lunedì 20 maggio 2013

Chi siamo? Dove stiamo andando? Aiutatemi a capirlo!


Quest'oggi niente mostre, niente libri, niente wishlist. Oggi voglio prendermi una pausa dalle cose (solitamente) allegre che cerco di condividere qui (non mi va che sia un posto triste, casa mia mica lo è!) e vorrei parlare per una volta di una cosa seria, su cui sto riflettendo tanto da tempo e a cui sono tornata a pensare grazie a questo post. Marino, blogger, scrittore e dipendente di una grande catena di librerie, parla del suo futuro lavorativo: 37 anni, una vita passata a studiare e lavorare per il raggiungimento di un obiettivo e improvvisamente costretto a ripensare tutto. Forse un nuovo lavoro, chissà di che genere, chissà dove, chissà a quale stipendio. Questo post mi ha colpita perché riflette sulle stesse cose su cui mi sto interrogando io (e molti altri, direi, a giudicare dai discorsi che sento in giro) da molto tempo.
La domanda è: cosa diventerà questo paese e che ne sarà della mia generazione? Non voglio parlare della mia situazione personale, ma riflettere su qualcosa di più generale. Eccoci qui, noi quarantenni o tardo trentenni, quelli nati ad inizio anni '70, insomma, ad affrontare una situazione alla quale nessuno ci ha preparati. Siamo nati nel periodo del boom, cresciuti nel benessere e nella sicurezza,  nella certezza di un lavoro (probabilmente fino alla pensione), nella certezza di una pensione (appunto) e della possibilità di disporre, lavorando, di un buon reddito utile a sostenere una vita decorosa, fatta di scelte semplici ma possibili. La vita che hanno fatto i nostri genitori, insomma. Noi siamo cresciuti in quel mondo lì, ci hanno preparati a quella vita lì. E poi, puf. Qualcuno ha scoppiato la bolla  incantata in cui vivevamo e ha completamente cambiato il nostro mondo. Siamo piombati in un mondo fatto di precarietà, un mondo caratterizzato spesso dalla mancanza di lavoro, di reddito e della certezza di un futuro a cui guardare.

E quindi mi chiedo: come affrontare tutto ciò? Cambiare, adeguarsi, predisporsi al mondo nuovo, alle novità delle nostre vite. Certo, perché io credo fermamente che occorra stare dietro al cambiamento, stare al passo con il mondo, evolversi, come unica soluzione per rimanere a galla e provare a combattere questa crisi. Ne sono fermamente convinta, condivido ogni singola parola di quanto scritto in quest'altro post, di tutt'altro tenore rispetto a quello di Marino. Si tratta di una riflessione di Andrea Girardi, esperto di HR, il quale sostiene che non ci si debba piangere addosso, si debbano valutare le proprie capacità e rimettersi in gioco, cercando o inventandosi un nuovo lavoro in quell'enorme mercato globale che è il mondo di oggi. Sacrosanto. Condivido anche le virgole. Ma mi chiedo anche: quanto è giusto? Certo, mi rendo conto che spesso non ci si possa chiedere se quello che ci capita sia giusto o meno, ma occorre semplicemente affrontarlo. Però allora mi chiedo: come possiamo fare? Quanto ci è possibile esercitare la precarietà come forma mentis, per noi che abbiamo vissuto metà della nostra vita nella stabilità?

Inoltre, come dice Marino nel suo post, è giusto che lui sia costretto a stravolgere tutta la sua vita a 37 anni, rinunciando a tutto quello che ha costruito, per andare a cercare un lavoro altrove? E, allargando ancora la discussione, è giusto adeguarsi a questa continua corsa al ribasso che caratterizza il nostro mercato del lavoro? E' giusto essere costretti ad accontentarsi per poter sbarcare il lunario? Sono pienamente convinta che questo paese stia cambiando e che si trasformerà in qualcosa di nuovo, forse migliore forse peggiore, non ci è dato saperlo, ma che ne sarà di noi? Sia chiaro, non sono qui a sognare di ritornare agli anni '80 e al sogno del posto fisso, anzi penso che lo stesso posto di lavoro per tutta la vita sia la morte, ma sogno un paese dove uno non sia costretto per forza ad accontentarsi. Sogno un paese di sogni realizzati. Sogno in grande, lo so. Ma non riesco ad arrendermi alla tristezza attuale di questo paese, che - nonostante tutto - amo ancora tantissimo.

Ho messo un sacco di carne al fuoco, forse troppa, ho divagato un sacco, sono andata di qua e di là, ma essenzialmente sono qui a chiedermi e a chiedervi dove andremo, cosa diventeremo, in quale paese vivremo. Avete voglia di condividere la vostra visione su questo pensiero con me? Io e i miei amici ne parliamo spesso, ma mi andrebbe di allargare questa riflessione a chi avesse voglia di contribuire (non solo quarantenni, ovvio!). Grazie!

6 commenti:

  1. Ieri Gramellini al Salone ha detto una cosa bellissima: lungo il percorso della nostra vita può cadere un macigno e creare un buco davanti ai nostri piedi. Sta a noi trovare il coraggio di scavalcarlo o passarci attorno per superarlo, perchè fermarsi o tornare indietro significherebbe non dare senso al cammino fatto fino a quel punto.
    Un bacio.

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  2. Domande difficili, cara Cindy.
    E' proprio vivere che sta diventando sempre più complicato.
    Un abbraccio grande!

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  3. E' un argomento che mi sta molto a cuore. Io sono nata alla fine degli anni ''80.. e per fortuna lavoro :) da qualche anno ormai.. Purtroppo però vedo che questo Paese, per quanto io lo ami e probabilmente non lo lascerei più ( almeno per ora )non da' opportunità a chi se le merita, ma non le da in generale.
    E' tutto il sistema che va cambiato. La disoccupazione giovanile è a livelli record, nel frattempo visto che l'età della pensione si è alzata si assiste ad uno scenario di lavoratori sempre più datati.
    Poi chi ha il lavoro se lo deve tenere stretto perchè sia che sei laureato o meno devi augurarti di riuscire a mantenerlo, perchè sperare in meglio è un po' difficile!
    Il punto di vista giovanile è davvero precario. Ma anche di tutti quelli che in età adulta si devono rimettere in gioco, con famiglia a carico.
    E' un momento difficile per tutti.

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    1. Grazie del tuo contributo. Sto cercando di capire che direzione prenderà questo paese ma è una previsione così difficile da fare...che tempi cupi, mamma mia!

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