venerdì 28 febbraio 2014

Wishlist del venerdì

Eccomi tornata con la wishlist del venerdì! Non so se sia la primavera, ma ho materiale per almeno cento liste dei desideri. Riempio pagine e pagine di quaderno di idee, le mie bacheche su Pinterest traboccano di cose belle, insomma praticamente mi innamoro di ogni cosa che vedo. Sì, credo sia proprio la primavera. E forse il fatto che mi sono imposta di risparmiare ancora di più di quello che faccio normalmente. Ma sognare è gratis, ringraziando il cielo, e la wishlist del venerdì è qui per questo. Ecco i miei desideri di oggi, anzi di stamattina, ché magari oggi pomeriggio se ne aggiungono già di nuovi...

1. Piano, piano, lentamente arriva la primavera. La si sente nell'aria, c'è quel profumo strano che non sai bene definire, perché non è ancora profumo di fiori, non sai bene cosa sia, ma arriva tutti gli anni verso fine febbraio e sai che è il primo passo, che basta avere ancora un po' di pazienza e poi tornerà il tepore, la luce chiara del tardo pomeriggio, la voglia di non tornare a casa mai. La primavera mette voglia di star fuori, voglia di prati su cui camminare e primule da raccogliere come quando eravamo piccole. E come sempre, ogni primavera, mi torna la voglia di avere una casettina in campagna (manco vivessi a New York, eh), ma piccola, piccola, un luogo dove rifugiarsi nei fine settimana, dove fuggire da tutto e da tutti. E quando ho visto questa casa qui, su Apartment Therapy, ho capito che era la concretizzazione di tutti i miei sogni. Tra l'altro, se volete sognare di capanne in mezzo ai boschi, potete farlo qui


2. Quali sono due delle grandi passioni della mia vita? La musica e i libri, of course. Bene, se questi due miei grandi amori si fondono in una cosa sola, posso non impazzire e farmi venire gli occhi a cuore come l'emoticon di What's App? Se poi a questi due elementi si aggiungono anche delle storie d'amore, beh...ciao proprio. Non fosse che mi sono imposta l'astinenza dall'acquisto di libri con il 10 books project, lo avrei già nelle mie mani, questo libro. Ma devo aspettare, ahimé. Ah, di che libro sto parlando? Si tratta di Rock in Love, un libro che racconta le storie d'amore delle star del rock. Non posso proprio vivere senza, mannaggia. Eh, non posso comperarlo, ma qualcuno potrebbe sempre regalarmelo, no? Eh, su dai. (Tra l'altro vogliamo parlare della copertina? Ma quanto è bella?). 


3. E poi, sempre per rimanere in tema di libri, ho scoperto questo negozio su Etsy che vende candele al profumo di old books, bookstore, Oxford library e così via. Ce n'è anche una al profumo dello studio di Sherlock Holmes...vi rendete conto? Una delle cose più hipster che abbia scovato recentemente, ma anche una figata pazzesca. Io devo avere una di queste candele, perché questi sono dei geni. Geni veri. Se questa cosa vi ha fatto innamorare come è successo a me, potete seguire questi due ragazzi e il loro negozio, che si chiama Frostbeard Studio, su Facebook e sul loro blog



mercoledì 26 febbraio 2014

Mi piace quando Vero preme play

Torna Vero di Mipiacequandopensi e ci racconta di come l'amore adolescenziale ti faccia cambiare gusti musicali e, nel giro di un pomeriggio, ti faccia passare da Luca Carboni agli Smiths, nel mio caso, o dai Tiromancino ai Clash, nel suo. Basta una canzone e non sei più la stessa, guardi quella che eri - solo il giorno prima - e non la riconosci più, perché sei già lontana, con la velocità dei quindici anni, proiettata verso un mondo tutto nuovo. Ah, la magia dell'adolescenza. 

Oh, Cindy, oggi ti voglio raccontare una storia che viene da lontano.

Hai presente quei film ambientati negli anni ’80 dove si vedono dei ragazzini liceali in preda a uno dei più violenti attacchi ormonali della loro vita –si, sto pensando a Pretty in Pink, lo stai facendo anche tu?
Ecco, questa cosa mi ha fatto tornare in mente quel ragazzetto del liceo che ognuno ha nascosto nel suo bagaglio emozionale, l’amore platonico per eccellenza – io, l’avete capito, parlo sempre di cotte-.


Il mio aveva un nome bellissimo –e lo ha tutt’ora- ma io lo chiamavo Il Fantastico. Aveva gli occhi blu come il cielo di Settembre e la toppa dei Clash cucita sui jeans.
Fu così che Veronica, 15 anni, capelli neri lunghi e indomabili, con un debole per i Tiromancino, si tuffò nell’Inghilterra degli anni ’70 – ‘80 in un pomeriggio solo, scaricandosi la discografia completa dei Clash, questi sconosciuti  fondatori del punk rock, autori di pezzi immortali e liriche portatrici di messaggi a carattere politico per lo più
Joe Strummer era scomparso da poco e io, con un tempismo perfetto, lo stavo cominciando a conoscere. 


Mi feci coraggio ed entrai nella band della scuola dove suonava il Fantastico. Dopo aver acquisito la posizione di front-girl (aka Gwen Stefani dei poveri) scelsi anche il nome del gruppo (Sybil Vane, che ve lo dico a fare, Oscar Wilde è sempre stato uno dei miei compagni d’acchiappo preferiti) e arrivammo secondi al concorso di fine anno tra le scuole della mia città vincendo una somma in euro destinata all’acquisto di strumenti musicali per la scuola.  

Riguardo al Fantastico, che nel frattempo dai Clash era passato a Miles Davis, ero finalmente riuscita ad entrare nel suo campo visivo – e anche a salire sul suo motorino. 
Furono sempre i Clash ad avvicinarmi a una ragazza che da ormai più di un decennio fa parte della mia vita dimostrando che c’è sempre la musica dietro le grandi amicizie.


La nostra preferita era Brand New Cadillac, che originariamente era di Vine Taylor. Potrei farvi una lista di canzoni che meritano di essere ascoltate come la leggendaria London Calling, per esempio. Ma qui si tratta di fare le scelte del cuore e se mi tocca scegliere, allora io voglio Rock the Casbah (singolo che trovate all’interno dell’album Combat Rock, lo stesso di Should I stay or should I go), che è anche uno dei brani più famosi dei Clash e  che fa capolino tra le scene di uno dei nostri film preferiti: The Royal Tenenbaums.

Che dici, Cinzia, premiamo Play?


lunedì 24 febbraio 2014

Tea for Two

Buon inizio di settimana a tutti. Non potrà che essere bellissima, c'è Daria e il suo Tea for Two.

Capita che, davanti a un bicchiere di vino con la cugina, mi trovi a citare il Crösa quando, dopo aver visitato i Fori, il Colosseo, la Cappella Sistina e le altre meraviglie, mi disse: “Che peccato. Potevamo dominare il mondo”.
Capita così che quegli stessi discorsi fatti con la cugina siano stati portati da Crozza a Sanremo. 
“Urca, siamo in tanti a pensarla così, allora, mica solo io e la cugina un po’ ‘mbriache”. 
Perché a volte ho l’impressione che ce ne siamo dimenticati.
A volte ci scordiamo che nasciamo dalla bellezza e con la bellezza siamo cresciuti. 

Capita che, davanti a un bicchiere con la cugina, mi scappino anche cose un po’ becere tipo: “ma sì, gli americani. Quando abbiamo scoperto l’America, erano già all’incirca un paio di secoli che Dante si teneva la Divina Commedia nel cassetto del comodino” con la cugina che annuisce con quella sua espressione alla “c’hai raggione cuggì, c’hai proprio raggione”.

Ed è così che per salvare l’America, quella che ha una storia, quella antica, ci spostiamo verso Sud (ci perdonino gli indiani, di loro parleremo la prossima volta) scivolando sulle civiltà antiche, sui Maya, con la cugina che mi racconta del suo meraviglioso viaggio di nozze in Messico, di Uxmal, di Chichén Itzá e del serpente di luce che, con l’equinozio, si proietta dalla sommità della piramide. 
Io: “Nooo, davvero?” e giù un altro sorsetto. “Continua, continua”.


Questa foto è del Pigher, massimo esperto Maya. Date un’occhiata anche alle altre, nell’attesa che ve lo presenti nel Tea For Two.

Io e la cugina abbiamo lo stesso trasporto verso tutto quanto sa di mistero, per cui inutile dire che si finisce pure a parlare di forme di vita extraterrestre che possono essere entrate in contatto con le civiltà antiche, discorso che col vino si accompagna benissimo, vi assicuro.

“In fondo, perché non potrebbe essere vero? Non abbiamo prove che dimostrino il contrario e sarebbe pure presuntuoso credere di essere gli unici nell’universo” “Ma infatti” mi risponde la cugina mentre ha già la testa piegata sul telefono alla ricerca di informazioni a riguardo, su internet: “Allora, ascolta, ti leggo questa”. 

E mentre legge, tutte e due abbiamo gli stessi occhi spalancati e la faccetta seria seria di quando, bambine, ci infilavamo nello stesso lettino alla sera perché io avevo paura ma volevo lo stesso ascoltare i suoi racconti del terrore e ne sapeva tantissimi in quanto stava sveglia fino a tardi a leggere libri o a guardare film dell’orrore. 

Era piccola e morbida, ma non aveva paura di niente, mia cugina
E adesso siamo ancora un po’ così. Ci affascinano le leggende, i gialli, le storie misteriose, i complotti internazionali. 

Ma noi eravamo partiti parlando di bellezza.

A pensarci bene, però, la bellezza capita anche così, con la cugina e con quelle persone (e non sono molte) con cui i discorsi scivolano con la stessa naturalezza con cui si può gustare un bicchiere di vino.


venerdì 21 febbraio 2014

Wishlist degli ospiti: Elena

Buon venerdì e buona wishlist degli ospiti a tutti. 

Voi non potete immaginate la mia gioia quando, del tutto inaspettatamente, mi sono ritrovata la wishlist di Elena nell'inbox. Ogni wishlist che ricevo è speciale ed è un regalo bellissimo, se poi arriva da una persona che ne aveva già scritta un'altra, beh allora diventa una sorpresa meravigliosa. Tra l'altro, Elena è una delle testimonial dei poteri magici delle wishlist: i sogni che scrivete qui si avverano, che si sappia! 

Eccoci qua, lo sapevo, mi è venuta voglia di mandare un'altra wishlist a Cindy. Una volta che si comincia non si smette più, soprattutto se qualcosa di quello che avevi desiderato nella lista precedente magicamente ti è arrivato in dono per il compleanno. Non c'è giorno che, passando dalla camera alla cucina, io non guardi con la coda dell'occhio e con tanta soddisfazione il libro "Cortecce" appoggiato sul mobile di modernariato del salotto...sembra nato lì, un libro che parla di legno posato sul legno in una casa piena di legno.
Quindi comincio subito, senza troppi indugi, nella speranza di essere di nuovo così fortunata da vedere esaudita un'altra mia richiesta!

1. Vorrei andare a Roma a vedere la mostra di Frida Kahlo, che c'è tempo è vero deve ancora iniziare, però non si sa mai, sognare non costa nulla e mi fa sembrare tutto più possibile e vicino. Quindi non so ancora quando, non so ancora con chi, ma so solo che voglio immergermi di nuovo nei colori, nelle angosce, negli amori e nella vita di questa grande donna.


2. Io porto, da anni, quattro anelli d'oro nella mano destra. Una fede al pollice, che mi comprai da sola in un periodo di "ricerca" conclusosi con la convinzione (sbagliatissima!) di essermi trovata e con l'acquisto dell'anello. Un fedina di fidanzamento e un ferma anello sottile, entrambi al dito medio e appartenuti alle mie nonne. Un piccolo anellino attorcigliato all'anulare, regalo di mamma, impietosita dopo avermi vista sbavare per mesi davanti alla vetrina di quella vecchia e buia oreficeria del vicolo. Tutta 'sta premessa per dire che vorrei il quinto anello, per la precisione vorrei un cosiddetto midi ring, che non so come si traduca in italiano, credo anello da falange. Insomma, questo:


3Mi piacerebbe, da una vita direi, possedere qualcosa di Marimekko. Non ho grosse pretese, di questo marchio scandinavo amo tutto, dalle tazze alle stoffe, dalle borse ai vestiti, dalla carta da parati ai piatti...tutto davvero. Ricordo che a Palermo trovai persino un negozio che vendeva un impermeabile, con i classici fiori giganti, mi pento ancora oggi di non averlo comprato. Tra le mille foto disponibili ho scelto questa con un meraviglioso copri piumone, del resto avrei pure la parete verde...


4. Ultimo desiderio, il più grande di tutti e lasciato alla fine come si fa con il cioccolatino più buono, è un viaggio a Parigi. Io Parigi non l'ho mai vista e neppure la mia mamma c'è mai stata. Sono anni che diciamo "la prossima primavera ci andiamo" e poi, per una cosa o per l'altra, non partiamo mai. Diamo la colpa alla gatta, al lavoro, al tempo, ma alla fine lo sappiamo entrambe che sono solo scuse. Perciò provo a scrivere qui questo piccolo-grande sogno, dieci giorni a Parigi tra mercatini delle pulci, musei, negozi e cafè...con la mamma migliore che c'è! 


mercoledì 19 febbraio 2014

In viaggio con Michela: Grenada

Profumo di spezie, siamo a Grenada.

Sono trascorsi quasi vent'anni dal mio viaggio a Grenada, l'isola che profuma di sole, mare e noce moscata.  Grenada è una splendida meta, fuori dai classici itinerari caraibici e questo l'ha resa ai miei occhi ancora più speciale.  L'isola, di origine prettamente vulcanica, è lunga 34 chilometri e larga 19 ed è situata a 100 km a nord del Venezuela. E' formata dall'isola omonima e dalle Grenadines, paradisi di sabbia candida e acqua cristallina che ho visitato in barca a vela e di cui mi sono perdutamente innamorata. Barche, traghetti, navi sono i mezzi che prediligo meno, persino la boa è per me motivo di ansia, ma l'emozione di arrivare a Bequia e a Mustique era stata impagabile, tanto da farmi superare ogni paura. 


Torniamo a Grenada. Per tutto il tempo che mi ha ospitato, non ha smesso di stupirmi per il paesaggio paradisiaco e variegato: montagne, foreste pluviali, fiumi, cascate, foltissima vegetazione, splendido mare, spiagge bianchissime, dove sorgono resorts da sogno, incantevoli flamboyant con la chioma rossa fiorita. Da cornice pittoresche case coloniche dai tetti rossi e chiese bianche, perché l’architettura lascia il passo alla natura, la vera protagonista dell’isola. I bambini grenadiani indossano eleganti divise a scuola, usanza molto inglese che avevo notato in altri paesi dell'aerea caraibica, un segno di grande democrazia, come a voler pareggiare le classi sociali di appartenenza. 


Grenada è anche nota come The Spice Isle per l’ampia varietà di spezie che produce nell'entroterra montagnoso: cannella, chiodi di garofano, zenzero, vaniglia, zafferano; la noce moscata occupa un posto di primo piano, tanto da essere rappresentata sulla bandiera nazionale. Grenada ne è, infatti, il secondo produttore al mondo dopo l'Indonesia, contribuendo al 20 per cento della produzione mondiale. Ai tempi di questo viaggio non temevo troppo la rigidità della franchigia bagaglio, immaginate quindi la quantità di spezie che ho portato a casa. Le adoro e ne faccio largo uso in cucina. Non vi è luogo in Italia o nel mondo da dove torni senza almeno un sacchetto di spezie o erbe essiccate del posto. Grenada mi aveva dato grandi soddisfazioni, niente è più bello che perdersi in acquisti nei colorati ed effervescenti mercati locali. Quelli caraibici sono senz'altro i più pittoreschi che io abbia visitato, per la varietà di colori e suoni, li trovo molto musicali. Il mercato della capitale St. Georges del sabato mattina merita una visita per la scelta di frutta e spezie ma soprattutto per la simpatia e la cordialità dei grenadiani, è impossibile non rimanere contagiati dalla loro gioia di vivere e dall'autenticità dei loro sorrisi. Sarebbe bello imparare a vivere con la loro leggerezza e ritmo caraibico. 


Una settimana prima del mio arrivo era stato installato sull’isola il primo semaforo. Una novità alla quale tutti facevano fatica ad abituarsi. Ricordo che questo fatto, raccontatomi dalla guida locale, mi aveva molto impressionato. Un semplice semaforo aveva sconvolto la tranquilla e pigra quotidianità di Grenada e dei suoi abitanti. Sono certa che abbiano fatto presto l’abitudine grazie anche alla forza e il buon carattere che li contraddistingue e che spero li abbia aiutati in momenti meno fortunati dopo il passaggio dell’uragano di qualche anno fa. Chiudo gli occhi e rivedo un luogo ricco di bellezze naturali, concentrate in pochi chilometri quadrati, pervaso da piccanti aromi e brezza marina. Grenada I love you


Il post di marzo parlerà italiano. Vi aspetto. 
Michela 

lunedì 17 febbraio 2014

Project 10 books


Posso dire, senza ombra di dubbio, di essere affetta da una seria forma di dipendenza: l'acquisto di libri. Io adoro leggere, ma ancor di più amo il libro come oggetto. Amo quello che il libro rappresenta: la possibilità di tuffarsi in una nuova storia, fare un viaggio, godere della bellezza delle parole. Ogni volta che entro in una libreria, perdo ogni capacità di ragionare e, se non mi controllo, torno a casa con almeno tre libri in borsa. E vogliamo parlare della lista dei desideri di Amazon? La mia è lunga almeno una decina di pagine e, quando sono triste, aggiungere titoli al carrello è un attimo. Da lì a cliccare "Acquista ora" è un battito di ciglia. Se possibile, la situazione è ulteriormente peggiorata con l'arrivo del Kindle: gli ebook sono convenienti, ti senti ancor meno in colpa ad acquistarli e c'è quella carognata del "Compra con 1 click" che, se non sei dotata di disciplina ferrea, ti fa esaurire la memoria del reader in un attimo. E poi, con 'sta storia del click, manco ti sembra di spendere dei soldi, mannaggia.

Ma adesso basta. Voglio disintossicarmi. Devo uscire da questo tunnel infernale, che riempie la mia libreria di scorte di libri per i prossimi dieci anni. Basta, basta, basta. Non posso più permettermi di portar dietro questo fardello. Ed è per questo che, quando ho visto questo progetto di Tamara di Citazionisti Avanguardisti, ho capito che poteva essere quello che fa per me. Si tratta di mettersi di fronte alla propria libreria (io ho tre interi ripiani di libri belli intonsi) e scegliere 10 titoli 10 da leggere, senza poter acquistare ulteriori libri finché non si è finito con quelli selezionati. Volendo, si può andare avanti e, di 10 in 10, esaurire la propria scorta. Io non voglio essere troppo ambiziosa, mi accontenterei di portare a termine almeno la prima pila di 10 (giusto per farvi capire come sono messa, prima di decidere se imbarcarmi in questo progetto, ho fatto una capatina veloce su Amazon e ho comperato due libri, una sorta di ultima pera prima di entrare in comunità). 

Come richiedono le regole di questo progetto, ecco la mia pila:

Agota Kristof - La trilogia della città di K.
Diego De Silva - Non avevo capito niente
Roddy Doyle - Rory e Ita
Susan Sontag - In America
Doris Lessing - Il sogno più dolce
Joanna Harris - La spiaggia rubata
Patrick McGrath - Il morbo di Haggard
James Ellroy - I miei luoghi oscuri
Ferzan Ozpetek - Rosso Instanbul
John E. Williams - Stoner

Gli ultimi due titoli sono stati appena acquistati, alcuni mi sono stati regalati, altri giacciono nella mia libreria da anni e credo abbiano già vissuto almeno tre traslochi: è davvero ora di aprire quelle pagine! L'ordine non sarà per forza questo, sceglierò secondo l'ispirazione del momento. Comincerò appena finito di leggere La ragazza dello Sputnik, che è il libro che ho sul comodino ora (e che mi sta piacendo da morire). Non so quando finirò, entro l'estate, credo (sono diventata una lettrice lenta, ahimè, e questo peggiora il problema dell'accumulo). Ve lo confesso, sono agitata, tremo anche un po', comincio a capire cosa si prova a cercare di liberarsi da una dipendenza. Ma io ce la farò, non ho paura (beh, insomma). Per caso, qualcuno vuole unirsi a me? L'unione fa la forza! Che tradotto vuol dire: aiutatemi, vi prego.

venerdì 14 febbraio 2014

Wishlist del venerdì

Buongiorno, buon venerdì e buon San Valentino a tutti! Se lo festeggiate, buona giornata di coccole a tutti. Se non lo festeggiate, come noi, buona giornata lo stesso. Però, qualsiasi cosa facciate oggi, prima leggetevi la mia wishlist! Vorrete mica finire la settimana senza la solita dose di bellezza, eh? Dai, che ci tengo.

1. Che quando non riesco a dormire arredo case di fantasia ve l'ho già detto, vero? In tutti questi anni, distesa nel letto, ho già arredato appartamenti a New York, vecchie case di campagna, piccoli cottage inglesi, grandi case affacciate sul mare, chalet di montagna, una grande casa messicana con patio e almeno una soffitta a Parigi. Ognuna di queste case ha una sua precisa personalità, oggetti scelti appositamente e uno stile unico, nella mia folle mente. Credo di avere gusto per l'arredamento e, proprio per questo, c'è sempre stata una cosa che adoravo, ma che non avrei saputo dove collocare: una disco ball. Mi sembrava bellissima, ma troppo esagerata, kitsch, difficile da collocare. Finché, qualche giorno fa, è arrivata una delle super blogger americane che seguo a proporre di mettere la disco ball in soggiorno, con studiata casualità. L'ho subito aggiunta al mio appartamento (dei sogni) di New York. 



2.  Ora una cosa che credo rimarrà nella mia wishlist per pochissimo tempo, perché non so proprio quanto riuscirò a resistere. Si tratta della Bookstee, una maglietta personalizzata con i titoli dei libri che più si amano, per portarseli sempre sempre in giro. Non è un'idea bellissima? Io la trovo geniale. Ho anche già scelto i dieci titoli, che avevo scritto tempo fa per la rubrica Lo scaffale d'oro di Giulia (una delle menti del progetto Bookstee, tra l'altro). 


3. Qualche sera fa ho visto questo film, che non è un capolavoro ma ha fatto rinascere in me un desiderio che coltivo da tanto tempo: il Cammino di Santiago. Non ho una motivazione religiosa, lo farei semplicemente perché amo camminare e vorrei fare un viaggio con ritmi diversi. Mi piace l'idea di svegliarsi al mattino, mettersi lo zaino e cominciare a mettere in fila i passi, uno dopo l'altro, come una sorta di meditazione. Camminare libera la mente e credo che un viaggio del genere possa cambiarti profondamente. Se poi fosse possibile farlo con il cane, come ha fatto Toni, questa ragazza che ha percorso il Cammino con la sua boxerina Lucy, beh allora sarebbe davvero la perfezione. 

mercoledì 12 febbraio 2014

La bastarda di Istanbul - Elif Shafak


Ho scelto questo libro perché sono innamorata di Istanbul. Come poche altre città al mondo, questo luogo mi ha preso il cuore e lo tiene in ostaggio. Mi ha conquistata con la bellezza dei suoi monumenti, la luminosità dell'aria e i suoi rumori. Le strida dei gabbiani sul ponte di Galata, i canti dei muezzin, le sirene delle navi sul Bosforo, i richiami dei venditori al Gran Bazaar, la parola chai, che si sente praticamente ovunque. Chissà perché, quando ho visto questo libro sullo scaffale della libreria, sapevo di ritrovare queste cose dentro le sue pagine. Ed è stato proprio così. In questo libro c'è tantissima Istanbul, le strade, i ponti, il cibo, i profumi, i suoni, la nebbia d'inverno e la luce accecante in estate. E la pioggia, mamma mia, ché come piove a Istanbul non piove da nessun'altra parte.

Certo, se avessi voluto tornare a Istanbul, avrei potuto scegliere un libro di Pamuk. Lo so, certo, avrei potuto. Non fosse che io Pamuk lo trovo pesante come il piombo. Perdonatemi, ma è così. Di Elif Shafak, invece, avevo già letto La casa dei quattro venti, un romanzo appassionante sulle proprie radici e la difficoltà di integrarsi in un paese straniero, e sapevo di andare sul sicuro. E così è stato. La bastarda di Istanbul è un romanzo che intreccia le vite di due ragazze che vivono a migliaia di chilometri di distanza, unite da un passato a loro sconosciuto. Asya, una giovane ribelle che vive a Istanbul con una famiglia composta unicamente da donne, e Armanoush, ragazza americana di origine armena che torna a Istanbul per scoprire le proprie origini, si incontrano e scatenano, a loro insaputa, una serie di eventi che affondano le radici nel passato più lontano. 

Come già La casa dei quattro venti, La bastarda di Istanbul è un romanzo che parte lentamente. Le prime pagine scorrono lente, raccontano i personaggi, ti preparano piano, piano, con piccoli indizi, ai colpi di scena dei capitoli finali. Nei capitoli iniziali ti godi questa meravigliosa famiglia turca, dalla quale gli uomini sono quasi completamente assenti, colorata, rumorosa, ingombrante, piena di segreti ma anche d'amore. Ti siedi a tavola con questo gruppo di donne e ti sembra di sentire il profumo del cibo e il vociare della loro conversazione che quasi sovrasta il rumore della città. Impari a conoscere le protagoniste, ti ci affezioni e vorresti essere loro amica. E proprio quando sei quasi una di famiglia, ecco che la scrittrice ti rivela i segreti del passato e le conseguenze nel presente, cosicché tu non possa proprio rimanere indifferente al finale, come se succedesse anche un po' a te. 

lunedì 10 febbraio 2014

Tea for Two

Torna Daria e il suo Tea for Two, pieno di nostalgia, di quelli che leggi con un sorriso e gli occhi umidi. Grazie Daria, oggi sono tornata per un attimo sedicenne. 

5 febbraio 1994, quinta liceo.
Il mio fidanzatino/amico/compagno di classe mi regala 1984.
Dopo aver scartato quel libro, facciamo una scommessa: il 5 febbraio di vent'anni dopo ci saremmo cercati, ovunque fossimo stati e qualunque cosa fosse successa.




Allora non sapevamo che avremmo avuto facebook (altro che il Grande Fratello orwelliano!), non avevamo i cellulari, avevamo solo il nostro stereo e macinavamo un sacco di musica. Ascoltavamo i Pixies, i Velvet Underground, eravamo cresciuti con i Cure, con gli U2, avevamo vissuto i primi concerti insieme. Lui era andato a vederli prima di me, gli U2, e mi aveva portato una maglietta del concerto che conservo ancora oggi. 
Suonavo per lui, gli piaceva. Era venuto a sentirmi una volta in cui ero agitatissima perché suonavo con un gruppo di ragazzi GRANDI, capite, avevano 20/22 anni! Il giorno dopo mi aveva mandato un mazzo di rose bianche a casa. Ci prendevamo e ci lasciavamo, come si fa spesso a quell'età, e con quelle rose e quei biglietti che scriveva così bene, mi aveva riconquistata.
Una volta avevamo litigato. Io, in casa da sola, sento suonare il campanello. Apro la porta e mi trovo davanti lui, appoggiato alla porta, che da dietro la schiena tira fuori un mazzo di margherite fasciate in un pezzo di carta.

Guardavamo un sacco di film insieme. Un'estate mi aveva portata al cinema all'aperto a vedere Leon e io mi ero messa il mio vestitino più bello, quello lungo, giallo coi fiorellini e lui si era messo la sua maglietta più bella. Io, a volte gelosa, cercavo di convincerlo di una mia somiglianza con Sharon Stone, perché aveva una sua foto in camera. Lui rideva (che altro poteva fare?!). 
Ho un bagaglio di ricordi bellissimi legati a un sacco di cose piccole e semplici che facevamo e che ci piaceva fare insieme. Stavamo al telefono per ore a raccontarci un sacco di sciocchezze, mi cantava pezzi di canzoni facendomi delle facce assurde e io ridevo un sacco, fumavamo di nascosto, ci facevamo le foto con dei cappelli strani e non c’erano né macchine fotografiche digitali né smartphone, tutto in pellicola. 
Lui d’estate viaggiava e ogni ritorno era una festa, mi portava tante piccole cose. Mi aveva regalato un poster di Mirò che tengo ancora appeso in mansarda, a casa dei miei. A scuola era più bravo di me, ma quando provavamo a studiare insieme, non si concludeva mai nulla. Aveva anche preso la patente prima di me e ci sentivamo così grandi quando mi veniva a prendere per portarmi a cena fuori. 

Comunque, quel 5 febbraio del 1994 facemmo questa scommessa.
Vent’anni dopo ci saremmo cercati. Roba che ci faceva ridere un sacco, immaginandoci vecchi, grassi o con pochi capelli. Roba da interrogarsi, allora, su come avremmo fatto a trovarci.

Ora, quel giorno è arrivato.
E quel giorno, il 5 febbraio 2014, ci siamo cercati. Dopo secoli. 
Un’emozione così bella e pulita da far venire i lucciconi a entrambi.
Per quelle cose piccole e semplici, per quel tempo leggero e spensierato che ci portiamo ancora dentro.

venerdì 7 febbraio 2014

Wishlist degli ospiti: Giulia

Ieri c'era il sole, oggi è tornato il cielo grigio, ma noi non siamo tristi perché c'è da leggere una nuova, splendida, speciale wishlist degli ospiti. Oggi è la volta di Giulia, che io ho conosciuto anni fa, grazie a una mostra d'arte: io promuovevo opere di ceramica messicana, lei lavorava al museo che ospitava la mostra. Abbiamo condiviso lunghi pomeriggi freddolosi e abbiamo capito di avere un sacco di passioni in comune. Io e Giulia ci vediamo poco, ma ci frequentiamo in maniera virtuale e lei passa spesso di qui. Le ho chiesto di scrivere una wishlist e lei mi ha regalato questo elenco di magie. Una wishlist che profuma di tè, di mare del Nord e di vecchie foto. Grazie. 

Ho scoperto il blog di Cindy circa un anno fa, in un momento in cui il tran tran quotidiano stava cominciando a infastidirmi. Ed ecco che, girovagando su facebook, mi si apre all’improvviso un mondo nuovo ma familiare, in cui si parla delle mie passioni, dalla fotografia ai viaggi, dalla cucina allo shopping.  Da allora non mi perdo una puntata, e sono felicissima di poter partecipare con qualche suggestione.
Non sono solita raccontare la mia vita: non ho un blog nè una rubrica, e il mio ultimo diario personale risale ad ere geologiche passate. Da brava storica mi trovo più a mio agio ad elaborare esperienze altrui, ma tant’è…
Ringrazio quindi Cindy per la fiducia, e dunque ecco la mia personalissima lista dei desideri!

1. Da qualche anno vivo a immersa nel mondo del vetro, affascinante e appassionante, ma spesso pungente come le persone che lo lavorano…L’anno scorso ho conosciuto Davide Penso, artigiano muranese che, non discendendo da una delle storiche famiglie di vetrai, ha voluto e potuto SCEGLIERE il vetro come compagno di vita. 
Davide realizza splendide collane con perle di vetro: doppi coni colorati, perle che imitano cubetti di ghiaccio, girocollo con decine di giri chiuse con una zip…Che dire, le vorrei tutte!!!!! 




2. Desidero tanto una poltrona, di quelle morbide e calde, dove accoccolarmi alla sera con una tazza di tè e il mio cagnolone ai piedi, guardando un bel film o leggendo un libro. La vorrei comoda, avvolgente, ma soprattutto la vorrei foderata con le stoffe di Fabio del Percio “Sound of Iceland”,  riproduzioni grafiche di onde sonore ottenute da suoni registrati nella terra dei ghiacci…ovviamente in attesa di poter visitare quel misterioso e lontano paese. 


3. Sfogliando una rivista mi sono imbattuta in una meraviglia di scarpe! I mitici dottor Martens a pois bianchi e neri, ovvero un ritorno all’adolescenza con l’alibi dell’eleganza! Sarà decisamente l’acquisto dell’estate 2014!


4. Sempre presente nelle mie liste dei desideri è una camera oscura. Nonostante il necessario passaggio al digitale (per comodità e, soprattutto, per risparmiare!), ho nostalgia della fotografia analogica in bianco e nero, la magia di ottenere immagini piene e vibranti, con la scelta del giusto rullino e della carta fotografica preferita. La casa dei miei sogni avrà sicuramente un posticino buio in cui potrò sbizzarrirmi con liquidi e lenti!

mercoledì 5 febbraio 2014

Robert Doisneau. Paris en liberté


Qualche giorno fa sono andata a Parigi. In realtà ho fatto prestissimo, mi è bastato andare a Genova, comperare un biglietto per la mostra Paris en liberté, varcare la soglia e trovarmi immediatamente catapultata nella capitale francese. E ho fatto anche un viaggio nel tempo, perché la Parigi che ho visitato era quella degli anni '40, poi quella degli anni '50 e così via, fino ad arrivare quasi ai giorni nostri. Un viaggio nello spazio e nel tempo senza quasi muovermi da casa. È per magie come queste che adoro così tanto andare alle mostre fotografiche: un attimo prima cammini per le strade che conosci così bene, circondata da profumi, voci e immagini a noi familiari, un attimo dopo sei trasportata in un mondo nuovo, diverso, entusiasmante


Chi mi legge da tempo sa che amo visitare le mostre da sola, nel silenzio, circondata solo dalle opere in esposizione. Anche per questa mostra avevo fatto in modo di essere da sola, sono entrata prestissimo, poco dopo l'apertura, in modo da evitare la folla. La sala era vuota, c'era un silenzio perfetto e ho cominciato a guardare le foto. Ma c'era qualcosa che non andava, una sorta di stonatura. Non capivo cosa fosse, finché non è arrivato un gruppo di studentesse in gita. In un attimo hanno riempito la sala, con movimenti, profumi, voci sussurrate e chiacchiericcio soffocato. Normalmente la cosa mi avrebbe dato fastidio, questa volta invece era esattamente quello che mancava. Sì, perché questa è una mostra che inneggia alla vita, alla gioia, condita da risate, voci, rumori e allegria. Non la si può guardare in silenzio


Del resto, è stato lo stesso Doisneau a dire: "Il mondo che cercavo di mostrare era quello in cui mi sarei trovato bene, abitato da persone cordiali e colmo della tenerezza che bramo. Le mie foto costituivano una prova della possibile esistenza di quel mondo". E le foto in mostra non sono altro che una testimonianza di questo pensiero. Ci sono sorrisi, divertimento, allegria. C'è tutta la clientela di un bar che si ferma ad ascoltare una fisarmonicista dallo sguardo ammaliante. C'è Coco il matto, che va in giro con il suo pappagallo e ti guarda con i suoi occhi vispi. Ci sono gli sconosciuti incontrati per strada, ma anche una lunga serie di personaggi famosi. C'è Marguerite Duras, che accenna un sorriso seduta al tavolino di un bar, c'è Simenon con la pipa in bocca, Orson Welles che se la ride e Giacometti, che sembra quasi divorare la macchina fotografica, con il suo sguardo penetrante.


Doisneau doveva essere un tipo davvero simpatico, perché tutti i suoi soggetti sembrano essere divertiti e a proprio agio. Rilassati, tranquilli, si offrono con fiducia al fotografo che li ritrae. Doisneau li ama profondamente. E ama soprattutto le persone comuni, i passanti, i negozianti, i clochard, le persone che popolano la Parigi più vera. Li ama così tanto da sentirsi in colpa quando va a lavorare per Vogue. Sente di tradirli, sente la loro mancanza così profondamente da andarli a cercare dopo il lavoro al giornale. Per notti intere gira i locali della città alla ricerca di personaggi bizzarri, della cartomante, del pittore straccivendolo, dell'ammiraglio che colleziona "cose che brillano". Sono queste persone che costituiscono il cuore di Parigi, quello a cui Doisneau rimarrà legato per tutta la vita.


Come ho già detto, tutta la mostra è un inno alla vita, alla sua bellezza e alla sua gioia. Ma la mostra è anche venata di nostalgia, la malinconia verso un passato che non torna più, verso una città che cambia e che non sarà più quella che si è conosciuta. Questa nostalgia emerge nella serie dedicata al mercato de Les Halles: Doisneau amava tantissimo questo luogo, tanto da dedicargli più di 150 scatti. Riteneva che fosse un luogo che univa tutti i parigini, straccioni e miliardari, suore e ubriaconi, commercianti e artisti, in una grande comunione democratica. Gli scatti che ritraggono l'abbattimento del mercato e l'enorme buco lasciato dalla sua distruzione sono tra gli scatti più tristi della mostra e colpiscono per il loro silenzio, contrapposto alla vivacità delle immagini del mercato in piena attività.



Ma Doisneau ama sorridere e si torna subito all'allegria con la serie dedicata alla vetrina di Romi: l'intuizione geniale del fotografo di accomodarsi dietro la vetrina di un antiquario che espone un quadro di nudo, scattando foto ai passanti. C'è la donna con gli occhi spalancati e la bocca aperta, colta di sorpresa, c'è il giovane che sorride divertito, ci sono gli sguardi di curiosità, disapprovazione, stupore. C'è la coppia, lei che distoglie lo sguardo e lui che dà un'occhiata al quadro cercando di non farsi vedere. C'è l'imbarazzo della donna che guarda il quadro e si tocca i capelli, quasi a nascondere il viso. Una serie di sguardi meravigliosi. Puro divertimento e arte vera.


La celebrazione della vita continua e raggiunge il suo massimo in una sala dedicata interamente a scatti di bambini e di animali. Del resto, quale modo migliore di festeggiare la vita? Ci sono bambini che giocano in strada, altri che imparano a scrivere su un muro, piccoli visi che guardano a bocca aperta una vetrina piena di giocattoli, ragazzini che vanno a fare la spesa oppure suonano i campanelli delle case per scherzo. Di fronte a loro, ci sono cani che giocano, che vanno in moto con i padroni, che se ne stanno distesi sui loro padroni, in una grande, unica, perfetta celebrazione della bellezza della vita. E qui sono perfette le parole di Doisneau: "Certi giorni basta il semplice fatto di esistere per essere felici. Ci si sente leggeri, leggeri, ci si sente talmente ricchi da avere voglia di condividere con qualcuno una gioia troppo grande". 


Passando di sala in sala si continua a camminare per Parigi, lungo la Senna, alle Tuileries, tra le statue dei grandi di Francia, in mezzo agli edifici storici e a quelli di più recente costruzione. E camminando camminando si imparano anche grandi lezioni di fotografia. La prima, fondamentale, è la pazienza. Infatti, come dice Doisneau, "Bisogna avere il coraggio di piazzarsi in un punto e restare immobili, non solo per un minuto, ma anche per un'ora, diventare una statua senza piedistallo". Scegliere un luogo, un'inquadratura, un quadro e aspettare. Vedere cosa succede. Osservare. Con calma, pazienza, senza fretta. Poi il fotografo ci parla di composizione, infatti pare che egli cerchi di riprodurre nelle sue immagini le lettere a, v, l e la lettera o, perché sono queste lettere a rendere la composizione più leggibile, anche se i più non ne sono consapevoli. E infine l'ultima lezione è quella che Doisneau ci riserva guardando i turisti che fotografano in Place de la Concorde, carichi di attrezzature costose, apparecchi all'avanguardia, tecnicismi che, secondo il fotografo, a nulla servono senza l'occhio e la capacità di vedere col cuore. Una cosa che Doisneau sa fare alla perfezione. 

lunedì 3 febbraio 2014

Le cose belle del mese: Gennaio


Gennaio è stato un mese strano, iniziato in grande stile, con una piacevolissima festa di Capodanno, tanta energia e voglia di fare, poi si è improvvisamente trasformato in una lunga serie di giorni cupi, a seguito di un lutto proprio il giorno del mio compleanno. Un altro piccolo, grande pezzo della mia infanzia se ne è andato, con quel lutto, e devo venirne a patti. Ma questo capita a tutti e non voglio intristirvi. Del resto, ci sono state anche un bel po' di cose belle e ve le racconto qui.
I Rolling Stones
Come vi dicevo qui, il nuovo anno è iniziato con un documentario sui Rolling Stones. Da lì è partito un revival totale della loro musica, ore intere su Spotify ad ascoltare i loro primi dischi, godendomi la meravigliosa perfezione di certa loro musica e la bellezza di ritrovare canzoni che per lunghi anni erano finiti nel dimenticatoio della mia mente. Ogni canzone mi sembrava più bella della precedente, una lunga successione di pezzi dei quali non potevo più fare a meno. E in tutto questo ho scoperto che la loro canzone che amo di più è Wild Horses. Ci tenevo a dirvelo.

Il commencement speech di Neil Gaiman per la University of Arts
Ho scoperto questo speech grazie a uno dei tanti corsi online a cui sono iscritta. In una delle lezioni, si chiedeva agli studenti di condividere le loro principali fonti di ispirazione e una ragazza ha condiviso questo. Oltre a essere il marito di Amanda Palmer, cosa per me fondamentale data l'ammirazione che nutro per quella donna, Neil Gaiman è uno scrittore, fumettista, sceneggiatore, saggista e molte altre cose. Neil Gaiman è soprattutto una persona gentile, umile e dotata di grande sense of humour (almeno questo è quello che traspare dalle sue interviste) e questo discorso è insieme commovente e pieno di energia.
Thelma e Louise
Ho riguardato questo film, per puro caso, una sera qualsiasi, in cui l'offerta televisiva era deprimente. Ho visto questo film milioni di volte, ma era passato tanto tempo dall'ultima volta e così mi son detta che era arrivato il momento di rivederlo. Beh, l'emozione è stata pressoché uguale alla prima volta (salvo il fatto che conoscevo già il finale) e alla fine, nonostante conoscessi la scena a memoria e potessi citare le battute degli attori, mi sono commossa. Per l'ennesima volta. E ho anche capito che la Monument Valley è il posto più bello che io abbia mai visto.

La rubrica Sopa do Dia di Cucina Precaria
Che io amo Cucina Precaria alla follia credo di averlo dichiarato un po' ovunque. Ora lei se ne esce con questa rubrica meravigliosa, in cui condivide settimanalmente - ogni martedì - ricette di zuppe di ogni tipo. Proprio, proprio quando io ho deciso di mettermi a dieta e introdurre più verdura e cibi sani nella mia alimentazione. Io sono felice di amarla così tanto, perché il mio amore viene ripagato con progetti così. Thank you, mia cara Cucina Precaria. 

Gli Arcade Fire
Pochi gruppi hanno conquistato il mio cuore, in tempi recenti, come gli Arcade Fire. Mi sono innamorata di loro grazie a No cars go, mi hanno accompagnata in lunghi mesi canadesi, tempo fa, e ogni nuovo album che esce per me è pura gioia. Pensavo non sarebbero mai riusciti a superare The Suburbs e invece hanno realizzato un altro piccolo gioiello musicale. Gennaio è passato con loro in cuffia e si è concluso con l'acquisto dei biglietti per il loro concerto. Salti di gioia. Felicità. Ma come faccio ad aspettare fino al 24 giugno?


La trasmissione Pane quotidiano
Una delle cose positive di lavorare da casa, oltre a poter lavorare in pigiama (non lo faccio mai) oppure in tuta (neppure quello, mai, mai, mai giuro) e poter uscire a portare il cane a correre quando uno non ce la fa proprio più a stare al chiuso, c'è la possibilità di vedere la TV in pausa pranzo. Non che questo sia un grande vantaggio, ché a quell'ora c'è della gran rumenta, ma da quando c'è la trasmissione di Concita de Gregorio, la pausa pranzo assume tutto un altro significato. Mezz'ora di cultura, riflessioni, pensieri, il tutto con toni pacati e grande intelligenza. La puntata che ha visto ospite Gipi è stata la perfezione.

American Hustle
A distanza di più di quindici giorni, ancora non so se mi è piaciuto questo film. L'ho trovato troppo lungo, diverso da quello che mi aspettavo, in sala faceva troppo caldo, insomma non so. Però una cosa l'ho adorata, davvero tanto: l'ambientazione, i costumi, le acconciature, estreme, esagerate, perfettamente anni '70. E poi la scena dei due protagonisti che ballano in discoteca al ritmo di I feel love o l'intera sequenza alla festa al casinò, beh quelle valgono tutto il film.