mercoledì 30 luglio 2014

Mi piace quando Vero preme play

Buongiorno miei cari. Vero ci saluta, prima di andare in vacanza, con un post che parla proprio di vacanze, di incontri, di magie che capitano solo d'estate. E di Iggy Pop, ragazzi, mica uno qualsiasi! Buona lettura. 

Cara Cinzia, oggi ho ascoltato una canzone per strada e proprio come si vede nei film, sono stata trasportata nella dimensione dei ricordi, di quando basta anche solo un profumo a richiamare una storia. Qualche anno fa, ad Agosto, io e le mie amiche erasmus abbiamo attraversato la Puglia in un viaggio rigorosamente on the road dal Gargano al Salento. Andavamo in giro di spiaggia in spiaggia, da campeggio a campeggio, con i capelli pieni di sabbia e i visi cotti dal sole.


Ci fermammo, una sera all’ora di cena a Polignano e lì incontrammo un artista di strada che, con una chitarra, si fermò a canticchiare qualcosa con noi.
Subito dopo ricordo che ci chiese i nomi poi si girò verso di me e mi disse, con l’espressione Gatsbiana : “tu, i tipi come te li conosco, tu hai l’occhio selvaggio!”.
Questo episodio è uno di quelli che rivisitiamo spesso ogni volta che incontro le mie donne erasmus ed è un ricordo che mi è molto caro, legato ad un momento molto ricco di un anno molto intenso che ripeterei in loop, se solo fosse possibile.
E’ per questo che, ogni volta che Iggy Pop canta Wild Child, io sento un po’ che quella canzone sia anche per me.  Non lo dico io eh, lo ha detto il chitarrista a Polignano. 


Iggy Pop, è uno dei protagonisti della scena punk, rock, hard rock, glam rock degli anni ’70, leader degli Stooges, la sua amicizia e collaborazione con David Bowie è ormai  parte della leggenda.  Vi esorto nuovamente ad andarvi a guardare Velvet Goldmine, il film che si ispira a personaggi quali lo stesso David e Iggy in una rivisitazione di quelli che erano gli anni dell’ambiguità sessuale e del lustrino, gli anni del glam rock. Non finirò mai lodarne la colonna sonora.


Wild Child l’ho incontrata anche nelle scene iniziali di uno di quei film che ho amato: The Runaways. Il film narra la storia dell’omonimo gruppo musicale cult della seconda metà degli annni ’70 composto da giovanissime donzelle tra cui la splendida Joan Jett.
E’ una Kirsten Stuart giovanissima a vestire i panni di Joan e proprio all’inizio del film, nelle prime scene, la vediamo addentrarsi in un club con il sottofondo di questa canzone alludendo al fatto che anche lei, caro Iggy è una wild child.

Che poi diciamocelo, sotto sotto, siamo tutti degli wild ones.


lunedì 28 luglio 2014

Intervista a Chiara di L'enfant terrible Zazie

Quando ho scoperto le creazioni di L'enfant terrible Zazie, è stato letteralmente amore a prima vista. Mi ha colpito la particolarità delle creazioni, così diverse da tutto quello che avevo visto prima, e l'immaginario che le nutriva, così incredibilmente vicino al mio. Zazie è una linea di spille e collane realizzate assemblando pezzi vintage, ispirate a vecchie cartoline, immagini d'epoca e tutto un mondo magico fatto di circo, cosmonauti, fate e marinai. Morivo dalla voglia di intervistare la creatrice di tanta meraviglia, prima ancora del progetto per A little market, e sono davvero felice di averlo fatto. Eccovela! 


Ciao cara. Hai voglia di raccontarci qualcosa su di te?
Ciao, ti ringrazio per l'interesse nei confronti del progetto Zazie. Io sono Chiara, sono nata e vivo a Genova e da più di un anno ho scoperto questo mio interesse per i bijoux, che si fonde col mio desiderio di raccontare delle storie. Ogni pezzo, ogni serie che creo ne suggerisce una. O almeno questo mi propongo di fare. Mi piace l'idea di fare entrare le persone in un mondo ben preciso, che è il mio mondo. 

Chi è Zazie? Sei tu l’enfant terrible che dà il nome alla tua linea di bijoux?
Zazie è la bimba di “Zazie dans le metro”, il romanzo di Queneau. Ho scelto questo pseudonimo perché l'idea era quella di creare una linea di bijoux che fosse ironica, impertinente e giocosa allo stesso tempo. Una linea per bambine impertinenti di tutte le età.


Come è nata la tua passione per i bijoux? Hai altre passioni creative?
La mia passione per i bijoux è nata un po' per caso. Ho cominciato realizzando orecchini, ma era una dimensione che non mi apparteneva molto. Le collane rispondono alla mia volontà, come ho detto, di raccontare delle storie e mi piace comporle sulla catena, ciondolo dopo ciondolo, simbolo dopo simbolo. E' una sfida divertente e appassionante. Ho attraversato varie fasi creative. Il disegno, la fotografia, la grafica e poi sono approdata a Zazie, che raccoglie insieme un po' tutto. 

La cosa che più mi ha colpito dei tuoi bijoux è l’immaginario da cui nascono: vecchie foto e cartoline, il circo d’altri tempi, i cosmonauti, tutto un mondo vintage di grandissimo fascino. Come mai questo mondo d’una volta?  E quali altri elementi nutrono la tua creatività?
Il percorso è stato abbastanza naturale. Ho sempre avuto una grande passione per il vintage, i mercatini e le fiere. E ho sempre raccolto oggetti, i più curiosi, immagini d'epoca, mi sono sempre documentata sul loro uso, sullo sfondo in cui si collocavano. E quando ho deciso di cominciare ad esprimermi l'ho fatto a partire da questo. La mia creatività, comunque, si nutre un po' di tutto. Sono tante le cose che mi affascinano. 


Hai un sogno legato alla tua linea di bijoux? Cosa immagini per il suo futuro? 
Ho iniziato questo progetto come un gioco e come un bisogno di esprimermi. Da allora ho avuto parecchi riscontri, ma mi piacerebbe continuare a lavorare con lo stesso spirito. Non so bene come immaginare il mio futuro, per ora mi diverto e cerco di lasciarmi ispirare con semplicità.  

E infine, la domanda di rito: quali sono le tue creatrici preferite su A little market?
Ci sono tantissime creative bravissime su A little market. Rispondere a questa domanda è molto difficile. Provo a fare qualche nome ma ne rimarranno sicuramente fuori altri. Ci sono due creative genovesi come me che sono Le T – Artigianato Artistico e FG Bijoux, Passato di Baccelli,  Madebyeleonora con le sue collane coloratissime dipinte a mano, le ragazze di Cri Cri de coeur, Creoergosum-handmade e le stampe de La casa a pois. 


venerdì 25 luglio 2014

Wishlist del venerdì

Buon venerdì a tutti, amici cari. Come sta andando l'estate? Io avevo riposto decisamente troppe aspettative su questa stagione, senza dubbio ampiamente sopravvalutata, e sto cercando di affrontare degnamente questi giorni di freschino e piogge (almeno dove vivo io, ovvio). Comunque, cerco di non manifestare troppo il mio disappunto e programmo vacanze in posti caldi, cosa ci volete fare. Ma lasciamo perdere il meteo e passiamo alla wishlist del venerdì. Vi era mancata? Un pochino, pochino? A me sì! E quindi eccovela. Buona estate settembrina a tutti!

1. Sapete della mia passione per tutto il mondo vintage, giusto? Ormai ve ne ho parlato fino alla stra-nausea. Beh, non vi ho ancora detto che sogno da tempo di andare al Summer Jamboree a Senigallia, un festival dedicato alla cultura americana anni '50/'60. Ci sono concerti, feste in spiaggia, balli e, soprattutto, un mare di banchetti con robine da comperare...venite? Mi sento di poter dichiarare che ci divertiremmo un sacco. 


2. E se proprio non possiamo andare al Summer Jamboree, non sarebbe bellissimo passare qualche giorno in campeggio, lontano dal mondo, nel silenzio, cullati solo da grilli e uccellini, a leggere libri e a dormire al sole? Lo so, è un desiderio semplice, ma ogni estate non riesco a realizzarlo, perché l'estate passa troppo in fretta e c'è troppo, troppo da fare prima che fugga via (se mai arriverà, quest'anno). Comunque, prima o poi realizzerò questo desiderio e lo farò in grande stile, con una tenda come questa qui.



3. Come vi ha già raccontato Daria nel suo Tea for Two di lunedì, la nostra attuale ossessione è Jillian Lukiwiski e il suo blog The Noisy Plume. Jillian ci ha conquistate con il suo stile di vita semplice, la sua incredibile bellezza e il suo rapporto con la natura. Jillian vive in Idaho, in mezzo ai boschi, e passa il tempo libero a esplorare il circondario con i suoi cani, scattando foto meravigliose. Jillian crea gioielli meravigliosi e io ne vorrei (almeno) uno. Questo anello qui. 


mercoledì 23 luglio 2014

In viaggio con Michela: Moustiers

Buongiorno! Non sarebbe bellissimo correre in Provenza e godersi i profumi e la meraviglia di quella regione, che in estate dà il meglio di sè? Bene, ecco fatto, magari non potremo andarci di persona ma oggi ci pensa Michela a farci sognare, portandoci tra le stradine di uno dei più bei paesini della zona. Buon viaggio! 

Raccontare di Moustiers - Sainte Marie pochi giorni prima di tornare in Provenza mi emoziona e rende l'attesa ancora più trepidante.
Che poi questa volta sarà tutto diverso, il profumo della lavanda fiorita inebrierà l'aria e gli occhi si coloreranno di viola. 


Moustiers, a dire il vero, ha poco a che fare con la lavanda, è più vicina alla spiritualità, alle leggende e al silenzio dolce delle sue stradine. Moustiers risplende di luce propria e per me aveva rappresentato la porta d'ingresso sulla magica Provenza.

E' considerato uno dei più bei villaggi di Francia, arroccato tra due rupi rocciose alla fine della gola del Verdon, evoca un paesaggio da presepio. 


Immaginate un delizioso borgo con viuzze in salita, piazzette con fontane e lavatoi, casette in tinta pastello e persiane colorate, invitanti botteghe di faience, la celebre e delicata maiolica smaltata, che ha alle spalle una tradizione secolare. Si contano almeno venti botteghe artigianali dalle quali è impossibile uscire a mani vuote o non essere rapiti dai racconti dei maestri maiolicai. 

La bella Cappella di Notre Dame de Beauvoir è una piccola perla incastonata tra le alte falesie calcaree. Per raggiungerla si devono sfidare quasi trecento scalini di un ripido sentiero, ma si è ripagati da una vista mozzafiato sui tetti di Moustiers. Da lassù lo sguardo corre anche oltre, fino a scorgere il lago di Saint Croix. 


Il villaggio di Moustiers è diviso in due parti da un torrente ed una grande stella dorata tiene unite le due metà. Secondo la leggenda si tratta di un ex voto dedicato alla Vergine Maria, issato per volontà del Cavaliere di Blacas, che, fatto prigioniero durante le crociate, aveva promesso di sospendere l'astro fra le due pareti di roccia, qualora fosse sopravvissuto. Esistono numerose versioni sulla sua origine, alcune evocano storie d'amore, altre di Re Magi, ma nessuna ancora oggi è stata confermata. L'assoluto mistero aleggia attorno alla stella, alla sua origine ed al suo significato. 

Venerdì Moustiers mi attende, nel giorno di mercato, con le sue bancherelle colorate ed i meravigliosi e invitanti prodotti locali. W la France! 


Buon mercoledì e ....buona estate!

lunedì 21 luglio 2014

Tea for Two

Io e Daria ci siamo innamorate. Leggete e scoprite di chi. E vi dico con assoluta certezza che vi innamorerete anche voi, se non lo siete già. 

Non ricordo se ho già usato questo pezzo come sottofondo, ma si accompagna così bene alle riflessioni che sto per farvi, che ve lo (ri)propongo.


Ed è nel desiderio di bellezza che profuma questo periodo della mia vita che la Queen scopre e ci regala The Noisy Plume. Incantata da questo blog corro a vedere la pagina Flickr. Amore folle a prima vista
Immagini di vita a due da sogno, vita semplice, casetta nel bosco e natura onnipotente e incontaminata. Montagna, tanta montagna, boschi canadesi a perdita d’occhio.
Il tutto con un tocco fashion della padrona di casa che mescola gusto sopraffino per abiti e gingilli (creati da lei stessa) a mani bellissime e unghie che sprofondano nella terra e nei lavoretti manuali.
Lei si chiama Jillian e io e la Queen abbiamo deciso che è la nostra migliore amica.


L’altra sera in birreria racconto a Crösa di lei e Robert, il suo compagno, e di tutto quello che ho ricostruito guardando le foto. Gli descrivo questa vita semplice e favolosa, sognando a occhi aperti, gli dico che in fondo si potrebbe provare a circondarsi di bellezza di quel tipo anche qui, per esempio costruendosi le cose da soli. 
“La libreria, Crösa, è bellissima, scaffali di legno tenuti su da blocchi di cemento, poi ci metti due piantine, qualche libro et voilà, alla faccia dell’Ikea capisci?”
Crösa beve e mi guarda e ride: “e facciamo ‘sta libreria. Anzi, fai che decidere come la vuoi e Crösa poi la fa. Ma di cosa vivono? Cosa mangiano?”
“Uova, Crösa, mangiano un sacco di uova. Ci sono un sacco di foto di uova, ma vedessi che belle!”
“Uova - dice lui, lentamente e reggendo il boccale -  Uova. Cosa c’è di meglio di un bell’uovo dopo essermi sparato una giornata in fabbrica?”. Ride Crösa e mi chiede: “Adesso facciamoci la domanda fondamentale. Di che cosa vivono questi due? Lavorano? O almeno lui, lavora?”
Panico. Scrivo alla Queen che mi rassicura subito.
“Sì! Lui fa il vigile del fuoco e spesso va in trasferta in California. Poi lui torna a casa e lei lo aspetta in questa casetta che sa di fiaba, col divano con sopra una coperta di lana fatta a mano”.
Per Crösa è troppo, posa il boccale sul tavolo: “Eh no, cazzo, la coperta di lana no. Mi fa tristezza.”
“Va bene, va bene, niente coperta di lana allora - pausa - Però la casa è proprio carina, tra gli alberi, con un Airstream parcheggiato davanti a casa”. 
“Un Airstream. Roba da yankee”.


Ormai sa che seguo Jillian. Così stasera, parlando di case, Crösa mi dice con tenerezza: “Senti, facciamo così. Andiamo a vivere in Canada. Anzi ci portiamo anche la Queen e Gabriele. Io e lui facciamo i vigili del fuoco, che sarà comunque meglio della merda che si mangia qua, voi due ve la contate tutto il giorno, sul divano con la copertina di lana colorata (almeno che sia colorata, mi raccomando, se no fa proprio vecchio), vi fate il tè, andate a farvi delle camminate in montagna, nel weekend andiamo a camminare tutti insieme, ci ingozziamo di uova e viviamo tranquilli”.
A me, tra l’altro, le uova piacciono un casino.


giovedì 17 luglio 2014

Intervista a Sara di S*Art Lab

Posso dirlo a voce alta? Questo progetto per A little market mi piace tantissimo! Mi diverto un mondo a intervistare le mie creatrici preferite, scopro mondi nuovi e la mia wishlist si sta allungando a dismisura. Oggi è la volta di Sara di S*Art Lab, un laboratorio di sartoria delicatissimo, che mi ha fatto innamorare alla follia con il vestito che vedete qui sotto. E la gonna? E gli orecchini? Amore, amore, amore! Ma sentiamo cos'ha da raccontarci Sara! 


Ciao! Avresti voglia di cominciare quest’intervista raccontandoci qualcosa di te?
Ciao! Mi chiamo Sara, ho 29 anni e  vivo a Milano. Sono  la creatrice di S*Art Lab: un progetto di sartoria creativa e artigianato che nasce dalla mia passione per il cucito e per la personalizzazione della moda. 

Nel tuo negozio su A little market ci sono abiti (quello a righe mi ha conquistato il cuore) e bigiotteria. Com’è nato il tuo amore per la sartoria e l’handmade? 
Ho iniziato un po’ per gioco nel 2009, spinta dalla voglia di creare abiti unici e originali capaci di interpretare l'umore e soddisfare i capricci di ognuna di noi. Per questo motivo chiamo per nome ogni mia creazione: perché ogni donna è un abito e ogni abito è un'emozione. Questa è un po’ la mia filosofia… Ognuno dei capi che realizzo ha una sua piccola suggestiva storia: nasce per esaltare la femminilità nelle sue infinite espressioni di colore, forma e bellezza. Realizzo così tanti pezzi unici eleganti, chic o pret-à-porter adatti ad accompagnarci nelle avventure di tutti i giorni. 
Tutti i prodotti sono interamente creati da me: dal disegno alla confezione. In questo processo la ricerca dei materiali è fondamentale ed accurata: quando un tessuto mi piace riesco subito ad  immaginare l’abito che ne potrebbe nascere. 



Da dove nascono le idee per le tue creazioni? Quali sono le tue principali ispirazioni?
Amo molto il vintage sia per lo studio dei modelli che per la resa che hanno i materiali originali una volta utilizzati. 
La storia della moda è piena di spunti creativi, ci propone milioni di modelli che hanno saputo esaltare favolosamente la femminilità nel corso dei decenni, rimanendo ancora oggi dei must have. 

Hai un’icona di stile? 
Ovviamente si! Amo lo stile classico e raffinato di Audrey Hepburn. Mi ispiro molto alle varie personalità di donna che ha saputo impersonare sempre con grandissima eleganza: dalla ribelle principessa Anna di Vacanze romane, alla frivola Holly di Colazione da Tiffany o alla buffa Eliza di My Fair Lady.


Fai la sarta di professione? Se sì, ci racconti qualcosa in più sul tuo lavoro? Altrimenti, ti piacerebbe esserlo? Hai qualche sogno nel cassetto in proposito?
Amo molto cucire ma purtroppo non è la mia unica occupazione perché, per ora, non riesco a vivere solo di questo. Mai dire mai però! Chissà che un giorno non riesca davvero a fare la sarta di professione! Sogno una piccola bottega, magari tra le mura di Lucca, con tanti rotoli di tessuto colorati nel retro e i mie modellini appesi  in vetrina.

E infine, la domanda di rito: quali sono le tue creatrici preferite su A little market?
Una delle mie creatrici preferite di A little market è Valentina di Le Shabby Chat. Crea oggetti romanticissimi! Amo lo stile shabby e i colori pastello… Inoltre abbiamo una grande passione in comune: i gatti. 


martedì 15 luglio 2014

Frida

Credo che non ve lo ricordiate, ma tempo fa vi avevo promesso un post sulla mostra di Frida Kahlo. È da marzo che provo a scriverlo, senza riuscirci. Una volta mi sento troppo stanca, una volta non mi sono abbastanza ispirata, una volta fa troppo caldo, freddo, ho mal di testa, piove, nevica, c’è il sole. Insomma, pare non essere mai il momento giusto. In realtà, il motivo è che non mi sento all’altezza di scrivere di Frida. Come si fa a scrivere di questa donna così immensa? Così ispirante, elevata, magica? La sua grandezza è tale che le parole non sembrano adeguate. Oggi ci provo, ma come spesso mi capita, verrà fuori un post completamente diverso da quello che vorrei. Perdonatemi. L'amore annebbia la testa. 


Rincorro Frida da tempo, almeno dal lontano 2004, quando ho affrontato un caldo allucinante e la maledizione di Montezuma per andare a vedere casa sua. Era la mia prima volta in Messico, Città del Messico era un inferno di caldo e stordimento per via dell’altitudine e avevo passato i primi due giorni della vacanza chiusa in albergo a fare i conti con il succitato Montezuma. Ma non potevo lasciare la città senza vedere la Casa Azul. E così sono salita sulla metropolitana più colma e soffocante che abbia mai sperimentato, mi sono diretta a Coyoacan e, non senza star male ancora una volta prima di entrare, ho varcato la soglia della casa di Frida. 


Credo che le persone religiose provino sentimenti simili quando visitano certe chiese oppure rendono omaggio ai santi a cui sono devoti. Il senso di gratitudine e di emozione che ho provato in quel momento penso possa essere paragonabile unicamente a certe esperienze mistiche. O alla felicità che provo a un concerto rock (sono blasfema, lo so, ma non lo faccio davvero apposta). Comunque, quando ho visto il letto di Frida, con sopra lo specchio che lei usava per dipingere se stessa, ho provato una commozione e un dolore difficili da descrivere. Il pensiero di mesi di sofferenza, di dolore fisico così intenso da stordire, dell’obbligo di vedere l’orizzonte nei propri occhi, mi ha abbattuta. E ha aumentato il mio amore.  



Quando sono stata in Messico non ho avuto modo di vedere molti quadri di Frida. Nella casa ve n’erano pochi e ricordo che una parte del museo era chiusa. Quindi, quando si è aperta la mostra a Roma, sono corsa da lei. In realtà, non l'ho fatto tanto per i quadri, ovviamente meravigliosi, ma perché avevo letto che erano in esposizione moltissime foto e non potevo proprio perdermele. E lì, nella mostra, ho ritrovato quella sensazione provata in Messico anni fa. Stavo guardando uno schizzo intitolato Por Mi Manolo, in cui Frida descrive l’esperienza del proprio aborto. Rivoli di sangue scorrono dalla vagina e dal cuore. E ancora una volta ho provato un dolore profondo, come se la sua sofferenza fosse anche la mia.


E nel guardare quel quadro, provando così tanto dolore, ho ripensato a questo articolo in cui Conchita De Gregorio, riflette sul perché, delle tante donne dell’epoca, proprio Frida Kahlo sia diventata un’icona mondiale e perché sia un simbolo soprattutto per le donne. Io credo si tratti soprattutto di solidarietà femminile. Solo le donne sanno essere così  profondamente solidali verso il dolore di un’altra donna. Per gli uomini Frida Kahlo è una donna baffuta vestita in maniera colorata, per le donne Frida è una donna che soffre ed è impossibile non amarla, sentirla vicina, solidarizzare con lei. Questo è quello che ha trasformato Frida in un’icona, il non aver avuto pudore, ma l'aver condiviso il proprio dolore con grande sincerità, facendolo diventare il dolore di tutti, anzi di tutte. Questa è la vera arte di Frida, quello che permea i suoi quadri, il suo volto, la sua vita, ed è questo il motivo che la rende così diversa da qualsiasi altra artista. È questo che la rende Frida.  Ed è per questo che le voglio così bene. 

mercoledì 9 luglio 2014

Le cose belle del mese: giugno


Dopo aver saltato il mese di maggio, non perché non ci fossero state cose belle, ma solo perché la mia testa malata s'è ricordata del post ormai a giugno inoltrato, eccomi qui nuovamente con le cose belle del mese. Sapevo che questo appuntamento vi mancava da morire, riuscivo quasi a percepire la vostra tristezza e quindi mi son detta che dovevo assolutamente tornare. Scemate a parte, eccomi di nuovo qui. L'ennesimo elenco, le ennesime cose belle del mese. (Che poi non sono mica tante, ma molto sentite).

Le Swedish Hasbeens
Ci si può innamorare di un paio di scarpe? Certo che sì. Ovviamente sì, ma cosa sto qui a dire. Io però ho sempre avuto una certa propensione a innamorarmi delle borse, più che delle scarpe. Finché non ho conosciuto loro, questi favolosi sandali di legno stile "la bella lavanderina", che mi hanno preso il cuore per non lasciarlo più. 

L'orto botanico di Padova
Come saprà chi mi segue su facebook e/o instagram, a fine giugno sono stata qualche giorno a Padova al seguito di mio marito, che si trovava lì per lavoro. Era la mia prima volta in quella città e mi è piaciuta tantissimo. C'è luogo in particolare che mi ha conquistata e si tratta dell'orto botanico. Ci sono andata una mattina presto, faceva fresco e mi sono goduta la meraviglia di quel luogo incantato. Credo di aver letto ogni etichetta, fotografato ogni fiore, vagato con la mente seguendo le suggestioni evocate da piante esotiche e luoghi lontani. Tutto questo in un luogo silenzioso e magicamente sospeso nel tempo. 

Il concerto degli Arcade Fire
Su questa storia del concerto degli Arcade Fire l'ho fatta andare anche troppo a lungo, vero? Però, che vi devo dire, quando provate un'emozione così grande non avete voglia di urlarlo al mondo? Quel concerto l'ho aspettato per sei lunghi mesi e, quando è arrivato, mi scoppiava il cuore dalla felicità. 

I prodotti per capelli della Davines
Risolta da tempo la questione occhiali, uno dei miei crucci più grandi rimane quello dei capelli. Hanno mille problemi, vivono di vita propria, non fanno mai quello che vorrei. E' come se non fossero miei, come se passassero sulla mia testa per caso e non si trovassero a proprio agio. Grazie a Riccio Capriccio, però, ho scoperto i prodotti della Davines, che hanno cambiato le cose. I miei capelli rimangono sempre dei gran maleducati, ma almeno si sono calmati un po'. E poi gli shampoo hanno un profumo così bbbbuono...

Lo spritz (di Padova)
La cosa che più mi è piaciuta di Padova è la sua vitalità. La gente esce, sta fuori, chiacchiera, se la gode. Mi piace il fatto che ci siano mille piazze. E mille bar. Tutti pieni. Mi piace il rito dell'aperitivo, alle sette tutti seduti faccia al sole a bersi uno spritz. E dopo aver bevuto lo spritz a Padova, bello ricco e corposo, rigorosamente servito nel bicchiere appropriato (altro che nel calice, ma dai), tutti gli altri mi sembreranno delle timide bevande annacquate. 

Il progetto 100happydays 
Come sapete, sono una grande fan dei progetti fotografici e simili, che inizio con grande entusiasmo per poi lasciarli a metà, maledicendomi e dandomi dell'inconcludente. Questo, incredibilmente, sono riuscita a portarlo a termine. A modo mio, senza pubblicare una foto al giorno come avrebbe richiesto il progetto, perché a volte non è che proprio tutti i giorni ci sia un motivo per essere felici. Oppure i motivi sono sempre gli stessi e li hai già fotografati più volte. Oppure perché spesso la felicità non è fotografabile. Ma va bene così, no?

La mia seconda #myselfie
Conoscete Faccio e Disfo Handmade e le sue #myselfie, vero? Io ne avevo ordinata una tanto tempo fa e mi è piaciuta così tanto che non ho resistito: lo scorso mese è arrivata la seconda, meravigliosa ragazzina da portare al collo. Con la maglietta degli Smiths, realizzata con una precisione emozionante. Uno dei miei gioielli più preziosi, davvero. 

lunedì 7 luglio 2014

La mia vita e i mondiali di calcio


Michele Serra, in un articolo di qualche giorno fa su Vanity Fair, sosteneva che la vita di ciascuno di noi potrebbe essere scandita dai mondiali di calcio: arrivano ogni quattro anni, ci colgono in momenti molto diversi e, come istantanee inaspettate, ci fotografano lungo il nostro percorso di vita. Questa riflessione mi ha stuzzicata e ho deciso anch'io (che si sa sono piuttosto egocentrica) di ripercorrere la mia vita seguendo le tappe dei mondiali. 

I primi mondiali di cui ho ricordo sono quelli del 1982. Ho iniziato alla grande, non c'è che dire. La Cinzia che ha vissuto quei mondiali era una bambina incredibilmente felice, in campeggio in Gargano con famiglia e amici. Ogni anno, mio papà faceva tre settimane di ferie, che noi trascorrevamo per intero in tenda, qua e là per l'Italia. Tre settimane a piedi nudi, fatti di giochi nell'acqua fino al tramonto, rumore di cicale e fumetti da leggere nel primo pomeriggio, quando tutti dormivano. Credo che il mio infinito amore per l'estate risalga a quei momenti di paradiso. La Cinzia dell'epoca aveva un paio di zoccoletti di legno, una maglietta di Candy Candy tutta glitterata e non portava ancora gli occhiali. Delle partite non ricordo nulla, mio papà non era minimamente tifoso e non c'era la TV. Ricordo di aver ascoltato la finale alla radio, insieme al mio amichetto, che aveva scagliato il pallone al cielo al momento di un gol dell'Italia, chissà poi di chi. 

Dei mondiali del 1986 non ho praticamente nessun ricordo. Potrei ipotizzare che l'Italia non sia andata avanti molto, perché ricordo solo le partite di giugno, che mi infastidivano notevolmente perché in quel mese c'è la festa del patrono al mio paese, con giostre e musica, e le strade erano deserte. All'epoca facevo le medie e lo sport praticato con le mie amiche era mangiare gelati, macinare chilometri a vuoto e guardare i ragazzi più grandi. Di quelli del 1990 ricordo che ero in vacanza al Lago di Garda, insieme alla mia amica del cuore di sempre, che ora non mi saluta più per motivi a me ancora sconosciuti. Le partite le guardavamo al bar del campeggio ed eravamo sufficientemente sfrontate da tifare spudoratamente Argentina, durante la finale, circondate unicamente da tifosi tedeschi. 

Poi sono arrivati i mondiali del 1994. Brenda Walsh era la mia icona di stile, credevo di essere felice ma non mi rendevo conto di aver commesso due errori fondamentali: avevo scelto tedesco come seconda lingua all'università, che odiavo profondamente ma non avevo il coraggio di cambiare, ed ero appena tornata insieme a quello che sarebbe diventato il mio fidanzato "storico", per il quale ho rinunciato a troppe cose importanti senza esserne consapevole. Le partite le vedevamo alla birreria del mio paese e ricordo distintamente di aver visto più di una persona piangere al rigore mancato di Roberto Baggio. Quelle stesse persone che avevano il chiodo e i camperos e passavano le serate con il cofano della macchina aperto a sentire il motore. Robe di provincia.

Del 1998 non ho un singolo ricordo. Non stavo molto bene, credo. Ho pochi ricordi anche dei mondiali del 2002, erano quelli della Corea mi pare. Ricordo solo che in ufficio avevamo una radiolina che si sentiva malissimo e ci arrivavano echi di disfatte ingloriose. Io all'epoca avevo un lavoro che adoravo e colleghi amatissimi che rendevano le ore passate in ufficio un vero piacere. Avevo chiuso la mia famosa storia con il fidanzato "storico" e mi sentivo leggera. I mondiali del 2006, invece, me li ricordo benissimo. Sposati da poco, io e mio marito vivevamo in un condominio che avrebbe potuto tranquillamente essere l'ambientazione per un libro di Pennac. Stavamo per cambiare radicalmente la nostra vita e non so se, mentre guardavamo le partite seduti sul divano dei vicini, ne fossimo già consapevoli. La Cinzia di quell'anno era magrissima, non sapeva cucinare e non aveva ancora capito l'importanza della protezione 50. 

Ricordo pochissimo dei mondiali del 2010, siamo usciti piuttosto presto vero? E poi sono troppo vicini nel tempo, impossibile guardarsi indietro con sufficiente distacco. E che dire di questi del 2014? A parte la disfatta calcistica della nostra nazionale, mi risulta difficile fare un ritratto della Cinzia di oggi. Spero che, se dovessi fare questo gioco a distanza di anni, l'istantanea di questi tempi mi restituisca l'immagine di una Cinzia un po' in ansia, ma che ha finalmente trovato la propria strada e che ha saputo trovare il coraggio di vivere la vita che desidera. Una Cinzia che sta per festeggiare i dieci anni di matrimonio, ancora incredula della propria fortuna. Una Cinzia con qualche ruga, ma di quelle che vengono con il sole e i sorrisi. 

venerdì 4 luglio 2014

Wishlist del venerdì

Buongiorno e buon fine settimana, dudes. Pronti a surfare sull'oceano? Ah, non abitiamo in California? Mannaggia. Vabbé, io mi consolerò di questa triste realtà con una birra, un giro al mare (non oggi perché piove, meh) e qualche libro. Sempre la solita vita, uffa. Meno male che c'è la wishlist, va.

1. Vorrei tanto essere invitata a un matrimonio. Giuro. Io adoro i matrimoni, mi commuovo, mi diverto, sono felice. In passato, nella mia fase 'nu jeans e 'na maglietta, sono stata invitata a milioni di matrimoni, ai quali mi sono sempre presentata nella variante pantalone elegante e giacca. Ma dico, ora che sono tutta innamorata dei vestiti, tutta tulle, paillettes e fru fru, nessuno che pensi più a sposarsi? Forse perché mi presenterei con un vestito come quello qui sotto?


2. Come già vi ho raccontato nella scorsa wishlist (che dico sempre le stesse cose come i vecchi, ormai si sa), ho sistemato una stanza di casa adibendola a ufficio. Le pareti sono ormai troppo piene, ma vorrei tanto ancora lo spazio per un poster come quello nella foto qui sotto, dedicato alla mia città del cuore, e ovviamente trovato su Etsy. Tra l'altro non vi ho mai parlato (e di questo son sicura) dell'incredibile fascino esercitato su di me dai nomi dei luoghi: Timbuctù, Samarcanda, Tangeri, Veracruz, Murcia sono i miei preferiti. E voi, non sognate anche voi un luogo solo per via del suo nome?


3. Come tutte le estati, mi prende la voglia di campeggio, vita all'aria aperta, piedi nell'erba e salsicce grigliate. Sapete della mia passione per i camper Volkswagen, per gli Airstream (tra l'altro ho visto che su AirBnb si possono affittare, in California, eh vabbé, vai a guardare il capello) e per tutti i mezzi di locomozione un po' vintage. Quindi potevo non innamorarmi di C'mon Campers, un'impresa sarda che affitta vecchi pullmini Volkswagen rimessi a nuovo? Ad Alghero, tra l'altro. No, dico, quasi quasi...


mercoledì 2 luglio 2014

Mi piace quando Vero preme play

Ogni volta che leggo i post di Vero mi stupisco un po' di più. Buona parte delle canzoni che lei ha scelto in passato sono tra le mie preferite di sempre e le altre lo sono diventate in un attimo. Io e questa meravigliosa ragazza siamo in sintonia, non c'è che dire. Questa volta Vero ci regala un post su una delle canzoni più belle del mondo e la mia preferita degli Stones. Ma vi lascio alle sue parole, perché lei sa raccontarvela molto meglio di me. 

Il Concerto dei Rolling Stones è stato uno dei miei grandi propositi del nuovo anno e uno dei primi a diventare realtà.
Il mio proposito di quest’anno è stato solo uno: mi sono imposta una partecipazione ad almeno un grande concerto. Quando il mio amico Marco mi ha confermato che i Rolling Stones sarebbero approdati in questa ridente penisola mi sono detta che era la volta buona. Mi sono armata di pazienza e ho stalkerato e convinto anche la mia amica Giulia a partecipare all’impresa. Il 19 Marzo i telefoni cellulari squillavano freneticamente: “prendo un biglietto anche per te?” “ce li hai i soldi?” “a te serve il biglietto?”.


Tutto questo per dirti che, cara Cinzia, oggi parliamo di una canzone che i Rolling Stones  non hanno suonato al concerto e che è stata l’unica cosa che rimprovero loro –se proprio devo farlo- una canzone a cui sono particolarmente legata e che amano un po’ tutti: Wild Horses.
Questa canzone, che già frequentava la mia vita, ne è diventata parte integrante una notte estiva del 2009.


Tre amiche, un divano e MTV. Proprio dopo la Torrini (roccotoccobombom) arriva Mick Jagger. Io, che ve lo dico a fare, sono sempre innamorata nei miei ricordi.  Credo che non ci sia un giorno della mia vita dove non provassi amore per qualcuno o qualcosa. Le canzoni funzionano meglio quando si sente, nel senso inglese del termine. Wild Horses avrei voluto averla scritta io, che sono modesta. Non si sa bene se la canzone fosse stata dedicata da Keith Richards a una donna col quale aveva interrotto una relazione o al figlio che ha perso mentre lui era in trasferta.


Fatto sta che, tralasciando le vicissitudini personali di Keith, questa canzone calza a pennello per ogni momento di dolore del cuore. Motivo per cui, sia se l’amore trabocca ed è soggetto ad un compiacente re-fill oppure se il sentimento non è ricambiato, questa canzone fa comunque bene. E’ un balsamo per le sensazioni, la sabbia sotto i piedi quando è sera e non c’è nessuno in spiaggia, è l’amica che ti sta vicina sul divano e non ti parla ma c’è.
Insomma, si, ce la ascoltiamo?

martedì 1 luglio 2014

Il secondo momento migliore - Valentina Camerini


Quando ho cominciato il libro di Valentina Camerini pensavo di leggere un libro sull’adolescenza. Ho scelto il suo libro perché mi avevano colpito, su Twitter, alcune immagini che lei faceva girare per pubblicizzarlo: tre ragazzi sorridenti seduti su una spiaggia, avvolti da una copertina arancione, accompagnati da citazioni di canzoni famose. Quelle foto, quei volti allegri, mi avevano fatto credere che si trattasse di un libro leggero e divertente, tutto incentrato sulle avventure di un gruppo di liceali spensierati, e l’ho acquistato pensando a una lettura da portarmi al mare, senza dover riflettere troppo. 

In effetti, per un bel po’, il libro è un racconto lieve di storie adolescenziali. Il protagonista del romanzo, Alberto Kaufmann, è un diciassettenne un po’ sfigato che diventa improvvisamente popolare perché cade rovinosamente mentre tenta di scrivere sui muri della scuola la sua dichiarazione d’amore per la bella Virginia, che ovviamente non se lo fila per niente. La storia prende avvio da questo episodio e, per un bel po’ di pagine, è davvero la cronaca della vita di un gruppo di ragazzini: risse, canne, concerti, pub scalcinati, troppe birre, motorini rumorosi, amori non ricambiati, primi baci che fanno tremare le gambe, studio, esami, allegria, incoscienza, ma anche difficoltà e i primi momenti di confronto con la vita vera, il mondo degli adulti, i problemi.  L’estate eterna della maturità, la scoperta del mondo, la voglia di viaggiare, l’interrogarsi sul futuro, un’adolescenza descritta così magistralmente che sembra quasi di tornarci, a quegli anni così intensi. 

Poi il romanzo, piano piano, cambia. I protagonisti proseguono con la loro vita, fanno scelte incredibilmente responsabili, si incanalano nella quotidianità. Nel leggere di Alberto e della fidanzata, della loro vita così lineare e quasi borghese, mi chiedevo: “Ma cosa mi sta dicendo la scrittrice? Dove vuole portarmi? Dove vuole portare i suoi personaggi?”. Non capivo quale fosse lo scopo, perché avesse fatto sì che la storia prendesse una piega del genere. 

È bastato voltar pagina per l’ennesima volta per capire tutto. Improvvisamente, sul finire del romanzo, ogni cosa prende il proprio posto, i pianeti si allineano e si capisce tutto. Questo non è un romanzo sull’adolescenza, non solo. Questo è un magistrale inno alla vita, un romanzo che occorrerebbe leggere e rileggere spesso, perché contiene un insegnamento fondamentale. Altro che romanzo leggero, come mi aspettavo io, si tratta di un libro che ti mette a confronto con te stessa e con le scelte che hai fatto nel corso degli anni. Perché questo libro, con seria lievità, ti ricorda che la vita è un miracolo e, in quanto tale, non va sprecata facendo cose nelle quali non si crede. La vita è una cosa così preziosa che esige rispetto. E tale rispetto lo si manifesta chiedendo a se stessi chi si è e cosa si vuole fare, più di ogni cosa, in questo attimo che è la nostra vita. 

Se avessi letto questo libro a vent’anni, mi sarei detta: “beh, ovvio, certo che vivrò la mia vita così. Alla massima velocità, godendo ogni attimo, mica me lo devi dire tu, cara scrittrice. Mi dici cose che già so”. Ma questo libro l’ho letto a quarant’anni e, nel rifletterci su, ho capito di essere grata a me stessa per averli saputi seguire, quegli insegnamenti, perché non è così facile. Certo non vivo la vita come pensavo l’avrei vissuta a vent’anni, mica si può diventare tutti ribelli giramondo, ma sono felice di sapermi fare certe domande. Perché basta un attimo e la vita ti incasella: lavoro, famiglia, matrimonio, mutuo, figli, pensione. Una serie di tappe che la società ti impone e che, se non stai attento, ti trovi a percorrere senza chiederti se tali tappe abbiano davvero un senso per te. 

Quindi concludo questo lunghissimo post ringraziando Valentina per questo libro leggero e potente, allegro e serio come pochi. Un libro che mi ha spinta a riflettere e che mi ha fatto scrivere di getto queste parole, cosa che non capita spesso. Un libro che mi ha commossa profondamente, e anche questo capita raramente. Grazie per avermi riportata all’adolescenza, grazie di avermi fatto rivivere gli anni dell’università, grazie del colpo di scena finale, grazie di avermi fatto fermare un attimo a pensare alla mia vita e alla felicità. Grazie. Adesso corro a rileggerlo, per godermelo ancora un po'.