lunedì 4 marzo 2013

Miró


Ho tenuto il biglietto per la mostra di Miró in borsa per qualche mese, direi. Infatti, quando sono andata a vedere McCurry, da brava risparmiatrice quale sono, ho scelto il biglietto combinato: no, dico, due mostre praticamente al prezzo di una, vogliamo parlarne? Finalmente una grande iniziativa per gli squattrinati come me!  Quindi, dicevo, mi sono tenuta il biglietto nel portafoglio per mesi aspettando il momento giusto, cercando di sfruttare una serie di combinazioni di eventi: fondamentalmente, dovevo trovare un passaggio in auto da scroccare, che però mi permettesse di andare alla mostra in un momento favorevole, ossia non di mattina, ché ci sono gli studenti in gita, non nel weekend, ché c'è pieno di gente, insomma in quel momento perfetto così difficile da trovare, cioè quando non c'è nessuno. Beh, aspetta, aspetta, ce l'ho fatta. Giovedì pomeriggio, ingresso ore 17.30, quasi in chiusura ma con il tempo a disposizione per vedere la mostra in tranquillità. Mi è bastato lasciare andare avanti l'ultima visita guidata della giornata e sono stata a posto. C'ero praticamente solo più io. E Miró. Combinazione perfetta. Modestamente. Perché le mostre viste in solitudine hanno un fascino tutto speciale.
Sia chiaro che io di arte non so nulla (come di tutto il resto, praticamente), ma mi piace da impazzire. E così vado alle mostre e me le godo. E poi ne parlo. Molto semplicemente, questa mostra mi ha conquistata e volevo raccontarla, perchè qui a casa di Cindy si parla di tutto e di niente, c'è scritto anche lassù in alto, no? Quindi niente critica d'arte, sia chiaro! Dicevamo, la mostra: allestimento piacevole e soprattutto (adesso sto per dire un'eresia, lo so) la giusta quantità di opere. Odio quelle mostre che si trasformano in una specie di maratona, tanto che alla fine ti guardi in giro sperando unicamente di vedere l'indicazione dell'uscita e confidando di trovare presto un bar dove tirarti su con un caffè. Meno opere invece permettono a chi, come me, ha la soglia dell'attenzione un po' bassa (ehm, dev'essere l'età) di godersele per bene.
All'ingresso, prima dell'esposizione vera e propria, viene proiettato un documentario sulla vita e le opere di Miró. Questa è una delle mie parti preferite, in ogni mostra. Mi piace sentire parlare gli artisti, vederne i volti (Miró inoltre aveva una faccia proprio simpatica), vedere i luoghi dove sono vissuti, le vecchie foto e quello che raccontano gli altri di loro (tipo il nipote di Miró che parla del nonno...). Entrando poi nella sezione dedicata ai quadri, ho avuto la stessa impressione avuta con McCurry: dalla luce forte dell'ingresso si entra in una stanza piuttosto scura e ci si trova davanti due opere, che dominano quasi interamente la sala. Posso dire che ho avuto un colpo al cuore? Non so, mi sono emozionata (e io ho un cuore di pietra). Erano di una bellezza profonda, di difficile comprensione, belle come quelle cose che ti colpiscono e non sai dire perché e allora ti perdi a guardarle cercando di capire come mai ti attraggano così tanto. Non lo sai, ma intanto non riesci a distogliere lo sguardo.
Poi lo sguardo l'ho dovuto distogliere, ché  comunque la mostra era vicina alla chiusura e mi sono dovuta dare una mossa per poterla vedere al meglio. Ho comunque avuto il tempo per gustarmi le opere con calma, per perdermi a guardare la riproduzione dello studio con tutte le cose di  Miró, arrivate direttamente da Mallorca (a me queste cose fanno impazzire, no dico proprio le SUE cose, ci divento matta) e per emozionarmi ancora un po' nell'ultima sala, buia, dove sono esposte alcune sculture, modernissime e in netto contrasto con la classicità delle pareti. Ho imparato davvero tanto (di Miró sapevo proprio poco e me ne vergogno) e sono stata in compagnia di opere meravigliose per un po' di tempo (vedere le mostre da soli è un enorme privilegio). Non potevo davvero chiedere di più.

2 commenti:

  1. Anche io ho visitato la mostra di Mirò ma da come hai descritto la tua di visita mi hai fatto tornare voglia di andarci di nuovo! p.s io non sono stata così astuta come te e ci sono andata di sabato mattina (sigh!)

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