lunedì 15 luglio 2013

La masnà - Raffaella Romagnolo


Desideravo leggere questo libro da mesi, ogni volta che entravo in libreria lo adocchiavo, ne leggevo qualche riga e poi lo mettevo giù, per via della inutile decisione di non acquistare più libri finché non avessi letto tutti quelli che ho in casa. Ma un giorno non ce l'ho fatta più: comprato, aperto e letto nel giro di una settimana.
 
Questo libro mi ha attratto così a lungo per una serie di elementi che richiamano la mia vita: un riferimento al Piemonte (qui si parla di Monferrato, la famiglia di mia mamma è della Langa cebana, non proprio la stessa zona ma una forte similarità), una storia tutta al femminile (nella famiglia di mia mamma c'era una fortissima predominanza femminile, gli uomini stavano sempre un pochino in secondo piano) e uno sguardo al passato più vicino a noi, fonte per me di fascino continuo. Di conseguenza la lettura, per me, non poteva non essere una continua ricerca di similitudini.
 
La storia è quella, semplicissima, della vita di tre donne, nonna, mamma e figlia, in un arco temporale di sessant'anni. Il libro si apre con l'arrivo di Emma alla casa dei Francesi, in un paesino della campagna del Monferrato, per il suo matrimonio, racconta le vicende dolorose e faticose della sua vita, quindi si sofferma su Luciana, la figlia, che lascerà la casa dei Francesi per trasferirsi con il marito in città (ho cercato disperatamente di capire quale potesse essere, non è Pavia, non è Alessandria, che possa essere Ovada? Impazzisco per queste cose) ad aprire un ristorante e si chiude con Anna, la nipote, che torna alla casa dei Francesi per ripercorrere la storia della sua famiglia.
 
Beh, insieme alla storia di questa famiglia, ho ripercorso un po' quella della mia. Il libro si apre nel 1935, anno di nascita di mia mamma e - scandalo - anno di matrimonio di mia nonna. Ricordo perfettamente il momento in cui, guardando la foto del matrimonio di mia nonna, che avevo guardato mille volte, l'ho girata e ho visto la data: due mesi prima della nascita di mia mamma. Nel rigirarla, quella foto, ho riguardato mia nonna e ho visto un pancione prima mai notato, chissà come mai. La foto è un primo piano, tagliato all'altezza del seno, chissà che non fosse per nascondere quella pancia fuori posto e per far sì che i posteri non se ne accorgessero, se non con uno sguardo attento? Comunque, nel 1935 Emma inizia la sua nuova vita, proprio come mia nonna. Quella di Emma è una vita di fatica, soprusi, dolori, in una casa a lei straniera, lontana dalla famiglia. Quella di mia nonna è stata una vita altrettanto difficile, una ragazza ventiduenne sposatasi perché incinta, con un marito povero di mezzi e fiero antifascista, costretta a lavorare in campagna e successivamente una fornace di mattoni per tirare avanti e crescere la famiglia. Mia nonna, come Emma, potrà riposarsi soltanto in tarda età, con le figlie ormai grandi, una piccola pensione, una vita semplice fatta di piccole incombenze quotidiane.
 
Luciana, la figlia di Emma, è invece mia mamma e le sue sorelle. Luciana lavora in una sartoria, proprio come tutte e tre le figlie di mia nonna, ha possibilità di carriera ma decide di abbandonare il lavoro per sposarsi e gestire un ristorante con il marito. Luciana è mia mamma, che si preparava indossando i vestiti cuciti in casa per andare a ballare e per passare le serate con gli amici. Luciana è mia zia, un grandissimo talento come sarta, incapace di fare il grande salto per la mancanza di opportunità, per l'impossibilità di pensare a una vita che non presupponesse di percorrere delle tappe stabilite. Luciana è l'altra mia zia, ormai vedova, che torna alla vita dopo anni passati ad accudire il marito.
 
E poi c'è Anna, ossia ci sono sono io. Anna che trascorre le vacanze con la nonna in campagna, proprio come me. Anna che ricorda le merende nei prati, proprio come quando mia nonna mi portava a far merenda sotto un grande olmo, stendeva una piccola coperta a quadri e tirava fuori dalle tasche dell'onnipresente grembiule due pesche succosissime e qualche biscotto, che spezzava raccontando storie dell'infanzia di mia mamma. Mia nonna, mancata troppo presto, senza che io me la potessi godere per bene, senza che potessi farmi raccontare ancora mille volte le storie delle persone ritratte nelle fotografie che lei conservava in una grande scatola di latta e che io ho portato con me e conservo come un bene prezioso. Mia nonna e la sua famiglia, che mi hanno regalato un profondo legame con il Piemonte, fatto dei ritmi del dialetto che capisco perfettamente, di infiniti richiami gastronomici, dai tajarin tagliati a mano ai persi pien che rallegrano l'estate,  dalle grizze passate sulla stufa al bagné 'n tl'oli, con cui mia mamma risolveva le cene.
 
C'è tanto di me in questo libro ed è per questo che mi è piaciuto, ma è anche una bellissima storia familiare, che racconta la forza e il coraggio delle donne, pur nella sottomissione, e racconta un pezzo di storia di questo nostro paese così bello, così adorato e così martoriato.

6 commenti:

  1. ti dico solo... che hai messo voglia pure a me di leggerlo!!! bello!

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  2. che bella questa storia intrecciata con la tua. e che commozione ritrovarci anche degli aspetti della mia. mi sa che lo regalerò alla mamma, sperando non si emozioni troppo :)

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    1. Anch'io l'ho passato alla mia e anch'io mi chiedo come reagirà...

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