuesday a Florence Welch. Chiamatemi banale, noiosa, quello che volete, ho bisogno di dedicare un piccolo rituale d'amore a questa donna fantastica. 

Prima del concerto, mi piacevano un casino le sue canzoni, quelle di How Big, How Blue, How Beautiful su tutte. Mi piaceva lei, bell'aspetto, bel look, tutto perfetto. Non appena si sono spente le luci, quella sera al concerto, l'ammirazione si è trasformato in amore folle. Amore puro e vero. Me ne sono innamorata, giuro. E così è stato per tutte le altre migliaia di persone che erano lì. Mai, giuro, mai in un concerto ho sentito un flusso d'amore così potente tra pubblico e artista. 

Perché la amo? Perché ha dei favolosi, lunghi, setosi, meravigliosi capelli rossi. 


Perché la amo? Perché ha uno stile fantastico, alterna vestiti lunghi che le danno un'aria un po' hippie e un po' donna preraffaellita (sono di Gucci, lo so, lo so, così è tutto più facile) a completi maschili anni '70 e, ancora, a uno stile più contemporaneo e di tendenza.




Perché la amo? Perché sul palco dà tutta se stessa, senza risparmiarsi, senza freni. 


Perché ha un sorriso fantastico e una risata cristallina. 


Perchè ha il tatuaggio che vorrei io, dove lo vorrei io. E giuro che non lo sapevo. 


Perché una vocina flebile e sussurrante quando parla, che si trasforma in una potenza immane quando canta. 



Perché questa è casa sua, servono altre motivazioni?