lunedì 14 ottobre 2013

Tea for Two


 
Eccoci finalmente, iniziamo quest'avventura insieme a Daria. Non c'è bisogno di presentazioni, vi ho già detto tutto la scorsa settimana. Lasciate solo che vi dia un consiglio: seguitela e l'amerete come la amo io. E via, buon viaggio!

Una differenza fondamentale tra Queen Cindy e la sottoscritta è data dal fatto che lei proprio ci sballa a viaggiare, mentre io sono notoriamente più un culo da casa.
O meglio, mi piace viaggiare a patto di vivere come la cultura ospitante, anche se non molto distante dalla mia. Infatti i viaggi più belli sono stati quelli in cui ero ospitata o guidata da qualcuno del posto, che mi permetteva di immergermi in quella determinata cultura, in quelle particolari abitudini, in quello stile di vita. Purtroppo si tratta di una situazione che non si può verificare spesso e mentre lo dico mi rendo conto che se mi sentissero i vari amici sparsi per il mondo, mi farebbero un bel pernacchione, dal momento che più volte mi hanno invitato a raggiungerli.
Con calma, tranquilli, vengo da tutti.
Bisogna solo attendere la venuta di un messia che prepari i bagagli al posto mio. Detesto fare i bagagli.
Tuttavia, viaggio in continuazione. La concezione del viaggio che ho nella testa non è particolarmente originale né particolarmente illuminata.
Però, sì, me la viaggio pure io.
Forse lo dico anche per sentirmi meno in colpa, accarezzando come una madre misericordiosa la mia pigrizia nello spostarmi, soprattutto nel momento in cui, per esempio, guardo la Queen muoversi in tutte le direzioni e in qualsiasi istante, a dispetto della fatica, degli impegni e di tutte le scuse che puntualmente mi invento per non dover partire.
E non è che ci patisco, sia chiaro, è proprio che mi piace viaggiarmela a modo mio.
Pertanto, così, senza liste, elenchi e punti da sviluppare, ho deciso di raccontarvi tutti i miei viaggi, dai più banali ai più assurdi. Mi piace l’idea di prendervi per mano e staccarvi da terra, per portarvi con me, attraverso libri, musica, film, viaggi introspettivi (!) e, in qualche modo, attraverso racconti di viaggio altrui.
E, come in tutti i viaggi che si sviluppano senza una meta precisa, salterò di palo in frasca.
Non è facile cominciare, dal momento che sono appena tornata da una sorta di viaggio spirituale sull’Himalaya e sono già ripartita per un cammino, lungo circa 650 pagine, che mi ha catapultato nella Germania di inizio ‘500.
Ebbene sì, ci sono arrivata in ritardo rispetto a molti lettori più assidui e appassionati di me, ma come ogni viaggio che si rispetti, bisogna affrontarlo quando ci si sente pronti. E nella Germania luterana, con tutti gli sviluppi del caso, non ci vai mica in vacanza. Perché il viaggio si chiama “Q” ed io, che ho visto veramente le tre gabbie appese al campanile della chiesa di Münster, gabbie in cui vennero rinchiusi i corpi dei capi della rivolta degli anabattisti, beh, ho lasciato passare un po’ di tempo prima di avventurarmi in “Q”.
Ma non è di questo che vi volevo parlare stasera (sì qui è sera, ora), bensì di un viaggio in Africa che mi è stato raccontato ultimamente da una coppia. Lei, in particolare, l’altra sera me la sono trovata a fianco durante una cena e ha arricchito di aneddoti quel racconto. Ed io, che amo viaggiare attraverso i racconti altrui, l’ho assorbito a tal punto da volervi portare con me, in Africa, con i suoi ritmi, i suoi suoni, i suoi colori e la storia di un serpente che io identificavo talmente tanto con un film, da non ritenerlo quasi più una creatura di questo mondo.
Il film è Kill Bill.
E il serpente è il Mamba. Black Mamba.
“Ma questa è un’altra storia, e si dovrà raccontare un’altra volta”.

1 commento:

  1. Un'ottima partenza per un nuova rubrica...
    io Q l'avevo iniziato ma forse non era il periodo giusto perché l'ho abbandonato...
    Non credo ci sia un unico modo di viaggiare ma credo che tutti noi, nel nostro piccolo. un po' lo facciamo tutti i giorni... :-)

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